“Tutti gli esseri umani nascono liberi e uguali in dignità e diritti”, un principio democratico accettato universalmente (Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, art.1) ma non sempre rispettato e molto spesso minacciato. In vaste aree del mondo continuano a perpetuarsi sistematiche violazioni dei diritti umani dovute a fattori politici, economici, sociali, culturali e religiosi profondamente radicati. Nel 2011 è comunque prevalsa la volontà degli individui di reclamare coraggiosamente i propri diritti: la primavera araba, in particolare, ha rappresentato uno degli eventi più interessanti per quanto riguarda l’affermazione dei diritti umani, soprattutto per il ruolo attivo assunto dai social media. Anche il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, ha sottolineato il ruolo chiave dei social network per le popolazioni alla ricerca di “legittimazione per le loro aspirazioni”, ricordando che “sono passati i tempi nei quali i governi dispotici potevano controllare interamente il flusso di informazioni”. È stata quindi la gente comune la vera protagonista di un rinato attivismo per i diritti umani nel 2011 e – anche se in molti paesi c’è ancora tantissimo da fare per garantire lo stato di salute, benessere e libertà individuale sanciti come diritti inalienabili – non sono poche le buone notizie in materia di diritti umani.
Il 10 gennaio, poco meno di 48 ore prima dell’esecuzione, Richard Clay ottiene la commutazione della condanna a morte da parte del governatore del Missouri, Jay Nixon. Il 19 gennaio le autorità tunisine dispongono il rilascio di tutti i prigionieri politici e di coscienza. Il 26 febbraio il Consiglio di sicurezza dell’Onu vota all’unanimità il deferimento della situazione della Libia alla Corte penale internazionale: è un momento storico per la giustizia internazionale.
Il 9 marzo, dopo una moratoria sulle esecuzioni durata 11 anni, l’Illinois è diventato il sedicesimo stato degli Usa ad abolire la pena di morte. Il 27 marzo, in Nigeria il presidente Goodluck Jonathan firma l’Atto emendativo della Commissione nazionale sui diritti umani, che attendeva da sei anni di entrare in vigore.
Il 26 maggio la Corte penale internazionale accoglie la richiesta di emissione di un mandato di cattura per il colonnello libico Mu’ammar Gheddafi, per suo figlio Saif al-Islam e per il capo dei servizi segreti Abdallah al Sanussi, accusati di crimini contro l’umanità. Il 24 giugno la Tunisia è il 116simo Stato Parte dello Statuto della Corte penale internazionale. Il 30 giugno il re del Bahrein, Hamad bin Isa al Khalifa, annuncia il trasferimento ai tribunali civili di tutti i processi connessi alle proteste, la revisione dei verdetti e l’istituzione di una commissione indipendente d’inchiesta sulle violazioni dei diritti.
Il 7 luglio, con una sentenza di grande portata relativa al caso di un testimone di Geova dell’Armenia, la Grande camera della Corte europea dei diritti umani afferma che gli stati hanno il dovere di rispettare il diritto all’obiezione di coscienza al servizio militare come parte dell’obbligo di rispettare il diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione. Il 12 luglio la Corte Suprema decide di escludere la giurisdizione militare nei casi di violazioni dei diritti umani commessi dalle forze armate. Il 6 settembre il Tribunale penale per l’ex Jugoslavia condanna a 27 anni di carcere Momcilo Perisic, ex capo dell’esercito jugoslavo, per crimini di diritto internazionale commessi in Bosnia-Erzegovina e in Croazia.
Il 13 ottobre Capo Verde è il 119simo stato, il 32simo dell’Africa, ad aderire alla Corte penale internazionale. Il 1° novembre 2011, con una sua Risoluzione, l’ONU sancisce ufficialmente il 21 marzo come Giornata Mondiale sulla sindrome di Down.
