L’esito più evidente della disintegrazione dell’Unione Sovietica è stato il ritorno alla piena sovranità di numerosi Paesi una volta ricompresi nell’URSS. Eppure, il processo disgregativo ha avuto conseguenze enormi anche nel settore del trasporto aereo. La monopolista Aeroflot venne smembrata in centinaia di compagnie aeree regionali e locali. Si andava da soggetti di discrete dimensioni quali la FlyLal, ex compagnia di bandiera lituana fallita nel 2009, a micro-compagnie operanti con un solo velivolo. Dalle 300 compagnie iniziali del 1992 si giunse addirittura alle 800 del 1994. Ovviamente, il micro-dimensionamento unito alla ricerca del massimo profitto portarono ad un drammatico crollo degli investimenti nell’ammodernamento delle flotte e nella manutenzione dei velivoli. Gli standard di sicurezza occidentali erano talmente lontani che la IATA (International Air Transport Association) nel 1994 raccomandò addirittura di prediligere il treno negli spostamenti interni in Russia. L’anno si chiuse infatti con 33 incidenti, di cui 13 mortali per complessive 343 vittime.

Il governo corse in ritardo ai ripari, varando una politica più restrittiva nella concessione delle licenze ai vettori aerei e imponendo un avvicinamento ai requisiti minimi di sicurezza accettati a livello internazionale. La Rosaviacija, agenzia federale per il trasporto aereo nata nel 2004, proseguì nel processo di semplificazione e regolamentazione, ottenendo riconoscimenti internazionali.  L’ente statunitense FAA (Federal Aviation Administration), nell’ambito di un progetto denominato IASA che monitora la capacità di ciascun Paese di implementare le procedure stabilite dall’ICAO (International Civil Aviation Organization) per le operazioni di volo e di manutenzione, ha assegnato alla Federazione Russa la categoria “1” (piena rispondenza ai requisiti).

Nonostante gli indubbi progressi, nel 2009 erano ancora più di 150 i soggetti in possesso di licenza per operare sul territorio russo, con conseguenze dirette nella sicurezza del trasporto aereo. Oltretutto, dopo una drastica diminuzione sul finire degli anni ‘90, a partire dal 2003 (anno in cui si verificò un unico incidente aereo con vittime), il trend dei disastri aerei ha ripreso a crescere. Venendo ai dati attuali, dal primo gennaio 2011 ad oggi si sono verificati 16 incidenti aerei nella Federazione, di cui otto mortali per complessive 120 vittime.

I disastri aerei più rilevanti nell’anno sono stati tre. Il 20 giugno, un Tupolev Tu-134 di linea, operato dalla RusAir per conto della RusLine, si è schiantato a terra durante il suo avvicinamento finale all’aeroporto di Petrozavodsk, uccidendo 47 persone. La RusLine, non riuscendo ad assicurare posti a tutti i prenotati, si era rivolta alla RusAir per assicurare il servizio tramite il vecchio velivolo. Tra le cause dell’incidente le errate previsioni meteo, le scorrette procedure di avvicinamento all’aeroporto e l’utilizzo della navigazione satellitare non prevista dalle normative standard per il Tu-134.

Il 9 agosto un Antonov An-12 da trasporto è precipitato per una perdita di carburante che ha innescato un incendio in uno dei motori. Gli 11 membri dell’equipaggio sono deceduti. La compagnia di trasporti Avis-Amur che lo aveva noleggiato è stata sospesa dalla Rosaviacija in seguito a questo incidente.

Infine, il 7 settembre un trireattore Yakovlev Yak-42 della Yak Service (compagnia cui appartengono diversi velivoli che non possono operare in UE per mancata rispondenza alle norme ICAO) si è schiantato al decollo, uccidendo 44 persone e destando grande scalpore perché fra i passeggeri c’erano i giocatori di hockey del Lokomotiv di Jaroslavl’.

Come misura di raffronto, in Italia nello stesso periodo non ci sono stati incidenti di rilievo e negli USA sono state registrate appena 8 vittime. Recentemente, il Presidente della Federazione Medvedev ha addirittura chiesto ufficialmente di mettere a terra tutti gli An-24 e i Tu-134 in servizio, macchine risalenti a mezzo secolo fa.

In teoria, l’An-140 (comparabile all’italo-francese ATR-42, best seller della sua classe di turboelica) avrebbe dovuto sostituire gli An-24. Pur essendo di concezione più moderna, molte compagnie aeree preferiscono continuare ad acquistare all’estero componentistica di seconda o terza mano per mantenere le proprie flotte in condizioni di volo, decretando tra l’altro l’insuccesso commerciale del velivolo, il cui maggior compratore è stato la compagnia Jakutija con appena 6 unità. Aleksej Gusev, direttore generale della fabbrica Aviakor, ha di recente dichiarato in un’intervista che “comprare l’An-140 è problematico, perché senza il sostegno statale alle compagnie aeree l’aereo è piuttosto costoso. Anche con la formula del leasing, il prezzo è elevato. Questo vale anche per tutti gli altri aeromobili costruiti in Russia”.

Gli incidenti aerei nella Federazione non possono essere considerati casi isolati, ma hanno una spiegazione sistemica. Essi riflettono la ancora precaria condizione dell’aviazione civile in Russia. La polverizzazione delle compagnie aeree e delle fabbriche costruttrici determina vieppiù gli scadenti risultati ottenuti in termini di sicurezza, affidabilità e qualità del servizio erogato.

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