Le incomprensioni fra Russia ed Estonia, pur esplicandosi oggi principalmente nel campo socio-economico, devono buona parte della loro virulenza all’aspetto storico. È da interpretare tramite questa chiave di lettura lo strumentale riappropriarsi da parte dell’Estonia del suo trascorso antisovietico e filonazista, depurato del suo armamentario dottrinale e filosofico e trasposto oggi esclusivamente in funzione antirussa. Gioco delle parti che vede la Federazione ergersi a paladino dell’ortodossia (storiografica) del secondo conflitto mondiale. Qualsiasi scintilla può innescare un incendio diplomatico, persino la pubblicazione di un calendario rappresentante manifesti d’epoca per l’arruolamento nella 20′ Waffen-Grenadier-Division der SS estone. Oppure l’annuale commemorazione di uno scontro fra reparti dell’Armata Rossa e contingenti delle SS vicino alla cittadina di Sinimae, in cui i Russi sono personae non gratae.

Se la rimozione del Bronzovyj Soldat (Soldato di bronzo, memoriale ai caduti nella lotta contro il nazismo) dal centro di Tallinn fu il singolo episodio capace di innescare una vera e propria guerriglia urbana, l’iterata riproposizione dell’Erna Retk fa infuriare la Federazione. Si tratta di un wargame fra i più duri al mondo, che porta in scena annualmente le gesta del Gruppo Erna. Sabotatori estoni inquadrati nell’esercito Finlandese durante l’estate del 1941, addestrati con l’obiettivo di infiltrarsi in profondità nel territorio sovietico per operazioni di intelligence e spionaggio. Questa esercitazione, aperta a squadre provenienti da tutta l’Europa, viene organizzata dal 1993 (secondo anno di indipendenza estone) inserendosi in un contesto più ampio di rivalutazione del contributo dato dagli Estoni alla lotta dell’Asse contro il bolscevismo.

L’ultimo “incidente” in ordine di tempo si è verificato il 22 ottobre, compleanno di Harald Nugiseks celebrato in Estonia quasi alla stregua di una festa nazionale. Untherscharfürer nella divisione SS estone e ultimo insignito di croce di ferro ancora in vita, Nugiseks è stato decorato per le operazioni condotte nel quadro della Battaglia di Narva, durissimo scontro fra Armata Rossa e reparti dell’Asse avvenuto nella seconda metà di febbraio ‘44. Il combattimento è anche noto come “Battaglia delle SS europee”, per il grande numero di volontari provenienti da Estonia, Norvegia, Danimarca, Olanda e Belgio che vi parteciparono – e che non mancano di onorare lo scontro in Estonia, essendo tali commemorazioni proibite negli altri Paesi dell’Unione.

Parate militari e celebrazioni di questo tipo non sono esclusivo appannaggio dei Paesi baltici. Anche in Ucraina, specie nella parte occidentale del Paese, si assiste ad un fenomeno parallelo: la marginalizzazione del contributo dato nella lotta di liberazione dal nazismo unitamente alla rivalutazione dell’apporto fornito alla Wehrmacht. In un piccolo centro nella regione di Leopoli, poco tempo fa, una strada è stata intitolata al Bataillon Ukrainische Gruppe Nachtigall. Unità speciale, formata nel febbraio ‘41, che si rese protagonista di incursioni a largo raggio nel territorio sovietico ed entrò a Leopoli il 29 giugno 1941 in uniforme nazista con mostrine gialloblu del colore della bandiera ucraina. Anche in questo caso, l’operazione è da intendersi in chiave contrappositiva prima ancora che celebrativa.

Tenendo conto del montante fenomeno filonazista (più che neonazista) in Est Europa, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha adottato una bozza di risoluzione promossa dalla Russia contro ogni forma di apologia del nazismo e contro l’intolleranza etnica e la xenofobia. Questa è stata appoggiata da 120 Stati nel Terzo Comitato dell’Assemblea. Ciò nonostante, 22 Paesi hanno votato “no” – tra cui significativamente i tre Stati baltici.

Anche alla luce della spaccatura in sede ONU, sembra al momento difficile disinnescare questo mix esplosivo composto da identità, frustrazione e insofferenza verso l’ingombrante vicino. Il sereno riconoscimento dei motivi e delle istanze dell’altro è l’unico iter che potrebbe portare in un futuro non troppo lontano ad un quadro valoriale condiviso e accettato dalle parti in causa, depotenziando tensioni e velleità revansciste. L’unilateralismo non paga, nemmeno quando applicato ai libri di storia.

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