Servizio a cura di Stefano Marzetti e Stefano Cece

Prima giornata dei lavori del XXVIII Congresso Nazionale del Partito Liberale Italiano che nel pomeriggio di ieri (dopo la mattinata dedicata alle procedure “tecniche” di apertura dell’Assise) ha visto l’inizio della sua fase politica con la Relazione del Segretario Nazionale Stefano de Luca.

In apertura dei lavori (scandita dall’Inno di Mameli risuonato in una sala gremita di Delegati, esponenti politici ed ospiti) è stato letto un messaggio del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano inviato al Congresso in risposta ad un messaggio di saluto rivoltogli dal Segretario de Luca: “Il pensiero liberale, che – come ella ha giustamente ricordato – ha espresso tanti significativi protagonisti della storia italiana, è in grado di offrire un apporto di grande rilievo nell’attuale momento di trasformazione e travaglio vissuto dal nostro Paese. Esso è infatti depositario di idealità e di valori che travalicano l’ambito strettamente economico ed investono il ruolo e la partecipazione dei cittadini: può quindi contribuire in modo significativo ad eliminare rigidità e chiusure corporative che rischiano di compromettere il corretto funzionamento delle istituzioni democratiche e la stessa dinamica sociale, troppo spesso a scapito delle generazioni più giovani. Ed egualmente può risultarne illuminato il principio secondo il quale lo Stato deve essere al servizio del cittadino, principio del resto ben radicato nella nostra Costituzione. A lei e a tutti i delegati invio il mio saluto e il migliore augurio per lo svolgimento delle tre giornate congressuali, affinché possano scaturire approfondite riflessioni e positivi contributi per un confronto più aperto e costruttivo sulle prospettive di sviluppo del nostro Paese”.

L’orizzonte del Partito Liberale Italiano di oggi, non è né il misero 0,5 o 0,6 percento che gli viene attribuito in questa fase dai sondaggi. E neppure l’1 o 2 percento che possa servire a gratificare le ambizioni di qualcuno al suo interno che magari ambisca a un posto nelle Istituzioni. Il PLI di oggi, invece, vuole essere protagonista della creazione di quel soggetto nuovo, che molti cercano, per riconciliarsi proprio con le Istituzioni. Un partito che abbia coscienza di dover essere laico e liberale come in tutti i Paesi dell’Occidente. Non con un assetto oligarchico, perché il suo posto per tradizione culturale e aspirazione popolare è nella prima fila dei moderni Paesi ad elevata coscienza democratica del mondo occidentale, con i quali da sempre condivide l’amore per la libertà, l’aspirazione al progresso e la scelta senza incertezze per la democrazia liberale.

“In questo spirito e con questo ambizioso obiettivo vogliamo dar vita a una grande Costituente per l’Italia liberale del futuro”. Così ieri – nella prima giornata del Congresso Nazionale del PLI – ha concluso la sua Relazione il Segretario Nazionale Stefano de Luca, salutato da uno scrosciante applauso da parte dei tantissimi partecipanti giunti da tutta Italia. Un discorso denso di contenuti, rivolto alla platea con la consueta grinta e determinazione che ormai da tanti anni contraddistinguono la leadership di de Luca. Il Segretario, nel cogliere l’occasione per ribadire l’appoggio del PLI al Governo guidato da Mario Monti, non ha lesinato critiche costruttive, soprattutto in tema di privatizzazioni e liberalizzazioni. In particolare l’attenzione di de Luca si è focalizzata su grandi aree di privilegio, come le banche, le assicurazioni, l’energia, i monopoli pubblici.  Invece, secondo de Luca, l’azione del Governo ha colpito categorie deboli come i tassisti, i farmacisti e gli avvocati. “Ci saremmo aspettati – ha proseguito il Segretario Nazionale del PLI – la privatizzazione con gare di evidenza pubblica europea di Poste, Ferrovie, Enel, Terna, Finmeccanica, Rai, Autostrade”.

