Lo scorso 5 marzo la Commissione europea ha presentato uno studio che mostra i numeri relativi alla presenza delle donne nei più importanti consigli di amministrazione d’Europa. Questa relazione mostra che la presenza delle donne ai vertici delle principali società europee è di appena il 13,7% (un consigliere su sette). Sebbene il risultato sia lievemente migliore rispetto all’11,8% del 2010, procedendo a questo ritmo ci vorranno ancora quarant’anni per raggiungere un equilibrio tra uomini e donne come previsto nell’agenda Europa 2020.
I dati attualmente disponibili mostrano che l’equilibrio di genere ai vertici aziendali incide positivamente sulle prestazioni delle imprese, sulla competitività e sui profitti. In uno studio della McKinsey si legge, infatti, che le società con rappresentanza paritaria realizzano profitti del 56% superiori rispetto a quelle a conduzione unicamente maschile.
Insieme allo studio sopracitato, la Commissione europea ha avviato, sempre il 5 marzo scorso, una consultazione pubblica sui possibili interventi a livello dell’Unione, tra cui misure legislative, per individuare il miglior metodo per ridurre il divario di genere tuttora esistente ai vertici delle società europee, in modo da riequilibrare la rappresentanza uomo-donna nei consigli di amministrazione. Sulla scorta dei pareri raccolti con la consultazione, che scade il 28 maggio 2012, la Commissione deciderà come intervenire nel corso dell’anno.
La relazione sull’equilibrio di genere nei consigli di amministrazione fotografa la situazione a un anno esatto dall’appello della Commissaria europea alla Giustizia, Viviane Reding, che invitava gli Stati membri a sottoscrivere, su base volontaria, un impegno formale per più donne alla guida delle imprese europee. Un anno fa, infatti, la Commissaria chiedeva alle società europee quotate in borsa di impegnarsi a portare le quote ‘rosa’ nei consigli di amministrazione al 30% entro il 2015 e al 40% entro il 2020. Negli ultimi dodici mesi hanno però aderito all’iniziativa appena ventiquattro società in tutta Europa e i risultati, come abbiamo visto, non sono molto brillanti.
Da parte sua la Commissaria Reding si è detta invece abbastanza ottimista per quanto riguarda gli obiettivi futuri e ha sottolineato come “la scarsa presenza delle donne ai vertici aziendali impedisce all’Europa di essere competitiva e di crescere economicamente. Per questo motivo diversi Stati membri, tra cui Belgio, Francia, Italia, Paesi Bassi e Spagna, cominciano a porsi il problema introducendo leggi sulle quote rosa nei consigli di amministrazione. In Danimarca, Finlandia, Grecia, Austria e Slovenia sono state adottate norme sulla parità di genere negli organi di governo delle società statali. Le quote ‘rosa’ non suscitano il mio entusiasmo, ma i risultati mi piacciono”.
Dunque ora la Commissione sta chiedendo alla società civile europea (aziende, sindacati, organizzazioni non governative e privati cittadini) di aiutarla ad attuare al meglio una futura legislazione in materia, fornendole il maggior numero di informazioni in modo da poter centrare meglio il bersaglio prefissato ovvero quello di equiparare la presenza uomo-donna nei consigli di amministrazione.
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