Tante persone non fanno mistero di essere membri dell’Opus Dei. Molti di noi potrebbero averne conosciute. Tengono ad apparire in tutto e per tutto gente ‘comune’ e godono, come tale, della stessa libertà in campo politico, sociale e professionale di tutti i cittadini cristiani e non. Perplessità, viceversa, suscita il modo in cui tali individui siano entrati a far parte dell’Opera e chi, tra loro, sia intimamente convinto e sereno di esserne membro. In particolare tra i giovani, ve ne sono molti – e lo diciamo per averne incontrati – che vivono il compito di svolgere un proprio apostolato personale all’interno della Prelatura, come un peso che grava sulle spalle in seguito a un’imposizione derivante, in particolare, dalla volontà dei genitori. Si parla di manipolazione psicologica esercitata dai membri di questa Istituzione sulle persone, delle limitazioni della libertà individuale, delle dipendenze psicologiche e materiali, dell’isolamento, finanche di numerosi casi di disagio psicologico.
Da qui, in parte, le accuse – selezionate fra molte altre che in questa sede sarebbe troppo lungo elencare – di ‘mistero’, rivolte da sempre e da più parti nei confronti dell’Opus Dei – letteralmente, ‘Opera di Dio’ – prelatura personale della Chiesa cattolica, l’unica esistente nell’ordinamento canonico. Fu fondata nel 1928 dal sacerdote spagnolo Josemaría Escrivá de Balaguer per “diffondere il messaggio che il lavoro e le circostanze ordinarie sono occasione d’incontro con Dio e di servizio nei confronti degli altri, per il miglioramento della società”. Ottenne lo status di prelatura personale in forza della costituzione apostolica Ut sit del 1982; è retta dagli Statuti emanati da Giovanni Paolo II nel 1982. E’ stata definita un’organizzazione che, per determinati aspetti del suo modus operandi, è qualificabile come setta. L’Opera è stata anche criticata per il fatto di promuovere una visione troppo conservatrice della fede cattolica. Altre critiche riguardano alcune pratiche di vita ritenute antigieniche, come la mortificazione corporale praticata dai membri numerari (pratica che consiste nell’applicazione sulla coscia, del ‘cilicio’, una cintura di metallo con degli uncini interni, che penetrano nelle carni senza produrre ferite o sangue, allo scopo di ricordare il dolore provato da Gesù durante la crocifissione), il presunto ostracismo verso chi fuoriesce dall’Opus Dei e alcuni casi di patologie mentali sviluppatesi tra i numerari e le numerarie che vivono per molti anni nelle case della ‘setta’, case ‘ostili’ alle novità introdotte dal Concilio Vaticano II (cfr. Wikipedia).
Verità, falsità o semplicemente misteri? “Non c’è alcuna volontà di nascondere la propria appartenenza all’Opus Dei, il contrario andrebbe contro il desiderio e l’impegno di ciascuno a svolgere il proprio apostolato personale. Penso ai laici, soprattutto, senza i quali fra l’altro l’Opus Dei non potrebbe esistere”. E’ quanto di recente ha voluto chiarire – in replica ad articoli usciti su vari organi di stampa – don Matteo Fabbri, vicario dell’Opus Dei per l’Italia. Don Fabbri, 46 anni, ha scelto di lavorare nell’Opera fin da ragazzo: “Tutto è avvenuto con grande naturalezza, entrambi i miei genitori erano fedeli dell’Opus Dei, anche se non ho ricevuto da loro nessuna imposizione. Non credo agli intrighi e alle lotte interne. Mi pare piuttosto che la straordinaria azione di Papa Benedetto XVI nel ridare fiato ai polmoni spirituali della Chiesa stia portando frutti eloquenti. Accompagnati dal Papa, bisogna riscoprire la Chiesa per quello che è: una moltitudine di cuori che, toccati dall’amore di Cristo, hanno cambiato vita e non desiderano altro che portare ad altri questo amore. Ce n’è abbastanza per non perdersi in aspetti residuali che lasciano il tempo che trovano”.
