La settimana scorsa dodici Capi di Stato hanno firmato un documento per la crescita, sviluppato in otto punti e indirizzato ai colleghi del Consiglio europeo, che si sta svolgendo in queste ore di venerdì 2 marzo. Nella lettera, intitolata “Un piano per la crescita in Europa”, si elencano i punti considerati fondamentali per il completamento del mercato unico europeo e si considera l’austerity come un punto necessario ed essenziale per iniziare una seconda fase, quella appunto della crescita, ma che non deve ormai più essere da ostacolo ad essa.

Per raggiungere un mercato unico più completo, dicono i leader europei, è necessario agire su più fronti aumentando gli sforzi in varie direzioni. Innanzitutto si deve cominciare dal settore dei servizi e dell’Agenda Digitale, passando per la costruzione di un settore dell’energia efficace ed efficiente e il rafforzamento dell’innovazione e della ricerca, per finire con una maggiore apertura verso i mercati di Paesi terzi e la costruzione di un mercato del lavoro più funzionale alle nuove esigenze e che proponga modelli più sostenibili.

Nell’elenco delle firme non comparivano né Germania né Francia, ma erano ben visibili quelle dei promotori dell’iniziativa: Monti, Cameron e il Primo Ministro Olandese, Mark Rutte. Nell’elenco dei firmatari sono presenti anche Stati fino ad ora apparentemente esclusi dal dibattito sul futuro dell’Europa, come Lettonia, Estonia, Repubblica Ceca. Paesi della zona euro e Paesi con altre valute e ‘triple A’ (Svezia e Olanda). Un gruppo apparentemente eterogeneo, che fino ad ora secondo l’opinione pubblica aveva in comune soltanto il fatto di sedersi allo stesso tavolo per proteggere i propri interessi nazionali, ma che ora è arrivato a condividere, sulla spinta del Premier Mario Monti, un obiettivo unico, quello del rafforzamento del mercato unico e della crescita. Il centro della scena ora non è più franco tedesco.

La Germania, infatti, qualche giorno fa ha dato il suo via libera alla tranche di aiuti alla Grecia e si è ritrovata con una coalizione di governo indebolita. La Cancelliera ha visto passare il ‘sì’ agli aiuti per Atene grazie al supporto dell’opposizione e ha dovuto registrare la defezione di una decina di suoi deputati, tra cui un esponente del governo che ha sottolineato come la Grecia starebbe meglio fuori dalla zona euro. Ora che Sarkozy, in parte sostituito da Monti in parte impegnato nelle elezioni politiche, è ai margini dell’arena europea e che gli Stati Membri hanno impegnato mesi e mesi a discutere e vidimare riforme tedesche del sistema economico, la Germania non ha più la posizione dominante che aveva in precedenza.

La differenza la può fare ancora una volta Mario Monti che ha le competenze e i crismi adatti per aprire il dialogo sul tema della crescita con Paesi come Inghilterra, Svezia e Olanda che fino a ora hanno giocato al fianco dei tedeschi. La fine del binomio franco-tedesco non significa che i due Paesi più importanti dell’Europa debbano essere esclusi e puniti per quello che fino ad ora hanno imposto all’Unione. Anzi gli Stati membri dovrebbero esser loro grati per la spinta verso un sistema economico europeo più sostenibile e rigoroso. Ora però è tempo di aprire una nuova fase che vada oltre i diktat e gli interessi nazionali e che si concentri sui temi della crescita. Come ha detto Mario Monti nel suo intervento al Parlamento europeo “il peggior rischio da evitare è che l’euro” e l’Europa, aggiungiamo noi, “diventi(no) motivo di divisione e disgregazione”.

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1 COMMENTO

  1. Le constatazioni dell’Autore sono esatte ed é motivo di soddisfazione vedere il nostro Presidente del Consiglio come ispiratore di una fase ulteriore e necessaria dell’azione europea. La sua esperienza come responsabile del Mercato Unico alla Commissione UE gli ha senza dubbio fornito competenza e autoritá per questo. Ma attenti a non dare per liquidato prematuramente il duopolio franco-tedesco. Puó essere oscurato da circostanze contingenti, e resta l’incognita della politica europea dei due Paesi dopo le rispettive elezioni, ma é fisiologico che tenda a riproporsi. Come scritto piú volte, una forte intesa franco-tedesca é utile e, anzi, vitale, come storica base dell”Europa e quindi non ci deve offuscare; la sua capacitá di imporre scelte univoche puó peró e deve essere corretta dalla partecipazione di altri grandi Paesi europei, come l’Italia , la cui effettiva capacitá d’azione é peró condizionata dalla serietá, credibilitá e costanza dei suoi impegni e delle sue iniziative, oggi garantite da Mario Monti, ma scarse nel passato e nel futuro soggette alle alee elettorali del 2013. Quanto all’Inghilterra, che militi per la piena realizzazione del Mercato Unico é ovvio: questo é da sempre il suo obiettivo e la sua stessa ragione di essere in Europa, ma per il resto resterá sempre automarginalizzata ed efficace solo nell’azione di freno a qualsiasi serio avanzamento istituzionale che faccia dell’Union Europea quello che dovrebbe essere.

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