Se a Milano negli ultimi anni la Lega Nord ha visto diminuire in modo sensibile il radicamento delle proprie idee, lo stesso non si può dire per il Veneto in generale, dove il partito di via Bellerio è la prima forza politica per numero di consensi. Viceversa l’alta Lombardia, per caratteristiche socio-culturali simili a quelle venete, resta terreno fertile per la crescita del seguito leghista. Qual è la ragione che porta tali zone ad avere risultati così fortemente diversi? Di certo buona parte delle motivazioni sono spiegabili attraverso le vicende storico-culturali di queste zone, mentre altre sono da individuarsi in situazioni di più recente formazione. Venezia e Verona hanno tradizioni ormai millenarie, le prime forme d’indipendenza risalgono addirittura al 1811 quando venne formato il Ducato del Veneto. Il dogato di Venezia era stato centro del mondo antico per centinaia d’ anni e portò fama e prestigio alle città del Nord-Est peninsulare.
Poi venne il regno del Lombardo-Veneto e la dominazione Asburgica, insomma in effetti vi fu una lunga tradizione unitaria di queste terre. Per questo si è consolidato nella cultura popolare questo senso di appartenenza veneta prima che italiana.
Grande importanza nell’analisi del fenomeno va fatta anche considerando il periodo a ridosso dell’Unità d’Italia. Infatti, per varie ragioni, ci fu una forte industrializzazione del triangolo Torino-Genova-Milano. Al contrario la grande pianura veneta rimase caratterizzata da un’economia di tipo agricolo. Questo fece si che il grande flusso migratorio degli anni ’50 del secolo scorso coinvolgesse in modo marginale le zone del Triveneto e quindi limitasse l’incontro tra i variegati sistemi culturali del nostro Paese.
Si sa che a Milano di milanesi in pratica ce ne son rimasti pochi, ma in Veneto e nell’alta Lombardia non è così. Ci sono famiglie di antiche discendenze e la pressione per la tutela identitaria leghista rianima i fasti di un passato ormai lontano. Tutto ciò ci porta a capire i motivi per cui oggi la Lega riesce a mantenere alti i propri consensi.
Questo in particolar modo su alcune caratteristiche come quella del ripudio dello ‘straniero’, della marcata avversione nei confronti dei meridionali, in modo da causare una chiusura culturale malamente giustificata dalla pseudo tutela del proprio territorio. Trovato il luogo ideale per alimentare queste idee per tutte le ragioni già dette, e sulla spinta di una strategia di stampo populistico e della semplicità – per non dire povertà – del linguaggio proposto, il leader Umberto Bossi ha fatto del Veneto il proprio Paese dei balocchi, nel quale poter regnare incontrastato.
Ma come forza politica diciamo “responsabile” – per giunta con rilevanti ruoli governativi avuti in passato (svariati ministri e, paradosso, un Roberto Maroni addirittura numero uno degli Interni) – quanto può legittimamente far pressione per ravvivare i propri consensi, servendosi di una strategia di chiusura culturale e di diffidenza verso lo straniero?
Milano è diventata una grande e produttiva metropoli grazie anche alle centinaia di migliaia di uomini e donne del Sud che, con enormi sacrifici, hanno avviato redditizie attività lontano dalle loro zone d’origine. E’ indubbio che è molto più facile attirare consensi aggrappandosi alle debolezze e alle paure, ma l’Italia è l’ottava economia del mondo perché, unita, ha saputo sfruttare tutte quelle singole capacità. Quindi con coesione e grande sacrificio di milioni di cittadini, è riuscita a rendere altisonante il proprio nome nel resto del pianeta.
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