Tu chiamalo se vuoi rottamatore del bipolarismo gauche-droite, o terzo incomodo nella lotta Hollande-Sarkozy, ma François Bayrou, leader del MoDem (Mouvement démocrate) appare attualmente l’unica alternativa credibile nel panorama politico francese, dimenticando l’ipotesi dissennata di vedere una come Jean-Marie Le-Pen al secondo turno. Se l’ex-presidente dell’UDF (Union pour la démocratie française) saprà evitare di ancorarsi alle sole critiche, avanzando proposte concrete per la Francia e per il suo futuro in Europa, le possibilità di vederlo concorrere fino all’ultimo per diventare il primo inquilino dell’Eliseo sono alquanto elevate. Ce ne ha parlato su Le Figaro di giovedì, Rodolphe Geisler nel suo Bayrou fa appello ad un altro governo per contrastare la crisi.
“Francois Bayrou sa bene come destreggiarsi con il tempo. Ecco allora che mercoledì, presentando il suo ipotetico metodo di governo, di fronte al suo microfono, ha assicurato che «è a causa del non aver identificato le nostre mancanze e le nostre debolezze e del non esserci impegnati seriamente per correggerle, che oggi noi tutti soffriamo». Se il nome di Nicolas Sarlozy non è apparso a chiare lettere nel suo discorso, François Bayrou ha precisato che «si tratta comunque di tutta la Francia» . Orbene, ha insistito il capo centrista, il quale ufficializzerà la propria candidatura il 7 dicembre, «tutto era prevedibile». «La crisi del debito della Francia era prevedibile» ha ripetuto.
Per quanto concerne l’azione del capo dello Stato in merito alla risoluzione della crisi della zona euro, François Bayrou non è certo andato leggero, denunciando «l’errore strategico» di Nicolas Sarkozy che, secondo lui, avrebbe dovuto far valere «in maniera più chiara» la posizione della Francia sui tentennamenti della Germania di fronte ad un possibile, se non necessario, intervento della Banca centrale europea”.
Come già esposto nel suo libro intitolato “2012, État d’urgence” ed edito da Plon, l’obiettivo prefissato da Bayrou per l’arco temporale 2012-2020 è quello di ricostruire la Francia, riportandola ad essere un «paese produttivo», con un abbassamento della disoccupazione del 5% e con una convinta riconquista dei grandi settori tradizionalmente made in France, per abbattere progressivamente «l’immenso debito accumulato durante tre decenni d’incuria e di colpevole leggerezza, dal 1981 al 2011». Ma è soprattutto sulla rottura del duopolio gauche-droite che vuole puntare il leader del MoDem, come ha confermato nel corso della conferenza stampa di mercoledì. «Se si opta per la classica alternanza destra-sinistra come in Spagna, non cambierà nulla», ha detto, prima di fare appello ad «uno spirito nazionale, che andrà dalla destra repubblicana al centro fino alla sinistra reformista». Niente estremismi, buone intenzioni, ma tra il dire e il fare…
© Rivoluzione Liberale

Bene l’idea di uscire da un bipolarismo che però fra i nostri cugini è radicato in maniera storica ma ciò che più appare stonato è l’ennesimo richiamo allo «spirito nazionale». La Francia non sa uscire dalla grandeur gollista e finisce per essere, invece che amica di Roma e quindi strumento di equilibrio nella Ue, codista rispetto a Berlino.
Non la prima scelta geopolitica miope dagli inquilini dell’Eliseo.