In Pakistan va tutto male. La sua situazione economica è catastrofica. Il Paese è sempre più paralizzato dalla mancanza di gas e di elettricità, che impedisce alle imprese di girare. Politicamente le cose non vanno meglio con un Primo Ministro messo sotto accusa dalla Corte Suprema. La crisi del regime è grave anche se i generali pachistani, come i loro omologhi egiziani, invece di prendere il potere, preferiscono controllare chi lo esercita, arrivando a portarlo davanti ad un tribunale quando non sono contenti di lui.

La “guerra” aperta tra il Governo, la Corte Suprema e l’esercito paralizza totalmente il funzionamento dello Stato ed occupa, a scapito dei problemi urgenti ed essenziali, il tempo e la mente dei governanti. Ogni giorno, per strada corre voce di un improbabile colpo di stato militare contro un governo altamente impopolare pur essendo stato eletto democraticamente nel 2008. L’esercito, che ha governato il Paese per metà della sua esistenza, apparentemente non desidera prendere le redini di uno Stato alla deriva. Il suo capo. Il generale Kayani, messo in causa per l’umiliazione subita dal raid americano che ha ucciso Osama Bin Laden, preferisce più furbamente  far agire la Corte Suprema. Il Presidente della maggior istanza giuridica del Paese non nasconde la sua ostilità nei confronti del Capo dello Stato Asif Ali Zardari e del Governo. La sua sollecitudine nel complicare il compito del Primo ministro desta qualche sospetto. Ricordiamo che il Primo Ministro Gilani è stato accusato di oltraggio dalla Corte in un caso di corruzione, chiamato “memogate”, che vede coinvolto anche il Presidente Zardari  accusato di aver chiesto nel 2011 il sostegno degli Stati Uniti per contenere l’esercito. In un Paese dove l’opinione pubblica è anti americana, se l’accusa fosse provata, si arriverebbe a parlare di alto tradimento.

La situazione economica  si aggrava di giorno in giorno. Fiore all’occhiello dell’economia, l’industria tessile (60% del valore delle esportazioni del Paese) è disastrata. I tagli di energia elettrica, che vanno dalle 6 alle 18 ore al giorno, hanno avuto la meglio sull’attività centrale delle due provincie più popolate del Paese, il Pendjab e il Sind. Quasi la metà delle 2000 fabbriche del Pendjab hanno già chiuso, mettendo per strada 500 mila operai. Le carenze reali, come quelle di gas, o provocate (ci sono state gravi inondazioni negli ultimi due anni), come succede per  lo zucchero o la farina, sono ormai comuni per una popolazione che non può fa altro che tentare di sopravvivere. L’inflazione a due cifre ha minato la classe media e ridotto all’estrema povertà centinaia di migliaia di “già poveri”. I servizi pubblici sono decadenti. Un terzo dei bambini pakistani non va a scuola. Il sistema sanitario è più che precario. La degradazione della sicurezza è arrivata ad un punto tale che il rapimento di operatori umanitari stranieri da gruppi sedicenti mafiosi o estremisti politici è all’ordine del giorno. Anche i “ricchi” vengono rapiti, in pieno giorno, ad Islamabad. Più di 1500 persone sono state uccise lo scorso anno a Karachi. In tutte queste forme di violenza, il ruolo delle forze di sicurezza o dei partiti politici rimane ambiguo. E’ difficile distinguere oggi in Pakistan i nemici dagli amici.

Questa ambiguità la ritroviamo nelle relazioni internazionali e interregionali. Il Baluchistan, la più grande provincia del Pakistan e la più ricca in minerali, è in preda ad una ribellione nazionalista armata che ogni settimana fa decine di vittime. Le zone di frontiera con l’Afghanistan sono in mano di estremisti islamici, i tristemente famosi talebani pakistani (TTP), considerati come la minaccia principale per la sicurezza nazionale. Secondo un adagio famoso in Pakistan, il Paese viene definito per le sue tre A: Allah, Armata, e America. Oggi le relazioni con la terza A ha toccato. Malgrado i miliardi di dollari versati in questi 10 anni per il Pakistan dagli USA, il sentimento anti americano non è mai stato così forte e ci vorrà molto tempo perché si ricomponga una parvenza di fiducia tra i due Paesi. E’ di pochi giorni fa la dichiarazione dell’Ambasciatrice pakistana negli Stati Uniti, che chiede cooperazione, non dipendenza. Islamabad  oggi vuole fondare le sue relazioni con Washington su veri rapporti bilaterali, da pari a pari. La dipendenza di Islamabad nei confronti di Washington nel corso di questi ultimi 10 anni ha portato ad una politica egemonica della Casa Bianca nei confronti del Pakistan. Musharraf aveva bisogno di soldi ed ha lasciato fare. Oggi l’opposizione non la pensa più così.

