E’ allarmato il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Allarmato perché è ormai innegabile che l’Italia abbia perso credibilità in Europa in un momento in cui la collaborazione internazionale è fondamentale per agevolare la risalita dal baratro della crisi economica. Il suo è un appello costante alle istituzioni – a volte risoluto e severo – affinché mettano in atto con serietà tutte le misure possibili per non sfigurare di fronte alla Ue. Della quale, fra l’altro, in questo momento è lui il principale referente e non certo un Presidente del Consiglio che va perdendo sempre più la stima dei suoi pari-grado sia dell’Unione sia internazionali.
Lo dimostra il fatto che nei giorni in cui era in corso il vertice del G20 a Cannes, mentre Berlusconi farneticava di un’Italia che mantiene il pieno controllo delle sue Finanze, il Capo dello Stato era in contatto costante con le autorità impegnate nel summit internazionale: dal presidente della Commissione Ue, Josè Manuel Barroso, al presidente del Consiglio Europeo, Herman Van Rompuy. E, a differenza dell’inquietante ottimismo del Cavaliere, Napolitano non minimizzava affatto i termini dell’emergenza e ammetteva che “nei confronti del nostro Paese è insorta in Europa e non solo in Europa una grave crisi di fiducia. Dobbiamo esserne consapevoli e sentircene più che feriti, spronati nel nostro orgoglio e nella nostra volontà di recupero”. L’Inquilino del Quirinale, allo stesso tempo, ha avvertito che sarebbe deleterio “rispondere con ritorsioni polemiche e animosità”. Viceversa, anche il nostro Paese deve compiere la sua parte per rafforzare l’integrazione europea, come tutti gli altri Paesi dell’Unione. “Ciascuno – ha sottolineato Napolitano – dovrebbe interrogarsi sulle proprie responsabilità”.
“Non si può ripartire ogni mese con nuove indicazioni e prescrizioni”, ha ribadito il Capo dello Stato nel corso della settimana (ad esempio presso l’università di Bari durante un convegno su sud e sviluppo) “e dare segni di scarsa determinazione e affidabilità”. Insomma, gli impegni presi con l’Ue vanno attuati “tempestivamente”, puntualizzati, perché al momento sono “ancora generici”. In sostanza – diciamo noi – gonfiati e poco realistici. Napolitano, come capita spesso, con le sue esortazioni ha prevenuto gli eventi. Perché il Fondo monetario internazionale (Fmi), ha stabilito di mettere il nostro Paese ‘sotto controllo’. Per correttezza Barroso ha precisato che è stata l’Italia, di propria iniziativa, a chiedere all’Fmi di monitorare l’applicazione dei suoi impegni. Fatto sta che già questa settimana sono attesi a Roma gli ispettori della Commissione Ue per verificare l’attuazione delle misure anti-crisi decise dal Governo italiano. A fine mese arriveranno quelli del Fmi. Nessun commissariamento – è stato deciso di precisare, soprattutto da parte del premier – solo una certificazione per chiarire a tutti i progressi fatti dall’Italia sulla via delle riforme. Intanto ieri (giusto per ribadire la gravità della situazione) il presidente della Commissione parlamentare per l’Europa del parlamento tedesco, Gunther Krichbaum, ha prospettato per l’Italia la vendita di parte delle riserve d’oro per abbassare il debito pubblico.
Su questa sorta di commissariamento Berlusconi si è spinto oltre, tanto per non cumulare sulle proprie spalle troppe responsabilità. Il traballante primo ministro ha chiarito che i suddetti interventi da parte di autorità internazionali, sono stati “concordati con Napolitano”. Dal Colle non è giunta alcuna replica, se non l’aver evidenziato che Napolitano ha fatto tutto quello che c’era da fare nell’interesse della Nazione. Inoltre, come scritto da Stefano de Luca (Segretario nazionale del Partito Liberale Italiano) in un editoriale pubblicato ieri sul nostro giornale, la grande preoccupazione del Presidente della Repubblica è che lo scioglimento delle camere costituirebbe “un grave trauma, non soltanto per la conseguente lunga parentesi di mancanza di guida di fronte alla grave crisi economica che stiamo attraversando, ma per il grave rischio che comporterebbe votare con l’attuale legge elettorale” in quanto “si avrebbe un altro Parlamento di nominati, che verrebbero scelti persino con maggiore cinismo per evitare ‘crisi di coscienza’ come quelle dei vari Scilipoti (…)”, ammonisce de Luca.
Ora, quindi, con apprensione i cittadini consapevoli attendono le scelte del Governo e del Parlamento. Come al solito su questo punto Napolitano è cristallino: sulle decisioni da prendere va preservata l’autonomia delle Camere. E a proposito di tale autonomia e “libertà” auspica che le forze politiche si assumano le rispettive determinazioni in Parlamento e le responsabilità che ne conseguono rispetto agli interessi generali dell’Italia e dell’Europa”. E’ una questione di “coesione nazionale”, secondo il Capo dello Stato, coesione realizzabile solo attraverso uno sforzo “straordinario”. Nella speranza che, come sempre più spesso accade, il Presidente del Consiglio non trovi opportuno decidere tutto da solo nelle segrete stanze di Palazzo Grazioli, sua residenza romana e divenuto da tempo una succursale non autorizzata di Palazzo Chigi, se non addirittura del Parlamento, presso il quale troppo di rado si reca per comunicare le intenzioni del Governo.
Per quanto concerne proprio l’Esecutivo italiano – sul punto di andare in crisi da un giorno all’altro – il Presidente Napolitano ha chiarito che saranno i “prossimi sviluppi dell’attività parlamentare” a consentire “di valutare concretamente la effettiva evoluzione del quadro politico-istituzionale”. Non sarebbe certo una soluzione se, ad esempio nel caso del Rendiconto, il Governo – ammesso e non concesso che l’ottenesse prima a Montecitorio – per il rotto della cuffia dovesse farcela di nuovo in Senato (nella seduta prevista martedì 15 novembre) e approvare con voti risicati la manovra che dovrebbe contenere i provvedimenti più urgenti derivanti dagli accordi di Cannes.
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