“Non disturbiamo Gheddafi… Mettiamo a disposizione le basi ma non bombardiamo… Bombardiamo, ma poco poco”: questa in sintesi la chiara e netta posizione dell’Italia sull’intervento militare in Libia. Il governo in pochi mesi ha recitato tutte le parti in commedia screditando ulteriormente l’immagine del nostro paese nel mondo e dimostrando di non avere una politica estera non essendo in grado di esprimere una propria posizione su una crisi che è a due passi da casa.
Ora, i bombardamenti sulla Libia ampliano il coinvolgimento in un conflitto che è molto confuso: non si conoscono o non sono dichiarati i reali obiettivi, non si è compreso se si intenda conservare l’integrità territoriale libica, non ci sono accordi su come gestire il flusso di profughi ed immigrati, non è chiaro chi siano i nostri interlocutori in Pirenaica né se ce ne siano in Tripolitania, non si è ben compreso se l’obiettivo dell’intervento militare sia un regime change e quindi una rimozione forzata di Gheddafi (anche se la risoluzione Onu non prevede tale opzione) oppure se sia indebolire il regime e favorire una soluzione politica della crisi, ritenendo Gheddafi ancora un protagonista politico della Libia di domani. Qualche giorno fa gli americani volevano “tagliare la testa del serpente”, ieri la Francia attraverso il ministro Juppè diceva che l’obiettivo non è eliminare Gheddafi.
In una situazione di per sé poco chiara l’Italia, anziché chiedere spiegazioni agli alleati che hanno voluto questo conflitto, non fa altro che aggiungere incertezza: si dichiara favorevole ai bombardamenti purché durino poco e non costino molto, ma non spiega gli obiettivi dell’intervento e né perché la nostra posizione è cambiata.
Prima di partecipare attivamente al conflitto dovremmo essere consapevoli che non si entra in guerra controvoglia, non si partecipa ad un conflitto “perché ce lo ha chiesto Obama”, non si possono fissare a priori limiti economici e temporali, ma si finisce quando sono stati raggiunti gli obiettivi.
A Gheddafi basterà sopravvivere per poter cantare vittoria; noi, dopo aver sganciato la prima bomba, non potremo ritenerci sicuri né soddisfatti finché il rais rimarrà al suo posto. Questi, che sono i reali problemi della crisi libica, sono completamente assenti dal dibattito politico.
Se Berlusconi pensa che sia intelligente ‘lanciare un centinaio di bombe per sedersi al tavolo della pace’, sappia che Mussolini aveva pensato la stessa cosa prima di partecipare alla Seconda Guerra Mondiale: non è stata una scelta lungimirante.

caro luciano,
ho letto l’articolo del 5 maggio e sono orgoglioso di te,un abbraccio mario flovilla.
Purtroppo in Italia siamo abituati a fare diverse cose controvoglia. Si lavora, ci si sposa, si intrecciano relazioni, ecc… perché sono “mali necessari”. Abbiamo perso la capacità di agire per il gusto. Con una simile situazione è evidente che nemmeno i nostri politici facciano eccezione. Io ho imparato che è meglio tagliare ciò che ci fa sentire obbligati e ci fa agire controvoglia. Purtroppo, invece, Berlusconi si è compromesso ed ha compromesso l’Italia tutta, con l’invito a Gheddafi e al suo seguito, culminato col baciamano. Qui Gheddafi ha ragione, quando si chiede che fine abbia fatto il suo amico Berlusconi! I governi con questi a capo non mi pare abbiano mai brillato per coerenza politica a livello internazionale. Ma forse questo è un discorso che risale a qualche decennio fa, allorquando l’Italia fu divisa in due: chi appoggiava ancora Mussolini e chi lo osteggiava (mi riferisco al famoso 8 settembre e al discorso di Badoglio).
Sarebbe riduttivo prendersela con Berlusconi e considerarlo causa o soluzione dei mali italiani…in fondo il dialogo con Gheddafi è stato avviato da governi di sinistra e il trattato i talo-libico è stato votato anche dal PD. Il problema dell’Italia è la perenne ambiguità della nostra politica estera, quella stessa ambiguità che salvò la vita a Gheddafi quando Reagan bombardò Tripoli, ambiguità che risale alla Triplice Alleanza, all’8 settembre, a lunga parte della guerra fredda, che continua ancora oggi e che ci rende incapaci di difendere i nostri interessi e poco affidabili anche quando siamo servili…
In fondo se l’Italia (come Paese, non solo come governo…) avesse avuto credibilità internazionale, chi si sarebbe permesso di scatenare una guerra nel ‘nostro cortile’ senza averci prima consultato e senza il nostro avallo?
Sono pienamente in sintonia con Luciano, l’incoerenza di Berlusconi, specie in politica estera, non è altro che l’altra faccia della stessa medaglia che ha contraddistinto da sempre la politica italiana:seguire gli umori dell’elettorato prima di tutto.Intrecciare rapporti e muoversi di conseguenza avendo in mente solo gli interessi economici nazionali o ergersi a paladini dei diritti civili e quindi non aver rapporti di qualsiasi genere con chi quei diritti calpesta? Negli ultimi cinquant’anni spesso chi ci ha governato ha scelto di non scegliere, relegando l’Italia ad occupare un ruolo secondario nella politica internazionale, Berlusconi invece ha scelto e poi ha cambiato idea perchè di fronte ad un opinione pubblica sempre più schoccata dalle morti dei civili libici, non ha avuto la forza politica per opporsi agli spropositi della Francia.Tra le due facce non saprei dire quale è la peggiore.
Un caro saluto a Luciano, ti leggo con piacere
La democrazia la si vuole sempre esportare dove c’è il petrolio…..chissà perchè…..
Io ritirerei tutte le truppe italiane all’estero e le userei per combattere le mafie del sud.
Le uniche guerre che dovrebbero fare gli Italiani sono quelle contro la Francia per riprenderci Nizza, la Savoia e la Corsica, contro la Sviizera per riprenderci il canton Ticino e il canton grigioni, contro la Slovenia e contro la Croazia per riprenderci l’Istria, Fiume e la Dalmazia.