Le elezioni parlamentari di fine anno in Ucraina concluderanno un periodo decisivo per le sorti del Paese, alle prese con le crescenti tensioni dovute all’isolamento internazionale, al rischio di perdita di controllo del GTS (Gas Transport System), alla stessa indipendenza economica sempre più in questione. Numerosi sondaggi mostrano un evidente disaffezionamento nei riguardi del partito che ha espresso l’attuale presidente Viktor Janukovič, il filorusso Partito delle Regioni. Il Centro Razumkov ha diffuso dei dati nel dicembre 2011, da cui si evince un lento riorientamento dell’elettorato dal Partito delle Regioni (crollato al 13,9% dei consensi tra gli intervistati) ad altre formazioni, fra cui il ‘Patria’ guidato da Julija Tymošenko (per il quale voterebbe il 15,8% del campione). Tenendo conto del sistema elettorale e dell’alleanza siglata fra il ‘Patria’ e il ‘Fronte per il cambiamento’ (la cui popolarità si attesta sul 10%), l’attuale opposizione parlamentare potrebbe riuscire a formare un blocco di maggioranza.

Gli esiti delle elezioni parlamentari dispiegheranno i loro effetti non solo all’interno del Paese, ma anche in politica estera.  In un suo contributo per il portale ‘Delfi’, l’analista dell’Istituto per la cooperazione euro-atlantica di Kiev Vadim Gorbač ha posto l’accento sull’attenzione che da Occidente verrà riservata alla correttezza e regolarità della prossima tornata elettorale. Ovviamente, osservato speciale sarà il quartier generale del Partito delle Regioni, sulla scorta di quanto accaduto nel 2004 quando lo scontro fra Janukovič e Viktor Juščenko sfociò nella celeberrima Rivoluzione arancione. In caso di nuovi brogli “le elezioni del 2012 saranno certamente dichiarate illegittime dalla comunità internazionale”, ha affermato Gorbač. Possibili conseguenze potrebbero essere l’accentuamento dell’isolamento internazionale del Paese e un incrudelimento nei rapporti con l’Occidente. L’analista ha proseguito: “La Bielorussia ha già sperimentato queste dinamiche. Il progressivo distacco dal mondo civile non può che giovare alla Russia, in grado di rafforzare il suo potere negoziale sia nei riguardi di Lukašenko (presidente bielorusso) che verso Janukovič”.

Non è solo il quadro politico a turbare i Piccoli Russi. Nel 2012, l’Ucraina potrebbe perdere lo strategico controllo sulla rete di gasdotti che trasporta il gas russo verso l’Europa. Il direttore del Centro dei programmi energetici Nomos, Mihail Gončar, non ha escluso che il governo ucraino abbia già accettato i diktat moscoviti e stia sondando l’opinione pubblica per l’eventuale cessione del GTS alla Gazprom. A tale proposito, il deputato del Partito delle Regioni Vasilij Kiselev ha proposto in Parlamento di revocare il divieto di alienazione del GTS statale, adducendo a motivazione: “Se entro tre mesi non riusciremo a trovare un accordo per l’utilizzo congiunto del GTS con la Russia, sei mesi dopo l’inizio della costruzione del South Stream ci ritroveremo a supplicare i russi di rilevare gratis il sistema”. La prospettiva è catastrofista, ma ha il pregio di tener conto dei recenti sviluppi nella geopolitica del gas russa. Le due punte corazzate Nord Stream (già operativo) e South Stream (in predicato) potrebbero scardinare rendite di posizione acquisite in decenni, chiudendo l’Ucraina in una sacca senza alcun valore geostrategico e giungendo direttamente al cuore dell’Europa bypassando infidi alleati ed ex vassalli. Discorso diverso, specie in ottica South Stream, se Gazprom ottenesse il controllo del sistema di trasporto ucraino sulla scorta di quanto già ricevuto dalla Bielorussia. Solo allora cadrebbe la necessità di un nuovo gasdotto meridionale. Mosca e Kiev stanno discutendo da diversi mesi senza però essere approdate a una soluzione, così come prosegue il braccio di ferro sulla revisione dei contratti del gas firmati da Vladimir Putin e da Julija Tymošenko nel 2009. Nel primo trimestre del 2012 il gas russo per l’Ucraina costa 416 dollari per mille metri cubi contro i 400 dollari nell’ultimo trimestre del 2011. Nel secondo e terzo trimestre di quest’anno, il prezzo crescerà ancora fino a 418 dollari. I Piccoli Russi vorrebbero una riduzione di prezzo, che i Grandi Russi sarebbero disposti ad accordare – guarda caso – in cambio di una fusione tra Gazprom e Naftogaz e della cessione del sistema di gasdotti.

Nel frattempo, gli ucraini sono costretti a giocare la partita disperata su più tavoli, cercando fornitori alternativi di gas e tentando di entrare nel mercato del GNL costruendo un rigassificatore vicino a Odessa. Per il suo sfruttamento, è stato firmato un accordo con l’Azerbaigian che prevede una fornitura annua di almeno 15 miliardi di metri cubi di gas. Nei progetti ucraini, tale accordo ha il considerevole vantaggio di portare a una maggiore diversificazione degli approvvigionamenti energetici (che già contemplano Romania e Turchia), ottenuta vieppiù utilizzando sistemi di tubazioni già esistenti. Resta da verificare se e dove Baku possa trovare il gas promesso, considerati i contratti già in essere e visto l’accordo siglato con la Federazione Russa.

Le conseguenze di questo risiko energetico vanno ben oltre il semplice ambito economico. Secondo Gorbač, l’eventuale cessione del GTS alla Russia comporterebbe per l’Ucraina non solo la rinuncia al controllo di un importante strumento impattante sulla sicurezza nazionale, ma anche – de facto – il commissariamento della maggior parte degli impianti industriali energivori, che si troverebbero sotto il perenne scacco del potente vicino. Quindi “l’Ucraina avrà solo una sovranità decorativa e formale, perdendo il diritto di affrontare e risolvere i propri problemi, anche nella politica interna”.

La postura strategica ucraina, fatta di ammiccamenti ad ovest e corteggiamenti ad est, si sta dimostrando pericolosa. La rimodulazione delle aree di influenza esteuropee, congiuntamente all’implementazione di nuove vie energetiche, rischia di avere effetti concreti e duraturi su quei Paesi che hanno fatto della loro collocazione ‘cuscinetto’ fra Europa e Federazione Russa un asset strategico, rendendoli improvvisamente superflui e marginali sulla scena.

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1 COMMENTO

  1. Articolo molto interessante, esatto e quasi completo.
    Nel 2004 io ero uno dei 1500 osservatori OCSE inviati in Ukraina per controllare il corretto svolgimento delle elezioni poi vinte da Jushenko e i temi discussi erano questi, oltre al destino della base navale russa a Sebastopoli.

    Tuttavia bisogna anche considerare il prezzo pagato dall’Ukraina per il gas russo comparato a quanto pagano altri paesi riforniti dal Nord Stream e da altri gasdotti.
    Nel contesto dei prezzi internazionali, come si colloca il prezzo pagato alla Russia dall’Ukraina?

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