Bruxelles – Lo scorso 30 gennaio si sono riuniti i Capi di Stato e di Governo dei 27 paesi membri dell’Ue e 25 di loro hanno firmato il cosiddetto fiscal compact il trattato sui bilanci; Inghilterra e Repubblica ceca sono rimaste fuori. Cosa c’è nel fiscal compact? Per prima cosa il pareggio di bilancio diventa una regola d’oro per i firmatari, che inseriranno l’obbligo dell’equilibrio dei conti nelle Costituzioni e che si sono impegnati ad azionare sanzioni “semiautomatiche” in caso di violazione. Inoltre i paesi con un debito pubblico superiore al 60% dovranno azionare un piano di rientro di 1/20 della parte di debito eccedente il 60.

In secondo luogo i Capi di Stato hanno dato il via libera al Fondo salva Stati permanente, European Stability Mechanism (ESM), che entrerà a pieno regime a luglio di quest’anno. L’accordo sul Trattato è stato poi tenuto in sospeso alcune ore dalla Polonia, che chiedeva di partecipare alle riunioni dell’Eurosummit (la “nuova” riunione dei Capi di Governo della zona euro prevista dal Trattato) pur non facendo parte dell’eurozona. Alla fine gli Eurosummit sono stati portati da due a tre all’anno e uno di questi sarà aperto ai paesi non-euro.

Oltre al Trattato è poi stato fatto un passo ulteriore e si è parlato di occupazione e di stimoli per la crescita. Nelle conclusioni dei Capi di Stato si legge che la “stabilità finanziaria e il consolidamento di bilancio sono condizioni necessarie ma non sufficienti per superare la crisi”. Rafforzamento del Mercato unico, piena applicazione della Direttiva servizi e un utilizzo pieno dei fondi strutturali Europei, compresi i fondi di garanzia in favore delle PMI (all’Italia dovrebbero andare circa 8 miliardi), sono le misure di cui i Capi di Stato e i Ministri delle finanze discuteranno nei prossimi Vertici di febbraio e marzo.

Queste le misure più importanti tra l’altro già note a tutti essendo sui giornali di tutto il mondo da giorni. Ma qual è lo scenario politico che ci consegna questo Trattato internazionale? Il duo Germania e Francia ha ottenuto quello che voleva ed è, con i tedeschi in testa, ancora la guida dell’intera Ue. Il risultato probabilmente è stato però raggiunto con una sorta di forzatura, nel senso che lo strumento del Trattato internazionale e i suoi contenuti lasciano più di un dubbio. Il Trattato infatti rende se possibile ancora più complesso il sistema normativo europeo da un lato, e manca di veri contenuti poiché quasi tutto era già previsto nel Six Pack e le novità potevano benissimo essere introdotte a livello di legislazione comunitaria. Da ricordare che Francia e Germania sono sull’orlo di una campagna elettorale che li spinge a volte a essere troppo prudenti (la Germania non ha ancora accettato l’innalzamento dei cosiddetti firewalls per far finalmente fronte alla crisi dei debiti sovrani) e a volte poco realisti in nome appunto del seggio elettorale di casa (la Francia avanza proposte poco realistiche come la tassa sulle transazioni finanziarie).

Sul fronte tricolore invece la situazione è migliorata. L’Italia guadagna ogni giorno terreno rispetto alla vetta franco-tedesca a scapito dei transalpini. Mario Monti è ormai affermato leader Europeo e sarà un punto di riferimento per i prossimi passi sulla crescita e sull’aumento di competitività dell’intera Ue. La migliore situazione dell’Italia e dei suoi titoli di debito pubblico sta arginando la paura del contagio, ma sta mettendo in un angolo sempre più lontano i già periferici Grecia e Portogallo incapaci di risolvere le loro situazioni interne.

L’Inghilterra invece che si pavoneggiava del veto di inizio dicembre, ora deve fare i conti con il timore di essere lasciata a margine delle decisioni che contano soprattutto nei confronti del Mercato unico. Tuttavia la sua importanza nell’economia dell’Ue è tale per cui avrà un peso determinante nelle future scelte per la crescita e lo sviluppo e c’è da scommettere che sarà pronta a porre un’altro veto, questa volta in compagnia di Svezia, Danimarca e altri, se si toccherà il mercato finanziario.

Dunque il quadro è tutt’altro che unitario e semplice a dispetto dei 25 assensi su 27 al Trattato internazionale, che evidentemente per aver ottenuto un così largo consenso in così poco tempo – e come già sottolineato – non ha introdotto grandi novità per gli Stati membri, ma è sembrato piuttosto un esercizio politico atto a imporre un regime di bilancio tedesco a tutta l’Europa.

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1 COMMENTO

  1. D’accordo con l’analisi ma non senza riserve. Non so perché, ogni volta che la stragrande maggioranza dei membri UE si mette d’accordo, si dia quasi piú rilievo a quei pochi – e noti – che restano fuori. Inoltre, va da sé che la decisione del vertice è un fatto politico, ma é quel che ci si aspetta da una riunione di Capi di Stato e di Governo. il resto va sviluppato a partire da quel fatto, ai livelli tecnici che non mancano. Può darsi che la decisione del vertice in futuro sia vanificata nei fatti, ma cosa scriveremmo oggi, quante vesti ci stracceremmo, se a Bruxelles non ci fosse stato accordo? Infine, continuo a non capire cosa si rimproveri alla Germania (e accessoriamente alla Francia, che pare di moda bacchettare): una politica di rigore di bilancio? E perché dovrebbe essere il colpevole frutto delle imminenti elezioni nei due Paesi? Ma non é quello che ogni persona sensata considera imprescindibile per evitare mali anche peggiori degli attuali, che sono frutto, appunto, di una politica di rilassatezza fiscale?

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