Bruxelles – Durante l’Eurogruppo e il Consiglio europeo ECOFIN, che si sono svolti rispettivamente il 23 e il 24 gennaio scorsi, i Ministri della zona euro e di tutti e ventisette i paesi membri, hanno raggiunto un accordo concernente la modifica del trattato costitutivo dell’European Stability Mechanism (ESM), che prenderà il posto dell’European Financial Stability Facility (EFSF). Il ‘nuovo’ ESM conterrà le novità introdotte dai Vertici dei Capi di Stato o di Governo del 21 luglio e del 26 ottobre.

Il ‘fondo salva Stati’, che entrerà in vigore a luglio 2012, un anno in anticipo rispetto alle previsioni e andrà ad affiancare l’EFSF fino a fine giugno 2013, sarà dunque potenziato e avrà maggiori margini di flessibilità. Innanzitutto avrà facoltà di acquistare titoli sia sul mercato primario sia su quello secondario (solo in condizioni eccezionali e d’instabilità finanziaria), in secondo luogo avrà la possibilità di ricapitalizzare le istituzioni finanziarie che si trovano in difficoltà. Inoltre in situazione di emergenza potrà attivare le proprie risorse a maggioranza qualificata rinforzata, ovvero 85%, del Consiglio di amministrazione del fondo che sarà composto di rappresentanti degli Stati membri.

Per quanto riguarda la dotazione del fondo, i giorni scorsi hanno visto circolare diverse cifre. La verità è che la dotazione prevista per l’EMS è di 500 miliardi che, Germania permettendo, potrebbero diventare 750 nel periodo di coabitazione con l’EFSF (che ha 250 ‘miliarducci’ ancora in cassa). Vero è anche che per ciò che riguarda il Fondo monetario internazionale Mario Monti, ormai sempre più protagonista nel dibattito in corso in Europa, e Mario Draghi, presidente della Banca Centrale Europea, hanno fatto e stanno esercitando pressione affinché la Germania ‘ceda’ per un aumento di capacità del fondo. Se ne riparlerà marzo.

Durante le riunioni i Ministri hanno anche avuto uno scambio di opinioni per quanto riguarda il Trattato internazionale, che impone ai Paesi della zona euro vincoli di bilancio molto stringenti e che, come sappiamo, è il risultato del negoziato in corso tra i ventisei Paesi membri, Bce, Parlamento europeo e Commissione. La Gran Bretagna sta letteralmente a guardare (nel senso che prende parte alle negoziazioni come osservatore).  L’accordo politico definitivo dovrebbe essere raggiunto nel prossimo vertice tra i Capi di Stato e di Governo del 30 gennaio.

Ora che gli strumenti di rigore sono stati o stanno per essere concordati – si ricorda il Six Pack sulla governance economica e i due Regolamenti connessi al rafforzamento della sorveglianza in materia di politica di bilancio e fiscale, appunto l’ESM e il nuovo Trattato internazionale – la parola d’ordine è crescita. Questo il punto di vista dei ‘Marios’, Monti e Draghi, e di molti altri Paesi compresa la Gran Bretagna. Sì, perché se il rigore si fa a ventisei o a diciassette, la crescita invece si fa a ventisette.

Dunque il 30 gennaio certamente Cameron non si interesserà della parte riguardante il Trattato internazionale (ve lo immaginate se prendesse parte alle trattative all’ultimo minuto come verrebbe accolto in patria dalla parte ‘destra’ del partito conservatore?), dall’altra non è possibile per l’Europa tutta perdere un mercato come quello inglese quando si parla di crescita e occupazione. Anche un eventuale firma a ventisette con opt-out degli inglesi è poco verosimile. Proteste e ribellioni in patria Albione anche in quel caso.

Il prossimo 30 gennaio dunque verrà con ogni probabilità raggiunto un accordo sul Trattato internazionale che sarà firmato a marzo, poi inizieranno le ratifiche. Ma già con ogni probabilità anche a margine del vertice di fine gennaio la crescita sarà parte delle trattative. E i punti su cui ci si deve concentrare li ha indicati Mario Monti in Senato l’altro giorno. Rafforzamento del mercato unico, aumento dell’integrazione economica reale e della credibilità dell’enforcement delle norme europee di rigore. Le trattative includeranno naturalmente anche l’Inghilterra che, se dimostrerà maggiori doti diplomatiche rispetto a dicembre, non dovrebbe chiedere trattamenti speciali per il suo mercato finanziario, altrimenti tutti si sentirebbero autorizzati a fare altrettanto con i propri ‘pezzi forti’ e allora non solo addio crescita, ma anche mercato unico.

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