E’ un momento estremamente delicato. L’alleanza con gli Usa è superata? Cominciata nel 1953 con un accordo bilaterale diretto ad ogni aggressore comunista, sancita nel 1954 con il Trattato di Manila dove otto Paesi avevano creato la SEATO, versione asiatica della NATO. Da allora Islamabad non ha mai mancato “rispetto” a Washington, anche quando l’Armata Rossa affrontava i mujaheddin afghani sostenuti dall’esercito pakistano. Oggi,  quell’esercito  dovrebbe sostenere gli USA nella lotta ai Talebani, ma i generali  non approvano e si perdono nei dettagli. Gli americani vanno contro i loro interessi nazionali. Islamabad sta cercando altri “amici”? La Cina è già da tempo attiva in Pakistan. Per essere stato uno dei primi Stati a rompere con  i Nazionalisti cinesi e a riconoscere la Cina popolare nel 1950, il Pakistan ha spesso beneficiato delle sue “premure”. Sul piano strategico, il Pakistan rappresenta per la Cina un’alleanza preziosa contro l’India, rivale non solo economico, ma anche militare. Detentore della bomba nucleare, il Pakistan non può essere abbandonato alla sua sorte. Non dimentichiamoci poi che i suoi due vicini, India e Cina, sono ugualmente in possesso dell’arma nucleare e che un terzo paese frontaliero, l’Iran, potrebbe ottenerla in un futuro prossimo. Mentre la comunità internazionale nasconde malamente la sua fretta di lasciare la regione dopo 10 anni di impegno che gli è costato caro sia umanamente che economicamente, sarebbe pericoloso lasciare che 187 milioni di pakistani tentino di risolvere da soli un’eredità della quale non sono i soli responsabili. Non possiamo pensare che gli USA vengano tagliati fuori dai giochi. Troppo pericoloso.

Il Pakistan ha autorizzato la NATO il 14 Febbraio ad utilizzare il suo spazio aereo per portare medicine e viveri alle sue truppe di stanza in Afghanistan, continuando però a vietare gli approvvigionamenti via terra. Islamabad blocca il passaggio sul suo territorio di camion dell’ISAF dopo che il 24 Novembre scorso, 24 suoi soldati sono stati “accidentalmente” uccisi dagli alleati NATO, alla frontiera afghana, disgelo? Non proprio perché  queste ultime ore hanno visto la visita ufficiale ad Islamabad del Presidente afghano Karzai, nonostante i legami con Islamabad si fossero deteriorati dopo l’assassinio a Settembre del vecchio Presidente ed emissario di pace afghano Rabbani. Kabul aveva accusato della sua morte i potenti servizi segreti pakistani (da sempre, si dice,collusi con i talebani) gelando Islamabad. Terzo attore di questo mini summit è Arhmadinejad che ha già denunciato le interferenze “straniere”, responsabili secondo lui di tutti i problemi della regione.

Il Pakistan dunque, alleato (ancora, forse) degli Americani e storicamente “vicino” ai talebani che li combattono in Afghanistan, ha negato fare il doppio gioco per preservare gli interessi strategici in quella zona. La visita di Ahmadinejad (già legato economicamente al Pakistan per i rifornimenti di gas del quale ha necessità assoluta e con il quale si sta collegando con un pipleine in costruzione nonostante l’embargo occidentale) è ufficialmente volta a rafforzare la cooperazione tra le tre Nazioni: “i problemi di una regione vanno risolti a livello di quella regione”. Sebbene ci siano da Dicembre dei contatti anche tra Kabul, Washington (come capo dell’ISAF) e talebani, questo processo complicato non è che allo stadio embrionale. Il quadro precario e molto aleatorio della situazione pakistana non va sottovaluto. La popolazione estenuata odia il nemico americano, ma odia altrettanto il Governo, giudicato corrotto e senza alcuna capacità strategica. Il Pakistan, fragile potenza nucleare, non smette di preoccupare il Mondo.

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