E proprio sulla televisione di Stato “dobbiamo assumere una forte iniziativa politica per liberarci da un inutile carrozzone, dominato dai partiti e fonte di sprechi, che i cittadini sono costretti a finanziare con il canone, balzello inutile e ingiusto”. La privatizzazione di Viale Mazzini, secondo de Luca, insieme all’assegnazione a titolo oneroso delle frequenze disponibili (“su cui si è ulteriormente rinviata una decisione per non scontentare Berlusconi”) potrebbe comportare un’ingente entrata per le casse dello Stato e garantire maggiore pluralismo e migliore qualità, grazie a un aumento della concorrenza. “La Rai non svolge alcun servizio pubblico – ha affermato con ancor più vigore – ma sfacciatamente è al servizio privato, anzi privatissimo, dei morenti partiti della Seconda Repubblica. Si tratta di un duplicato sbiadito di Mediaset, dalla quale ha copiato la formula, riuscendo a produrre programmi di tv spazzatura, fiction e telegiornali o talk show a disposizione delle forze politiche rappresentate nel Consiglio di amministrazione, ghettizzando o del tutto escludendo le altre”. De Luca è giunto ad annunciare che, qualora la Rai non venga al più presto privatizzata dal Governo, il PLI avvierà una raccolta firme per ottenerla in via referendaria.

“L’esordio dell’attuale Presidente del Consiglio – ha detto de Luca sempre in un ambito di osservazione nei confronti dell’Esecutivo – probabilmente sollecitato dalle richieste dell’Europa, ha dato luogo a un provvedimento fiscale troppo duro per un Paese ormai in recessione (peggiore perfino di quella americana del 1929, aveva affermato il Segretario poco prima, NdR) ma necessario per restituire all’Italia una credibile immagine internazionale. Tuttavia, si tratta ora di varare una politica che possa liberare risorse per consumi e investimenti, senza creare ulteriore debito. Quindi – ha aggiunto de Luca – avviare una migliore e più efficiente gestione delle proprietà pubbliche e, principalmente, una riduzione strutturale della spesa statale, attraverso una riqualificazione tra spesa corrente e investimenti, in modo da eliminare, in maniera selettiva, gli sprechi, i costi improduttivi e le inefficienze. Attraverso processi di automazione e modernizzazione, è possibile, senza compromettere la qualità dei servizi, anzi a volte migliorandola, rendere il settore pubblico più efficiente, moderno e principalmente meno costoso, riducendo progressivamente, ma drasticamente, il numero degli addetti. Bisogna quindi procedere a una profonda riforma degli assetti organizzativi, adattandoli all’evoluzione dei bisogni della collettività, semplificandone il meccanismo, eliminando funzioni obsolete, recuperando energie umane e finanziarie, rese superflue dal progresso tecnologico”. Il Segretario Nazionale non ha mancato di ringraziare il contributo del Presidente della Repubblica che “anziché condurre il Paese verso il baratro di elezioni anticipate in un momento così inopportuno e difficile, ha affidato la responsabilità di formare il nuovo Governo a Mario Monti e ha convinto le principali forze presenti in Parlamento, ad appoggiarlo per senso di responsabilità nazionale”.

Altri passaggi significativi hanno riguardato: cancellare i vantaggi di cui da sempre beneficia la Chiesa Cattolica (“è venuto il momento – ha detto de Luca – di rivedere profondamente il Concordato ed eliminare” certi “privilegi medioevali”);  sostenere invalidi e diversamente abili e, al contempo, combattere con forza i falsi invalidi; liberalizzare le droghe leggere e il loro utilizzo per la cura di diverse malattie;  sostenere le coppie di fatto, senza snaturare il ruolo della famiglia tradizionale; appoggiare la ricerca scientifica con un’attenzione particolare verso la procreazione assistita.

“Mi auguro quindi – ha anche auspicato il Segretario – che dal nostro Congresso possa prendere corpo non soltanto l’ipotesi costituente riduttiva, finora coltivata, di riunire tutti i reduci liberali” ma piuttosto “un contenitore ampio persino a vocazione maggioritaria – nel Paese, piuttosto che soltanto nelle Istituzioni – che, ispirandosi alla tradizione laica, occidentale, di un’idea religiosa, direi meglio sacrale, della libertà, voglia essere il Partito della modernità” e “della valorizzazione del merito, del coraggio della verità, del mercato dello smantellamento dello Stato burocratico e assistenziale, per costruirne uno dotato di strumenti effettivi per difendere e sostenere i più deboli”. Inoltre, de Luca pensa “alla costituzione di un nuovo grande soggetto politico alla cui formazione il PLI deve concorrere, per divenirne la parte trainante sul piano del contributo valoriale, culturale, ideale e, principalmente etico”.

