Due miliardi di persone hanno assistito al matrimonio del secolo, quasi una persona su tre del globo terrestre, una cifra sbalorditiva specialmente se pensata nella seconda accezione. La nuova coppia è stata protagonista di un evento che, tra quelli reali, si può definire ordinario senza eccessi e stravaganze e sempre rispettoso delle tradizioni, ma che si è fatto notare soprattutto per i suoi piccoli momenti che hanno mostrano una nuovo marchio regale. C’era aria pomposa e protocollo in abbondanza, ma allo stesso tempo una nuova atmosfera più rilassata, meno riverente e più personale e naturale.

I nuovi duchi di Cambridge, William a Catherine non solo rappresentano la nuova monarchia inglese, ma dicono molto anche sull’Inghilterra e forse su buona parte del mondo. Un milione di persone in visibilio lungo il The Mall (il lungo viale che unisce Buckingham Palace con l’Admiralty Arch, arco costruito da Edoardo VII in memoria della madre, la Regina Vittoria), feste per tutto il paese sono la dimostrazione che la monarchia è ancora molto rispettata e ben voluta (c’erano forse dubbi?).

Essa però da oggi ha fatto un passo ulteriore; se 30 anni fa il l’unione tra Diana e Carlo era per cortigiani e sognatori, quest’ultima era per i cittadini. Ieri la folla era spettatrice, oggi si sentiva come invitata al matrimonio stesso.

Piccole cose che tempo fa avrebbero scandalizzato si sono rivelate come gli elementi caratterizzanti dell’evento: Catherine nel giuramento ha promesso di “amare, confortare, onorare e prendersi cura” del marito ma non di obbedirgli, la famiglia reale arrivata in minibus, l’uscita di William da Buckingham Palace con l’ Aston Martin del padre Carlo, regalo di mamma Elisabetta per il suo 21esimo compleanno, con annessi palloncini a rimorchio e la targa JU5T WED (oggi sposi) creata ad hoc dal fratello Harry. Sono tutti simboli di freschezza e di cambiamento all’interno di una casa reale spesso imbalsamata in usi e costumi di cui in passato ha pagato il prezzo (uno tra tutti i funerali di Stato negati a Diana Spencer).

La cronaca di eventi di tale portata ha spesso molti significati ed è lo specchio della popolazione, del suo mutare e ne rappresenta spesso gli umori. Churchill di fronte al matrimonio, nel 1947, dell’attuale Regina Elisabetta II con il Duca di Edimburgo, disse che rappresentava una nota di colore nei tempi grigi ed impegnativi che aspettavano l’Inghilterra post bellica; Tony Blair si spinse fino a considerare Diana, politicamente non schierata, come l’incarnazione dei principi fondamentali del New Labour; c’è chi nell’Inghilterra del 2011 vede la storia a lieto fine di Catherine e William come la rappresentazione della Big Society di Cameron; una genuina famiglia borghese, con un passato proletario (il bisnonno della neo Duchessa di Cambridge era un minatore), diventata per merito personale milionaria, riuscita a rafforzare le proprie origini spingendosi sino all’inimmaginabile: sposare l’erede al trono d’Inghilterra.

Probabilmente un tale accostamento non è certamente passibile di essere preso come modello a cui aspirare, di Principi ce ne sono pochi in giro, ma sicuramente incarna qualcosa che può spingere la popolazione inglese a sentirsi più unita. Ma i Windsor non sono in cerca di popolarità, e neanche di un ritorno ad ogni costo, semplicemente mutano con i tempi e si adattano alle sempre nuove esigenze a volte reinventandosi, a volte confermando importanti tradizioni in un irresistibile mix di protocollo e modernità.

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