“Forse siamo arrivati al punto del non ritorno; quel momento in cui qualcosa trasforma l’umanità in una banda di assassini che distruggerà il pianeta per poter dimostrare la sua supremazia. Poi troveremo la parte superiore della statua della libertà su una spiaggia deserta. In fin dei conti la fantascienza è diventata passato e se noi tutti fossimo stati intelligenti forse avremmo preso provvedimenti per tempo. Va tutto male. Crisi profonda in quasi tutti i settori.
Ma quello che trovo più angosciante e crudele è la chiusura dello stabilimento FIAT di Termini Imerese. Va bene la crisi dell’auto: la gente i soldi non li spende, perché non è vero che non li ha, solo li tiene sui conti correnti e infatti mai come in questi ultimi mesi sono stati così pieni. Allora dicevo, facendo un ragionamento che potrebbe rasentare il qualunquismo: se, come ho letto, questa crisi è cominciata da un pezzo e se, come leggiamo tutti continuamente, il sud è sempre più penalizzato (perché signori e signore il sud è un pezzo d’Italia minore) ecco se tutto questo si sapeva, come mai non si è evitata quest’altra catastrofe? Che sconfitta politica e morale del territorio tutto! In posti dove il lavoro onesto è la sola arma contro la criminalità organizzata, una delle fonti di guadagno più importante, chiude. Io non voglio stare qui a dire quello che penso dei dirigenti FIAT, quelli hanno a cuore solo al profitto, altrimenti come potrebbero permettersi quella vita agiata. E quindi i rami secchi si tagliano.
Ecco, questa è la dimostrazione del fallimento dello Stato che fa lo stesso ragionamento dei padroni, che non si batte e non difende i suoi cittadini più deboli. Cosa diranno questi operai ai loro figli reclutati come spacciatori dalla mafia, presi per fame? Ti mando all’università? Ti pago uno stage? E non voglio parlare di sindacati, attaccati alle loro bandiere che non si mangiano e non si seminano. Io credo che il ripensamento del sistema tutto debba partire da qui, da un grande interrogativo che ci coinvolge tutti, che ci fa capire che abbiamo tutti fallito e cioè: cosa si poteva fare?
E certo i tavoli di confronto dell’ultimo momento sembrano quasi un accanimento terapeutico. È ora delle proposte, semplici, valide, attuabili. Rimbocchiamoci le maniche, ma , stavolta, non ci turiamo il naso.”
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