Sarebbe stato bello se i maggiori Partiti si fossero impegnati direttamente nel nuovo esecutivo ed è un peccato che il Governo debba fare a meno (per un incongruo veto del PD, che sa di vecchia politica lontano un miglio) dell’apporto di uomini dell’esperienza e capacità di Giuliano Amato e Gianni Letta. Ma il consenso che hanno ricevuto le scelte tecniche operate dal prof. Monti aiuta a compensare almeno in parte questa carenza, che tuttavia resta e può costituire a medio termine un problema per il Governo.
Non mi sento la competenza per giudicare il valore di tutte le personalità chiamate a far parte dell’esecutivo, ma conosco bene i nuovi Ministri degli Esteri e della Difesa e posso dire che il Presidente del Consiglio ha scelto in assoluto i migliori disponibili.
A differenza di politici, sportivi, uomini di spettacolo e da un po’ di tempo anche finanzieri, i diplomatici e i militari appartengono alla categoria dei servitori silenziosi dello Stato, alieni in generale dalla pubblicità, e per questo non molto conosciuti dal grande pubblico. Privi di interessi elettorali o di breve termine, e consapevoli della transitorietà e “fungibilità” del loro ruolo, possono dedicarsi interamente all’interesse del Paese, con il quale in modo del tutto naturale tendono a identificarsi. I migliori di loro rappresentano una risorsa di grande importanza per un Paese che spesso non ne è conscio, ed a loro è giusto ricorrere in momenti di emergenza in cui sono sospese le normali regole e la politica ha fornito prove non proprio esaltanti.
Al di là di stereotipi ormai rancidi, quali sono le qualità essenziali che fanno un buono e a volte un grande diplomatico? Intelligenza politica, apertura di spirito, senso del dovere, devozione al Paese, profonda conoscenza dei problemi internazionali, esperienza derivata dai posti occupati e, sì, anche garbo, signorilità, capacità di dire e fare le cose con fermezza ma senza asperità, evitando i conflitti inutili e limando quelli inevitabili. Giulio Terzi, queste qualità le ha tutte. L’ho avuto tra i miei più stretti collaboratori alla NATO negli anni Novanta; era un Consigliere d’Ambasciata relativamente giovane, ma su di lui si poteva fare sicuro affidamento e non era difficile pronosticargli una brillante carriera. Da allora ha ricoperto incarichi sempre più importanti: Consigliere alle NU, coordinatore della Segreteria Generale della Farnesina, Direttore degli Affari Politici e, da ultimo, titolare della più importante, complessa e prestigiosa delle nostre Ambasciate, Washington, dove ha fatto un lavoro eccezionale. Essere un buon diplomatico, va da sé, non vuol dire automaticamente essere un buon Ministro degli Esteri. Giulio Terzi dovrà trasformarsi, da funzionario, sia pure di altissimo livello, a uomo di governo, da esecutore a ideatore di politica estera, da chi esegue istruzioni a chi le dà; dovrà rappresentare, da solo o a fianco del Presidente del Consiglio, l’Italia nei consessi più importanti, dall’ONU al’UE, dai G-8 alla NATO e dovrà contribuire, con la sua serietà, stabilità e fermezza, a ristabilire un prestigio che, in Europa e nel mondo, è stato purtroppo messo in discussione. La sua responsabilità è duplice: verso il Presidente che lo ha scelto e verso la Casa a cui ha appartenuto (e alla quale, come lui, hanno appartenuto generazione di diplomatici fedeli al loro compito e interamente dediti al servizio del Paese): nel dopoguerra – e con la breve e non felice eccezione di Renato Ruggiero – nessun diplomatico è stato mai alla testa del Dicastero di Piazzale della Farnesina. Giulio Terzi deve dimostrare che un vero diplomatico è capace di trascendere i suoi limiti, senza indebiti protagonismi ma senza timidezza. Sono sicuro che ce la farà.
Non è facile trovare alti ufficiali che, alla competenza tecnica, uniscono il rispetto generale dei loro colleghi e uno spiccato senso politico. L’Ammiraglio Di Paola possiede largamente queste doti e il suo curriculum parla per lui: Capo del delicatissimo Ufficio IV dello Stato Maggiore della Difesa, sotto la guida di un altro grande militare, Guido Venturoni, gli é poi succeduto, prima come Capo di SM Marina, poi come Capo di SM Difesa. Negli anni Novanta, ho strettamente collaborato con lui alla NATO e colpiva l’intelligenza con cui sapeva mantenere l’equilibrio tra le due vertenti altrettanto cruciali della nostra politica di sicurezza, NATO e Unione Europea: europeista convinto, era però anche operativamente cosciente dell’esigenza per noi di non porre in causa la nostra fedele appartenenza all’Alleanza Atlantica. So che fu tra gli artefici della riuscitissima operazione Alba, con la quale dimostrammo di sapere riportare pace e stabilità in un Paese a noi vicino e per noi cruciale, quale l’Albania, e come Capo di SM Difesa é stato certo diretto responsabile della buona organizzazione delle nostre missioni all’estero.
E´naturale che, in tempi come quelli che viviamo, l’attenzione di Governo, Parlamento, Partiti, opinione pubblica, si concentri sull’azione economica e finanziaria dell’esecutivo. Ma Esteri e Difesa coprono aspetti altrettanto essenziali della nostra vita nazionale. Il Presidente Consiglio sa bene che, prima o poi, sarà chiamato a occuparsene con priorità, e alle volte con esclusività, sia nei sempre più frequenti vertici internazionali, sia per le crisi che si annunciano, specie nel Medio Oriente.
In Giulio Terzi e Giampaolo di Paola, il Presidente e il Paese avranno elementi di sicuro affidamento, al cui lavoro si può guardare con tutta fiducia.
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