L’ideale sarebbe parlare solo di cinema, gossip e red carpet. Per dovere di cronaca tuttavia è giusto far sapere che quella che sembrava essere una battaglia sta diventando una guerra. Ci riferiamo allo scontro fra il ministro dei Beni culturali, Giancarlo Galan e il sindaco di Roma, Gianni Alemanno. Oggetto del contendere – giusto per non essere eccessivi – è l’esistenza stessa del Festival Internazionale del Film di Roma (giunto quest’anno alla VI edizione) che si concluderà domani con la premiazione all’Auditorium Parco della Musica.
Diciamo subito una cosa: invece di crescere questa manifestazione sembra aver già sparato tutte le cartucce. Per intenderci, il paragone con Venezia è ancora a dir poco improponibile. In questo siamo dalla parte del ministro. “Continuo a pensare che questo festival sia un doppione di quello veneziano, una brutta copia, e in quanto tale sia perciò dannoso per il Paese”. Non si può certo imputare all’ex governatore del Veneto la mancanza di chiarezza. La sua dichiarazione campeggiava ieri su una pagina del Corriere della Sera. Secondo Galan il problema sta proprio nel tentativo di scopiazzare la kermesse lagunare. “Io dico che Roma deve diventare il centro del mercato cinematografico italiano. Punto. Ne ho già parlato con Alemanno, e credo sia d’accordo”.
Il sindaco capitolino invece pare non aver nessuna intenzione di seguire la volontà del collega di coalizione politica. “Possiamo sicuramente collaborare per far crescere il mercato che lo stesso Galan ha riconosciuto, ovvero quello di Roma unico mercato cinematografico in Italia, quindi lavorare su questo e fare in modo che il ministro ci possa aiutare da questo punto di vista”. Della serie ‘sganciate i soldi’. Ma in quanto a cambiamenti “non possiamo accettare e respingiamo al mittente qualsiasi invito a modificare la struttura del Festival”.
In tutto questo c’è qualcosa da dire anche sul cinema vero, sui film insomma. Per esempio ieri è piaciuta La kriptonite nella borsa, prima pellicola (in concorso qui a Roma) girata da Ivan Cotroneo. Un film che galleggia tra la fantasia e il reale nel narrare le vicende di una famiglia napoletana. Cast di tutto rispetto con nomi del calibro di Valeria Golino, Luca Zingaretti, Cristiana Capotondi, Libero di Rienzo e Fabrizio Gifuni. Questo lungometraggio di Cotroneo insieme a quello di Pupi Avati sono i principali candidati italiani alla vittoria della manifestazione capitolina.
Ieri sera in anteprima è stato presentato il docu-film 148 Stefano. Mostri dell’inerzia di Maurizio Cartolano, dedicato a Stefano Cucchi, il ragazzo romano morto nel 2009 – in ospedale dopo sei giorni di carcere – in circostanze che forse non sono state ancora chiarite a sufficienza. Nel lavoro di Cartolano riecheggiano domande ben precise, che giungono soprattutto dai familiari che non si danno pace: “Cos’è successo a Stefano? Chi sono i responsabili della sua morte? Perché ci è stato negato di vederlo quando fu trasferito all’ospedale Sandro Pertini?”. E’ la storia di un insopportabile, continuo scarico di responsabilità tra le autorità, che tira in ballo la questione della sanità (il ricovero all’ospedale Pertini, appunto), della detenzione (il carcere di Regina Coeli) e delle vittime causate, a volte, dal modo di agire delle forze dell’ordine.
Per gli ultimi due giorni, il Festival del Film spazzola il tappeto rosso per l’arrivo di un certo Richard Gere. L’ex Ufficiale e gentiluomo ormai sessantaduenne (ma sempre in gran forma) oggi farà la sua sfilata all’Auditorium e alle 19,30 introdurrà Days of Heaven, il secondo film di Terrence Malick che per primo offrì all’attore un ruolo da protagonista. Domani, ultima giornata di ‘festa’, Gere riceverà il premio ‘Marc’Aurelio’ all’attore. La consegna del riconoscimento avverrà durante la cerimonia di premiazione ufficiale, prevista alle ore 18,30 presso la Sala Sinopoli.
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