C’è un partito che non soffre di rigurgiti da antipolitica, che non vede assottigliarsi la fetta del consenso, ma che al contrario sfonda barriere, si nutre come una pianta della fiducia che gli italiani gli stanno accordando mese dopo mese. Piccolo particolare: il partito non esiste, ma è una sorta di lista immaginaria che vede come nei panni di leader indiscusso Mario Monti, accompagnato dal suo staff. Secondo un recente sondaggio di Renato Mannheimer, uno che fa colazione a base di grafici e percentuali, l’umore dell’elettorato nei confronti di questo o quel partito raggiunge la miseria del quattro percento.

Per la serie, hai voglia a parlare di rinnovamento o di nuovi linguaggi per intercettare le fasce di popolazione imbevute di ‘sciroppo alla delusione’. Di una certa politica i cittadini non sanno più che farsene e se una volta si turavano il naso prima di mettere la crocetta sul ‘meno peggio’, oggi solo a sentire nominare la parola elezioni si fanno prendere da conati di vomito. Il problema, non di poco conto, è che di questo passo il concetto di democrazia dei partiti rischia di andare a farsi benedire. Numeri impietosi lo dicono chiaro e tondo: un italiano su due non sa chi votare, e anche se lo sapesse – ma questo lo diciamo noi – preferirebbe una bella scampagnata alle urne delle Politiche 2013. Non giova a calamitare i votanti, l’attuale legge elettorale, un fattore che contribuisce all’allontanamento. Politica rinnegata come una sposa che attende invano sull’altare? I numeri lo confermano.

Berlusconi nel 1994, con un linguaggio innovativo dopo il terremoto-Tangentopoli, intercettò un elettorato numeroso e variegato. Difficile prevedere una replica di ciò che accadde diciotto anni fa magari con l’avvento di un nuovo personaggio carismatico. Altri tempi, oggi l’italiano non vuole sognare (anche se non costa nulla) o fantasticare leggendo manifesti e programmi da due-trecento pagine, si accontenterebbe di scomode verità e di un barlume di concretezza, a cominciare dal rispetto dell’agenda politica.

Si fa un gran parlare dell’Esecutivo che non è stato democraticamente eletto. Un punto che non sembra interessare molto coloro che hanno risposto al sondaggio proposto da Mannheimer; chi si aspettava un Paese in evidente imbarazzo deve ricredersi. Il fatto è che, piaccia o no, gli italiani giudicano il lavoro svolto e se la fiducia che ripongono nel Premier si è stabilizzata al sessanta percento un motivo ci dovrà pur essere. Mica saranno tutti impazziti di colpo?

Tra pericolose corsie di delegittimazione della politica, c’è un ampio solco tutto da irrorare per lavorare un anno e trovare nuove chiavi di lettura, linguaggi al passo coi tempi per risvegliare gli animi sopiti degli astensionisti dell’anno prima.   Il paradosso di questo ultimo anno che manca alla fine della legislatura è di avere un presidente del Consiglio senza un partito, che probabilmente non vorrà entrare in un soggetto politico, ma che senza i partiti non esisterebbe. Legittimato dalla forza dei sondaggi e dalla debolezza di un Parlamento che non può che dirgli di sì. La forza (?) dei partiti è dunque resistere e annuire. Speriamo che non si addormentino.

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