Il 19 novembre viene arrestato Saif al-Islam Gheddafi, figlio del colonnello defunto, e il 20 novembre segue l’arresto di Abdallah al Sanussi. Il 28 novembre, la Commissione internazionale di inchiesta dell’Onu diffonde un rapporto che conferma i crimini contro l’umanità commessi dalle forze di sicurezza siriane. Le Nazioni Unite invitano gli stati ad agire con fermezza e la Siria è chiamata a far partire “indagini indipendenti e imparziali su queste violazioni e consegnare alla giustizia i responsabili”.
Il 16 dicembre nasce l’associazione “Carta di Roma” per dare attuazione all’omonimo protocollo deontologico della professione giornalistica concernente richiedenti asilo, rifugiati, vittime della tratta e migranti, sottoscritto dal Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti e dalla Federazione Nazionale della Stampa Italiana.
A proposito di violazioni le note si fanno dolenti. A Gennaio in Egitto le forze di sicurezza continuano a seminare morti tra i manifestanti nel corso delle proteste. Anche in Tunisia le forze di sicurezza reprimono le proteste antigovernative adottando metodi brutali. Il 1° gennaio 2011, lo stesso giorno in cui il Paese ha assunto la presidenza dell’Unione europea, in Ungheria entra in vigore la Legge sui mezzi di comunicazione e la libertà di stampa, una potenziale minaccia nei confronti della libertà d’espressione. Il 30 gennaio viene chiuso l’ufficio di Al Jazeera al Cairo: è l’ennesimo tentativo delle autorità egiziane di intimorire gli organi di stampa e di evitare che venga fuori la verità sugli abusi da parte delle forze di sicurezza.
Nel mese di Febbraio continuano i soprusi esercitati dall’esercito egiziano che apre il fuoco nei confronti di persone che prendono parte a proteste legittime e pacifiche. In tutto il Paese vengono inoltre ostacolate le connessioni ad Internet per non garantire il libero flusso delle informazioni. Le manifestazioni del 12, 13 e 14 febbraio tenutesi nelle città yemenite di Sana’a e Ta’izz, per celebrare il cambiamento politico in Egitto, vengono represse con la violenza dalle forze di sicurezza.
A Marzo, in Libia continua la campagna delle sparizioni forzate ad opera delle forze libiche fedeli a Mu’ammar Gheddafi. Le sparizioni sono iniziate persino prima che le proteste contro il colonnello Gheddafi si trasformassero in rivolta armata. Il 12 aprile il governo egiziano approva la legge 34/2011 che criminalizza le manifestazioni e gli scioperi e prevede il carcere e una multa per chiunque prenda parte, o incoraggi altri a prendere parte, a sit-in o a qualsiasi altra azione che impedisca, ritardi od ostacoli il lavoro delle istituzioni o delle autorità pubbliche. Sempre nel mese di aprile il parlamento iraniano discute un progetto di legge che causerebbe di fatto la fine delle attività delle Organizzazioni non governative (Ong) che operano nel Paese.
A Maggio, in Arabia Saudita aumentano le esecuzioni e sono almeno cento, per lo più di origine straniera, le persone in attesa di esecuzione. Le autorità di Teheran continuano a non rispettare le libertà sociali dei lavoratori: sindacalisti arrestati e organizzazioni indipendenti represse. Nel primo weekend di giugno, in Siria le forze di sicurezza continuano a seminare vittime tra i manifestanti: 120 morti. La Corte penale internazionale è chiamata ad intervenire.
In agosto continua il bagno di sangue in Siria. Dopo quattro mesi di repressione nei confronti di manifestazioni in larga parte pacifiche, la risposta del Consiglio di Sicurezza appare inadeguata: una dichiarazione non vincolante che non contiene alcun riferimento alla necessità di deferire la situazione della Siria alla Corte penale internazionale. Il 23 e il 24 agosto le forze fedeli al colonnello Gheddafi uccidono numerosi detenuti in due campi militari a Tripoli. Il 30 agosto nella Corea del Sud la Corte costituzionale nega il diritto all’obiezione di coscienza: una sentenza in contrasto con gli obblighi internazionali del paese.
