Chi sa cosa sono le Terre Rare? Un carro armato, un radar, un missile teleguidato, l’hard disk di uno smartphone, un’auto ibrida, una lampadina a risparmio energetico o i cavi a fibra ottica, hanno tutti in comune proprio questo: contano le terre rare fra i loro componenti. Le terre rare sono circa 17 elementi della tavola periodica dai nomi bizzarri – lutezio, ittrio, scandio, europio e neodimio – la cui produzione mondiale è per il 97% effettuata in Cina. Discrete riserve geologiche si trovano anche negli Stati Uniti, ma l’estrazione è così inquinante da risultare quasi impossibile in democrazia. In un recente passato tutte le grandi imprese tecnologiche occidentali (anche della difesa) hanno espresso preoccupazione per questa dipendenza dalla Cina. Ora però il quadro sta per cambiare.
L’Arabia Saudita, principale alleato degli Stati Uniti nel Medio Oriente, sta per sfidare il monopolio della Cina. La Saudi Geological Survey, dopo investimenti di centinaia di milioni, ha localizzato depositi di terre rare nell’area centrale della penisola araba. Elementi decisivi per le nuove tecnologie come il tantano e il lantano (che bellezza…) si trovano in grandi quantità in un’area desertica di 600 mila chilometri quadrati.
Abbastanza per cambiare la geopolitica dell’innovazione nel mondo. Già vari paesi avanzati, fra cui il Giappone, si sono fatti avanti, per avere accesso a queste risorse. Hanno fretta di spezzare il legame con la Cina, che pone sempre maggiori condizioni. Ma per ora il governo di Riad aspetta: prima di dare concessioni, intende verificare con cura l’entità totale dei giacimenti.
Naturalmente l’Italia è assente, presa come sempre dalle sue piccole e provinciali vicende. Abbiamo dunque chiesto al gruppo parlamentare del PLI alla Camera di interrogare sul tema il Governo, per sapere cosa intende fare per consentire all’Italia d’esser protagonista di questa sfida. Vi aggiorneremo.
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