Chi non ha paura, di solito adotta la tattica dell’indifferenza, ma quando ciò non avviene, anzi opta per il contrario, allora vuol dire che il brivido lungo la schiena si è tramutato in terrore. L’alito pesante del ‘Movimento 5 Stelle’ di Beppe Grillo sta lasciando intontiti i leader più o meno carismatici della sinistra italiana, tutti convinti che basti isolare il comico genovese per far evaporare il consenso. Pia illusione.
I sondaggi dell’ultima ora, da prendere con le pinze, le molle e tutto il resto, danno il blogger genovese e il suo nutrito seguito, al 7%. Una ‘cifra’, come dicono a Roma. Capopopolo o populista, cocchiere dell’antipolitica o Gabibbo (come lo ha definito Massimo D’Alema) in carne ed ossa, Grillo è più eccitato come mai, e ne ha ben donde. Con le Amministrative alle porte e la concreta possibilità di calamitare l’indecisione meglio di chiunque altro in un momento di profonda empasse dei partiti storici, il mattatore ligure ha capito di avere l’occasione giusta per sbarcare a Roma, nei palazzi della Capitale, per anni osteggiati dai palchi di tutto lo Stivale.
Chiamiamola web-democrazia, ecologismo 2.0, partecipazione di massa o populismo new-wave, fatto sta che i ‘grillini’ sono una realtà e fare finta che non ci siano o, peggio, che non esistano affatto, rischia di sconquassare la già fragile resistenza di Pd, Sel, Pdci e compagnia cantante. Alle prese prima con i rottamatori, poi con i radicali, infine con le spinte centripete per velocizzare gli elettroni del riformismo a sinistra, Bersani, Vendola, D’Alema & Co. scelgono la via più semplice, quella di sminuire, per catalogare il sisma scatenato dal sovversivo Grillo. Una mossa di pancia, non certo strategica, che evidenzia lo scarso appeal della sinistra italiana non estranea a lotte di potere, scontri con i sindacati e scandali giudiziari (Vendola reduce da due pesanti avvisi di garanzia legati alle inchieste sulla ‘sanitopoli’ pugliese).
La politica del ‘no’ messa in campo da Beppe Grillo, fiancheggiata dagli ‘amici’ del quotidiano Il Fatto in ambito cartaceo e da Santoro attraverso il tubo catodico, piaccia o non piaccia, arriva al cuore della gente che non vuole sentire per forza cose nuove. A questa fetta di elettorato non interessa tanto il ‘chi’, ma il ‘come’. Le urla di Grillo imperversano sulla rete a suon di “siamo la terza forza del Paese, dobbiamo fare un processo pubblico ai partiti con una giuria di cittadini scelti a sorte, perché devono ridare tutto quello che hanno rubato e poi vedremo che lavoro socialmente utile fargli fare”.
Gli stati generali della sinistra intanto provano a fare quadrato – e sarebbe già qualcosa – per ricostruirsi e rilanciare una coalizione che di scritto non ha nulla, a parte una foto posticcia scattata a Vasto qualche tempo fa. Un’operazione di restyling può realizzarsi con Vendola e Di Pietro? Viva la novità, verrebbe da dire. Altro che nuovo che avanza, al Pd piace il partito dei pensionati (politicamente parlando).
Per il ‘Movimento 5 Stelle’ ora arriva il difficile, dall’esaltazione popolare si passa al tempo delle scelte e dei nomi, che inevitabilmente – se il desiderio è quello di cambiare lo status quo – dovranno essere in grado di togliersi i panni di Masaniello per indossare capi e atteggiamenti degni di una potenziale classe di dirigenti.
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