A Settembre Narges Mohammadi, nota attivista iraniana e direttrice esecutiva del Centro per i difensori dei diritti umani, viene condannata a 11 anni di carcere per “propaganda contro il sistema” e appartenenza a un gruppo “la cui finalità è di recare disturbo alla sicurezza del Paese”: un ennesimo tentativo delle autorità iraniane di stroncare l’azione delle organizzazioni per i diritti umani. L’8 settembre Hadi al-Mahdi, noto giornalista iracheno, viene assassinato nella sua abitazione nel quartiere di Karrada a Baghdad. Un giorno dopo avrebbe dovuto prendere parte a una protesta a piazza Tahrir (Cairo) che aveva contribuito a promuovere attraverso i social media. Il 10 settembre viene arrestato Abdolfattah Soltani, uno dei più noti avvocati per i diritti umani e cofondatore del Centro dei difensori per i diritti umani in Iran. Il 27 settembre un tribunale di Gedda, in Arabia Saudita, condanna a 10 frustate una donna per aver guidato un’automobile. Altre due donne rischiano la stessa sorte per i medesimi motivi. Il 22 settembre Alle 5.14 ora italiana in Georgia viene messo a morte Troy Davis.
Nel mese di ottobre il governo siriano trasforma gli ospedali governativi in strumenti di repressione: i pazienti ricoverati per ferite sono sottoposti a maltrattamenti e torture. Dalla metà di marzo il numero dei morti in Siria supera le 2400 persone. Il 18 ottobre viene arrestata Jalila al-Salman, ex vicepresidente dell’Associazione degli insegnanti del Bahrein: sembra si tratti di una ritorsione per avere rilasciato interviste e aver preso parte a una conferenza sulla situazione dei diritti umani nel paese. Il 23 novembre, in Arabia Saudita, vengono inflitte dure condanne nei confronti di sedici noti sostenitori delle riforme. Tra loro anche nove persone arrestate nel 2007 per aver provato a fondare un’associazione per la difesa dei diritti umani. Il 4 dicembre, Razan Ghazzawi, blogger di passaporto siriano e statunitense, icona della primavera siriana, viene arrestata dalla polizia di frontiera al confine con la Giordania mentre si recava ad Amman per prendere parte a un seminario sulla libertà di stampa nel mondo arabo. Il 14 dicembre il blogger egiziano Maikel Nabil Sanad viene condannato a due anni nel processo d’appello di fronte a una corte marziale.
Attualmente, dopo più di un anno dal conferimento del Premio Nobel per la pace (8 ottobre 2010), lo scrittore e docente cinese Liu Xiaobo è ancora in carcere. Attivo da molti anni nella difesa dei diritti umani nel suo Paese, Liu Xiaobo è stato condannato a 11 anni di carcere il giorno di Natale del 2009 per “incitamento alla sovversione dei poteri dello Stato”: aveva pubblicato su internet alcuni articoli sulla democrazia e aveva stilato il manifesto di Carta 08, che suggerisce alla Cina di varare riforme politiche democratiche per garantire uno sviluppo equilibrato e completo della nazione. La moglie, Liu Xia, è costretta agli arresti domiciliari.
È chiaro che la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, nonostante sia passato più di mezzo secolo dalla sua proclamazione (10 dicembre 1948), non è ancora parte integrante della vita di molti popoli anche se i nuovi processi di democratizzazione avviati, ad esempio nel mondo arabo, dimostrano una nuova consapevolezza dei diritti umani, confermando quanto sancito nel preambolo della Dichiarazione Universale: “è indispensabile che i diritti umani siano protetti da norme giuridiche, se si vuole evitare che l’uomo sia costretto a ricorrere, come ultima istanza, alla ribellione contro la tirannia e l’oppressione”. La difesa dei diritti umani rimane, in effetti, un impegno prioritario della Comunità internazionale, una priorità che non ha solo una chiara rilevanza etica ma anche una forte incidenza sulla stabilità politica internazionale. Alla mobilitazione delle persone comuni, per chiedere giustizia, dignità, uguaglianza e partecipazione a difesa dei diritti riconosciuti universalmente nel 1948, dovrebbero seguire misure concrete ed efficaci in grado di migliorare le condizioni di libertà di molti popoli sottomessi.
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