E’ un ‘delfino’ spiaggiato, che annaspa muovendo disperatamente la pinna caudale cercando di tornare in acqua. Una creatura da libro fantasy nata da un incantesimo di Berlusconi. Parliamo ovviamente di Angelino Alfano, segretario del Popolo della Libertà, democristiano d’origine ed enfant prodige della politica italiana. Partito dalla Magna Grecia, l’ex guardasigilli ha attraversato la Penisola fino ad Arcore, stabilizzandosi in seguito a Roma.
Da numero uno di via Arenula si è fatto notare in primis per la giovane età (a 37 anni titolare del ministero con sede a Palazzo Piacentini) e poi per il famigerato ‘Lodo Alfano’ (legge 124/2008 inerente le “Disposizioni in materia di sospensione del processo penale nei confronti delle alte cariche dello Stato” in vigore dall’agosto del 2008 all’ottobre del 2009) varato durante il ‘Berlusconi IV’ e giudicato incostituzionale su parere della Corte per violazione degli articoli 3 e 138 della Costituzione. L’idea di proteggere chi l’ha portato in auge, dunque, gli riesce solo in parte.
Il suo ruolo all’interno del partito cresce, anche se vecchi volponi come Formigoni vorrebbero fargli le scarpe. Lo stesso presidente della Regione Lombardia tirò in ballo il nome di Passera come eventuale candidato Premier nel 2013. Alfano incassa, non rinunciando a tirare fuori dal cilindro magico l’eventualità del passaggio-Primarie, più democratico e meno invasivo. I vari La Russa, Gasparri e Cicchitto, per non ostacolare il volere del Cavaliere, hanno rinunciato alla parte dei guastafeste, anche se sotto sotto questo protezionismo accentuato nei confronti di Alfano, non è di loro gradimento.
La prima stoccata di Berlusconi arriva quando viene scoperchiato il vaso di Pandora, cioè il quid. Alfano, secondo l’ex presidente del Consiglio, sarebbe pure un buon politico ma non avrebbe la stoffa del leader. A quella dichiarazione si sono succeduti una serie di incidenti diplomatici (vertici con Monti misteriosamente saltati, il Cavaliere che rinuncia alla passerella a ‘Porta a Porta’) che rischiavano seriamente di compromettere il ruolo di Angelino.
Negli ultimi giorni il ‘delfino’, seppur ancora fra la battigia e le secche, non ha fatto mancare i suoi commenti sulla scena politica, tanto da far dire a Bersani: “Siamo già in campagna elettorale?”. Il riferimento va alla foto di Vasto considerata come una riedizione dello ‘zapaterismo’, e al tema più forte ma evidentemente considerato un must, cioè quello dei matrimoni fra gay. Una scelta, quella di Alfano, da ‘tana libera tutti’, più ‘da teatro’ che politica.
Sbollita la polemica, Alfano ha preferito rintanarsi in ambienti più confortevoli, ribadendo la necessità della riforma del lavoro non senza accusare il Pd e di affrontare con Monti le spine Rai e Giustizia. Tra l’altro lo stesso Alemanno non si è nascosto dietro a un dito, dopo i disastri al Campidoglio si augura di tornare ai vertici con un ruolo di leader, e per farlo sogna un’alleanza con il Terzo Polo (ricucendo lo strappo con Fini).
Le premesse ci parlano di Alfano come eterno secondo, incapace di far cambiare marcia al Pdl che, così com’è, resta un partito-azienda. L’energia per restare in sella può fornirgliela solo il Capo, ma se quest’ultimo vorrà staccargli la spina Angelino tornerà a essere quello di sempre: un illustre sconosciuto.
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