Giovedì 4 maggio in Inghilterra si è chiesto agli elettori, tramite referendum, se volessero cambiare il sistema di elezione per la camera dei deputati, oggi governato dal cosiddetto First Past The Post (FPTP) ovvero il nostro collegio uninominale, con il sistema di voto alternativo (Alternative Vote). In questa struttura l’elettore dovrebbe scegliere il suo candidato preferito per poi fare una sorta di classifica segnando ulteriori preferenze. 12.6 milioni di persone sono andate a esprimere la loro opinione e la maggioranza di loro ha messo un segno sulla casella del “no”.

Il sistema di voto alternativo si distingue perché quando nessuno degli  ipotetici candidati raggiunge il 50% delle preferenze si apre un particolare sistema di ridistribuzione e di ricalcolo delle preferenze. Secondo questo marchingegno elettorale l’ultimo candidato “classificato” viene eliminato dalla graduatoria e i suoi voti ripartiti tra gli altri candidati in base alle seconde preferenze riportate sulle schede. Quest’operazione viene ripetuta finché uno dei candidati in lizza non riesce a raggiunge la maggioranza.

L’elettorato Inglese ha optato per rimanere con il collegio uninominale e il “yes” dei Tories a dei Lib-Dems al referendum è stato sconfitto ottenendo il 32% contro il 68 dei “no” appoggiato ovviamente dai Labour. Oltre al referendum da notare anche il risultato deludente dei Lib-Dem nelle amministrative del nord Inghilterra.

Il dato politico che emerge da questi elementi è che il partito di Nick Glegg sta perdendo consensi e c’è chi addirittura aveva ipotizzato la sua uscita dalla coalizione di governo in caso di esito negativo del referendum, in quanto punto fondamentale del programma elettorale dei liberali inglesi. Ciò non accadrà assicura il suo leader, ma, stando a quanto dice il Guardian sicuramente non filo governativo ma comunque fonte attendibile, il partito di Clegg ha perso un terzo dei voti da inizio 2010, almeno 550 councillors (assessori) sono stati sostituiti e il partito è stato tagliato fuori da governi in città chiave come Newcastle e Sheffield.

Che i Lib-Dem avessero deluso i propri elettori entrando in coalizione di governo nel giugno 2009 era notorio, ma la sensazione che si ha è che il referendum sia stato una sorta di mini elezione nazionale, o peggio ancora un referendum su Glegg stesso. Ora è necessario che il leader liberale affronti la situazione concentrandosi sull’attuazione del resto del programma, ma senza dimenticarsi di affrontare il problema della perdita di consenso o rischia di veder compromesso, alla prossima tornata elettorale, l’ottimo risultato ottenuto alle scorse elezioni.

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1 COMMENTO

  1. E’ un vero peccato che il referendum sul “voto alternativo” sia fallito. Questo sistema è senza dubbio il più razionale e democratico di tutti, infatti è praticamente sconosciuto ed è usato, fra le grandi democrazie, solo in Australia. Il PLI dovrebbe sostenerlo. Colgo l’occasione per deprecare il malvezzo, purtroppo assai diffuso, di usare i termini Inghilterra e inglese invece di Regno Unito e britannico.

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