Tutto chiarito, trasparente? Macché, nemmeno per sogno. E’ scontato che un esponente così rilevante di questa organizzazione getti acqua sul fuoco delle polemiche. Ma resta il fatto che la Prelatura – di là dalle rassicurazioni dei suoi ‘dirigenti’ – non smette di creare imbarazzo e sollevare domande su decine di aspetti inquietanti. Esiste una corposa saggistica, suffragata da prove concrete, che porta allo scoperto tali arcani i quali, di conseguenza, di segreto non hanno quasi più niente. Si possono citare due interessanti libri scritti negli ultimi anni, come Opus Dei segreta, di Ferruccio Pinotti (2006 Bur, Biblioteca universale Rizzoli), che parla di setta “al centro dei più clamorosi scandali finanziari internazionali: il caso Calvi-Ambrosiano, il caso Ruiz Mateos in Spagna, il crac Parmalat, la recente vicenda di Bancopoli e in particolare i legami dell’Opus con il ‘cattolicissimo’ Antonio Fazio (…) L’Opus Dei ha amicizie e simpatizzanti praticamente ovunque. Massimo D’Alema era presente alla cerimonia di santificazione di Escrivá De Balaguer, il fondatore dell’Opus, celebratasi nel 2002. Francesco Rutelli e Cesare Salvi – continua Pinotti – erano in prima fila ai festeggiamenti per il centenario della nascita di Escrivá. L’amicizia tra Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri nasce proprio grazie all’Opus Dei. Una trasversalità politica inquietante. Una camera oscura fatta di ombre e di segreti”. Un altro saggio è Opus Dei. La vera storia. I segreti della forza più controversa nella Chiesa cattolica, di John L. Allen jr. (2009, Newton Compton), secondo cui nella storia vi sarebbero state “compromissioni del fondatore con il regime fascista di Franco (…) e su una sostanziale adesione dei membri a ideologie politiche conservatrici di estrema destra”.
Al ‘dottorale’ don Fabbri verrebbe quindi da chiedere se ne vogliamo parlare con “trasparenza” o continuare a girarci intorno. Il nostro giornale è, come in tutte le questioni, liberalmente aperto al dibattito.
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Caro Marzetti,
m’interessa l’argomento. Conosco l’Opus Dei e ho letto molte delle critiche che ha ricevuto e continua a ricevere. Mi permetto di segnalarle che per quanto riguarda la “trasversalità politica” da tempo è stato dimostrato come l’Opus Dei non abbia fini politici ma solo di formazione cristiana, la stessa presunta “compromissione” col regime di Franco è più leggenda che storia. Interrogazioni parlamentari hanno messo in luce che non è una setta.
Inoltre l’Opus Dei è parte della Chiesa Cattolica e in armonia con i suoi insegnamenti, basta leggere molti discorsi e scritti di Benedetto XVI come del beato Giovanni Paolo II.
Infine le consiglio di visitare un centro dell’Opera, vi troverà un clima sereno e di assoluta libertà, almeno a me ha dato sempre questa impressione. A volte il modo migliore per sfatare misteri ed enigmi è toccare con mano una realtà che mi sembra aperta e disponibile al dialogo.
Un caro saluto
giovanni
Siamo italiani e ci piacciono tanto la dietrologia e il mistero. Io scommetterei su Fabbri e sulla trasparenza dell’Opus, piuttosto che su Pinotti. Pinotti lo conosco personalmente e il fatto di essere arrivato (talvolta) alle prime pagine di qualche rivista “importante” non lo salva dall’essere afflitto da complessi di persecuzione spaventosi che sublima in iniziative di vendetta giornalistica. Ricordo bene il suo primo romanzo, in cui pugnala suo padre. Probabilmente continuerà a cercare di uccidere il padre e se possibile anche il Padre eterno.
Cordiali saluti.
Giacomo Staffa