Dopo la Relazione del Segretario Stefano de Luca, si sono succeduti gli interventi delle delegazioni ospiti di altre formazioni politiche tra i quali il senatore Vincenzo Vita del Pd, di Gerardo Labellarte, senatore del Partito socialista italiano e di Luca Rossi (PdL). Incisivi i contributi di Stefania Craxi e Cinzia Dato. “Quello che abbiamo soprattutto in comune con i liberali è ciò che potrebbe essere il meglio per l’Italia – ha esordito nel suo intervento Stefania Craxi, fondatrice del movimento dei Riformisti italiani – Oggi, più che di una conciliazione si potrebbe parlare di una visione comune delle ideologie. Il socialismo riformista si identifica con la libertà; avrei molto piacere che una vostra delegazione – ha detto riferendosi alla platea dei liberali – fosse presente al nostro prossimo convegno in programma il 21 maggio, dove illustreremo la nostra proposta di modernizzazione della carta costituzionale per metterla in sintonia con la lista dei liberali. Socialisti e liberali – ha proseguito l’ex sottosegretario di Stato agli Affari Esteri – vivono oggi una stagione di gran lunga inferiore alla loro valenza politica. Dobbiamo interrogarci sul presente e sul futuro senza preconcetti al di fuori di linguaggi usurati e consolidati. Oggi il nostro compito, la nostra missione, è quella di capire il cambiamento. Ai nostri giovani è necessario fornire prima di tutto una nuova chiave di lettura, una nuova visione. Ed è proprio possibile dai cambiamenti trovare le ragioni di un nuovo impegno, formulare domande politiche nuove. Io penso che dovremmo stare tutti insieme, riformisti, socialisti, liberali, laici, e se riuscissimo a realizzare una conferenza su idee e contenuti per cominciare il cambiamento, sarebbe una gran cosa. Se lo si facesse al di fuori di convenzioni e di schemi, di sinistra-destra, sarebbe una cosa ancora più buona. Tutti possono e dovrebbero portare il loro contributo, le associazioni, le fondazioni, gli uomini che lavorano nel sindacato, i partiti, tutti quelli che sentono l’orgoglio di essere socialisti, di essere liberali, di essere riformisti, di uomini liberi che se chiamati alla costruzione di un nuovo progetto non si tireranno indietro. Penso che il nostro compito sia quello di ricercare nella storia il suo corso logico; non ci interessa la sinistra giustizialista e socialmente conservatrice né la destra che persegue interessi di parte, incapace di avere un’attenzione sociale per non danneggiare particolari privilegi cattolici. Il problema – ha concluso la parlamentare del Gruppo Misto – è di convincere e di essere convincenti circa la nostra sincerità, la nostra serietà, circa il fatto che si sta facendo qualcosa di positivo, di duraturo, di stabile, di nuovo nelle idee e nei linguaggi”.

Una comunanza tra le idee liberali e quelle socialiste. E’ con questo concetto che ha aperto il proprio intervento Cinzia Dato, ex parlamentare, fino al 2008 esponente dei Socialisti e Radicali (Rosa nel Pugno) nella coalizione dell’Ulivo: “Non può esistere un partito moderno che non parta dalle basi del socialismo liberale, di stampo socialista. La cultura liberale e in qualche modo anche quella socialista, non sono delle ideologie, sono dei principi, delle idee. Principi che sono fortissimi, importantissimi, senza i quali non andiamo da nessuna parte. Se la democrazia ha fatto alcuni passi è perché c’è una tradizione liberale. Tutti dobbiamo parlare di quanto sia importante ridurre il numero dei parlamentari; è un obiettivo di coscienza. La democrazia è bella e irrinunciabile proprio perché è fastidiosa – ha continuato la Dato riferendosi al ‘berlusconismo’ – Non esiste la democrazia senza i partiti politici; allo stesso modo non è possibile che un partito non rispetti i principi della democrazia. Per esempio, oggi i partiti si trincerano dietro il concetto della libertà di coscienza che dimostra proprio l’incapacità dei partiti di prendere decisioni importanti. Ma poi significa un’altra cosa: che differenza c’è tra la libertà di coscienza del legislatore e quella del cittadino? Per il cittadino è decidere della propria vita in base ai propri convincimenti, ma per un parlamentare può essere imporre i propri convincimenti alla vita del cittadino? E’ proprio su questo punto che c’è bisogno di un’azione dei liberali – ha concluso l’ex esponente dell’Ulivo – perché questo Paese ha bisogno di coscienza civica e di un senso delle istituzioni democratiche che ci sostengano e siano rispettose dei nostri diritti”.

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