“Ho perso un grande amico”. E’ stato quello del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano uno dei primi e addolorati messaggi di cordoglio alla notizia della morte – a ottantanove anni – di Antonio Ghirelli (Napoli, 10 maggio 1922 – Roma, 1 aprile 2012), giornalista e scrittore di fama nazionale e in parte internazionale, soprattutto per la sua attività di sagace cronista e poi notista sportivo (anche direttore negli anni Cinquanta del quotidiano Tuttosport). Napolitano, nella lettera inviata alla famiglia, ha voluto ricordare l’importanza del concittadino Ghirelli “nei lontani anni della mia prima formazione. Fummo egualmente legati a Napoli – ha rilevato il Capo dello Stato – ed egualmente animati da valori di libertà e di progresso mentre il fascismo si avviava alla fine. E non ci siamo mai persi di vista per il resto della vita, fino a tempi recentissimi. E’ stato un giornalista di razza, guidato dalla sua passione di democratico e di socialista che lo aveva condotto anche a svolgere ruoli importanti accanto al Presidente Pertini e nel Psi. Un popolarissimo giornalista sportivo – ha terminato Napolitano – e un interprete autentico dell’anima di Napoli. Mi stringo con affetto ai suoi cari”.
Pertini, appunto. Fiore all’occhiello della carriera dell’intellettuale partenopeo guidato anche da una passione politica, può essere considerato il suo incarico – subito dopo l’elezione a Presidente della Repubblica (1978) dello storico politico piemontese – di Capo ufficio stampa del Quirinale. Si dimise nel 1980 per le polemiche generate dalla diffusione di un comunicato stampa in merito alla richiesta di dimissioni del ministro dell’Interno Francesco Cossiga, che Pertini avrebbe auspicato in seguito alle voci di favoreggiamento a beneficio del terrorista di Prima Linea Marco Donat Cattin, figlio del parlamentare democristiano Carlo. In seguito, Ghirelli dichiarò di aver offerto le proprie dimissioni in accordo con Pertini, per tutelare un suo giovane collaboratore che aveva scritto il comunicato in sua vece. Ma subito dopo, durante i governi Craxi, fu anche al vertice dell’ufficio stampa della Presidenza del Consiglio.
Da un punto di vista dell’impegno politico, Antonio Ghirelli è stato con orgoglio un antifascista, poi comunista (militanza abbandonata nel 1956 dopo l’invasione dell’Ungheria da parte dell’Urss) e quindi socialista. In assoluto, comunque, una vita con mille interessi e decine di incarichi e una passione per la partecipazione alla vita civile italiana continuata fino all’ultimo. Mosse nella sua Napoli i primi passi della carriera. La passione per il giornalismo emerse quando era giovanissimo e cominciò a scrivere sulla rivista IX Maggio, il giornale della Gioventù Universitaria Fascista del capoluogo campano.
Rilevante anche la sua attività di scrittore. L’ultimo libro lo aveva pubblicato nel 2010, Una moglie incantevole, “lettera d’amore” alla consorte Barbara, che allora era scomparsa da poco, nel quale Ghirelli ricostruisce un ritratto tenero e struggente, ripercorrendo sessantacinque anni di “esistenza condivisa”. Il volume forse di maggior successo, comunque, è Tiranni. Da Hitler a Pol Pot: gli uomini che hanno insanguinato il Novecento (2002), rilettura, attraverso la vita dei grandi dittatori, della storia del secolo scorso. Mussolini, Stalin, Hitler, Franco, Mao, Pinochet e Pol Pot: una galleria di ritratti che, pur privilegiando i personaggi, non trascura di tratteggiare la scena storica che fa da sfondo agli efferati “demoni del potere”. Di certo Ghirelli lascia un posto vuoto nella vita culturale del nostro Paese.
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