La fine della scorsa settimana, in particolar modo per il Capo dello Stato Giorgio Napolitano, è stata segnata dalla morte dell’ex Presidente della Repubblica, Oscar Luigi Scalfaro. “E’ stato un protagonista della vita politica democratica nei decenni dell’Italia repubblicana, esempio di coerenza ideale e di integrità morale. Si è identificato col Parlamento, cui ha dedicato con passione gran parte del suo impegno. Da uomo di governo, ha lasciato l’impronta più forte nella funzione da lui sentitissima di ministro dell’Interno. Da Presidente della Repubblica, ha fronteggiato con fermezza e linearità periodi tra i più difficili della nostra storia. Da uomo di fede, da antifascista e da costruttore dello Stato democratico, ha espresso al livello più alto la tradizione dell’impegno politico dei cattolici italiani, svolgendo un ruolo peculiare nel partito della Democrazia Cristiana. Mai dimenticando la sua giovanile scelta di magistrato, Oscar Luigi Scalfaro ha avuto sempre per supremo riferimento la legge, la Costituzione, le istituzioni repubblicane. In questa luce sarà ricordato e onorato, innanzitutto da quanti come me hanno potuto conoscere da vicino anche il calore e la schiettezza della sua umanità. Alla figlia Marianna, che gli è stata amorevolmente, ininterrottamente vicina, la mia commossa solidarietà”. Questo ha detto Napolitano appena saputo della notizia, per rendere omaggio alla scomparsa del senatore a vita, avvenuta nella notte fra sabato e domenica scorsi.
Momento cruciale della settimana per l’Inquilino del Quirinale è stato la firma del decreto sulle liberalizzazioni, ‘rivoluzione’ che da giorni sta scatenando aspre polemiche e manifestazioni anche al limite della legalità ma che l’attuale Governo ha voluto con forza. Nel sottoscrivere senza indugi il provvedimento dell’Esecutivo, Napolitano ha semplicemente confermato di essere coerente con la posizione di appoggio incondizionato nei confronti del lavoro del premier Mario Monti. Cosciente, il Presidente, di quanto passi così determinanti lascino impronte marcate sulla vita economica del Paese. “Un provvedimento che inciderà sulle infrastrutture”, ha commentato, senza dimenticarsi di un altro cambiamento che gli sta molto a cuore – la legge elettorale – e che il Parlamento sembra intenzionato a ignorare o far scalare il più possibile nell’agenda dei propri impegni: “Ho ragguagliato i presidenti delle Camere in merito ai colloqui avuti con le forze politiche”, è tornato a dire Napolitano. Ma a quanto pare – come detto – nonostante i solleciti della più alta carica dello Stato i rappresentanti delle due Camere non si dimostrano abbastanza ricettivi.
Napolitano, tuttavia, non si ferma di fronte ai tentativi di svicolare messi in atto da gran parte dei partiti politici, ai quali ricorda che “devono contribuire a creare le condizioni necessarie per un corretto funzionamento delle istituzioni e per un confronto politico più costruttivo e attento al bene comune, anche in una logica di semplificazione della rappresentanza e di alternanza al governo, di schieramenti in competizione tra loro”. Delle parole del Capo dello Stato va tenuto il debito conto anche alla luce del fatto che, proprio riguardo alla legge elettorale, l’ultimo rapporto Eurispes ha sottolineato che gli italiani vogliono il ritorno delle preferenze: “Nel 2010, infatti, l’83,1% del campione si dichiara favorevole a questa possibilità, e nel 2011, pur calando lievemente, la percentuale delle risposte affermative si assesta sull’80%. Nel 2012 la percentuale scende ancora di livello, ma pur sempre alto, del 78,2%”.
Oscillazioni a parte – senza dimenticare lo straordinario successo della raccolta firme (di cui il PLI è stato protagonista in primissima linea) svoltasi la scorsa estate a favore dell’abrogazione del cosiddetto Porcellum – il Presidente della Repubblica ha tirato in ballo “il logoramento di un equilibrio politico che, nonostante il sussidio più rigidamente maggioritario della legge elettorale del 2005, è stato scosso da contraddizioni interne alla alleanza di governo uscita vincente dalle elezioni e senza alcun dubbio dalle prove della crisi finanziaria globale e segnatamente di quella dell’Eurozona e dei debiti sovrani, tra i quali il nostro è risultato più esposto”. Un logorio politico, quello di cui parla Napolitano, che s’è dimostrato concausa “di un rischio di vero e proprio collasso finanziario pubblico” per il quale è stato necessario “ricorrere anche in Italia a soluzioni non rinvenibili entro gli schemi ordinari, evitando un improvvido, precipitoso scioglimento del Parlamento e avviando politiche ormai urgenti di risanamento finanziario e di riforma di non più sostenibili assetti economici e sociali”.
Mini-manifestazione ieri a Bologna, organizzata allo scopo di contestare il Presidente della Repubblica in visita nel capoluogo emiliano per ricevere una laurea honoris causa in Relazioni internazionali. Gli esagitati hanno anche bersagliato le forze dell’ordine con decine di uova. “Metto in guardia contro la pericolosità di reazioni a qualsiasi provvedimento legislativo – ha commentato in seguito Napolitano – che vadano ben al di là di richieste di ascolto e confronto e anche di proteste nel rispetto della legalità, per sfociare nel ribellismo e in forzature e violenze inammissibili. Le manifestazioni di dissenso e di protesta, se sono motivate e si esprimono correttamente, possono essere prese in attenta considerazione, altrimenti no”.
Nei giorni contrassegnati dal ricordo della shoah – l’olocausto messo in atto dai nazisti durante la seconda guerra mondiale – anche il Presidente è intervenuto affermando che “una scuola di memoria rappresenta il miglior antidoto a quei rigurgiti di negazionismo e antisemitismo, d’intolleranza e di violenza che, per quanto marginali, sono da stroncare sul nascere”. E ha anche ricordato – per rilevare l’importante contributo all’armonia globale fornito oggi dall’Unione europea – le parole pronunciate dalla Cancelliera tedesca Angela Merkel: “Se non avessimo l’Europa forse anche la nostra generazione si farebbe la guerra”.
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