La settimana appena trascorsa è stata densa di significati per quanto potrà avvenire in un prossimo futuro. L’incontro di Monti con i rappresentanti delle tre aree politiche che lo sostengono, è servito ad assicurare al Presidente che il terreno parlamentare sul quale si muove si va consolidando. Una ulteriore conferma gli è arrivata inoltre dall’intervista di Berlusconi all’Economist, che, sia per la sede, un giornale che lo ha sempre attaccato, sia per la chiarezza di alcune affermazioni, rappresentano per l’attuale Governo un viatico sicuro, anche se a determinate condizioni.
Le conseguenze si sono viste immediatamente sul campo. L’Esecutivo, dopo aver imposto misure che sicuramente risultavano poco gradite all’elettorato del PDL, (IMU e liberalizzazioni) ha chiarito in modo netto, che intende andare avanti sulla riforma del lavoro e che l’Art. 18 andrà sicuramente riformato, con buona pace dei sindacati e di quella parte del PD, che ne segue la linea conservatrice. In tal senso il silenzio della Camusso è stato assordante e si profila un isolamento della CGIL, analogo a quello che ha dovuto subire la FIOM nella vicenda Fiat.
Anche la risposta del Ministro Severino, alla scomposte reazioni del Presidente dell’AMN Palamara, è stata molto chiara: l’emendamento sulla responsabilità civile dei Giudici potrà essere modificato, ma non cancellato. In pratica ha chiarito che, la strada imboccata con il voto d’aula della Camera, è senza ritorno, sapendo che quello della Giustizia, dopo l’Economia, è l’altro grande terreno sul quale si misurerà la credibilità del Governo (così detto) tecnico.
In sostanza Monti intende andare avanti su una linea decisionista per realizzare le riforme di cui il Paese ha bisogno, raccogliendo alternativamente suggerimenti dai due maggiori partiti, o, in egual misura, scontentandoli. Il presupposto su cui si basa un tale equilibrio precario, ma, forse anche per tale ragione, più solido, è che chi dovesse decidere di staccare la spina ad un Esecutivo, forte del prestigio internazionale riacquistato, si assumerà la responsabilità di scaraventare di nuovo il Paese nel baratro, con imprevedibili reazioni dei mercati e dei cittadini.
Si profila in tutto questo l’ipotesi di un lungo periodo di Grosse Koalition alla tedesca, che potrebbe proseguire anche nella prossima legislatura, in considerazione dei tempi ancora lunghi, prima che la crisi possa venire superata e della necessità di procedere con una politica di riforme, che potrebbero determinare diffuse aree di scontento.
Si spiega così il senso dell’intervista di Berlusconi, il quale ha ribadito che lascerebbe il passo, come candidato Premier, all’enfant prodige Alfano. Tale scelta, ovviamente, muove dalla convinzione che il suo partito finirà col perdere il confronto elettorale, ma che egli rimarrebbe il capo carismatico di uno dei soggetti fondamentali della coalizione, anche nella prossima legislatura, per difendere i propri interessi.
Condizione per la realizzazione di un tale disegno sarebbe un ritocco della Legge elettorale, che si limiterebbe ad eliminare il premio di maggioranza e, possibilmente, ad alzare gli sbarramenti per escludere le forze minori. Questo garantirebbe alle tre maggiori forze oggi in campo di essere ugualmente essenziali per garantire i futuri equilibri.
Molte sono, ovviamente, le variabili che potrebbero far fallire tale disegno, comprese le scelte cui è chiamata nelle prossime settimane l’Europa, che avranno una ricaduta non secondaria sul nostro Paese, principalmente sotto il profilo della rapidità della necessaria ripresa economica, o di un aggravamento dei problemi.
Inoltre una nube molto scura aleggia sull’intero pianeta per l’aggravarsi della crisi medio orientale. Si è aperta una palese divaricazione tra L’Amministrazione Americana ed Israele, per l’ostinazione con la quale il Governo di Gerusalemme continua a rifiutare i ripetuti inviti di Obama a pervenire ad una pace con i palestinesi. In effetti Netanyahu teme, non senza fondate ragioni, il pericolo di un attacco iraniano, se questo Paese dovesse in breve tempo riuscire a dotarsi dell’arma nucleare. Israele sta pertanto valutando persino l’ipotesi di un attacco preventivo per distruggere gli impianti nucleari dell’Iran, guidato dal fanatico Ayatollah Khamenei.
Venti di guerra in Medio Oriente avrebbero conseguenze catastrofiche per il Mondo intero e particolarmente per l’Europa, che, di fronte ad una prevedibile crisi petrolifera, per la chiusura dei pozzi dell’area, si troverebbe a dover pagare una bolletta energetica insostenibile e quasi interamente dipendente dal gas russo.
L’economia italiana, già indebolita dalla crisi in atto, ne potrebbe uscire in ginocchio.
Tutto questo militerebbe a favore di una coalizione molto ampia, in grado di fronteggiare problemi enormi, come quello di dover cambiare radicalmente la politica in campo energetico, cominciando da un forse ormai troppo tardivo ripensamento della scelta antinucleare – recentemente ribadita da una consultazione referendaria – ma dovendo comunque ricorrere ad un vasto programma basato sulle energie alternative, il cui sviluppo ci vede molto indietro rispetto a Nazioni, come la Germania, che, pur con un fortissimo apparato nucleare, hanno una percentuale di solare ed eolico dieci volte superiore al nostro.
Probabilmente la consapevolezza di scenari complessi e delicatissimi, come quelli sopra accennati, ha indotto le forze politiche italiane ad una maggiore prudenza.
Tutto questo non basta a far dimenticare che esse hanno dimostrato di non essere all’altezza del loro compito, tanto da aver portato l’Italia sull’orlo del burrone.
Se i liberali, i laici, i riformatori, vorranno avere un ruolo, non possono permettersi timidezze o aspettare ancora.
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