Introdotta in Italia nel biennio 2006-2008 (durante il secondo governo Prodi) dall’ex ministro dell’Economia, Tommaso Padoa Schioppa e accantonata dall’ultimo governo Berlusconi, la spending review è tornata in auge nel 2011 con il decreto-legge 98, tra le fila delle disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria del nuovo governo tecnico. E dopo quasi un anno di studi dovrebbe entrare in forza dalla fine del mese corrente.

Secondo la definizione del Governo si tratta di “un ciclo di analisi e valutazione della spesa diretto alla definizione dei fabbisogni standard dei progetti di spesa delle amministrazioni centrali dello Stato […] un’attività diretta a superare il criterio della spesa storica nonché a razionalizzare la spesa delle amministrazioni”. Un percorso che dovrebbe ormai aver esaminato le criticità nella produzione ed erogazione dei servizi pubblici, individuato le possibili strutture duplici o superflue, proposto le possibili strategie di miglioramento dei risultati a parità di risorse disponibili. Si tratta dunque di un processo di analisi di ampio respiro, volto al controllo della spesa pubblica in termini più qualitativi che quantitativi, indirizzato al superamento della mentalità dei tagli lineari tout court in favore di un modello di riqualificazione della spesa pubblica, specie quella operata dai cinque ministeri con la spesa più alta, ovvero quelli messi sotto osservazione: gli Interni, gli Esteri, la Giustizia, l’Istruzione e la Difesa.

Sebbene il modello nella sua applicazione pratica sia disegnato per la situazione italiana, odierna e specifica, il concetto di spending review è tutt’altro che originale ed è già stato applicato in passato, coniugato in diverse forme a seconda della Nazione e del periodo storico. Il primo esempio risale al 1989 in Australia, dove fu poco efficace perché ostacolato da una prematura volontà di trasparenza istituzionale. Quindi adottato da Canada, Finlandia, Giappone, Olanda e Regno Unito, portando risultati diversi ma dimostrando di volta in volta le sue immense potenzialità: dalla riduzione del 40% della spesa pubblica giapponese dal 2009 ad oggi (per un totale di 42 miliardi di euro), al risparmio di 35 miliardi di euro in Olanda (durante lo stesso lasso di tempo), al taglio di 81 miliardi di sterline tra il 2011-15 nel Regno Unito.

In Italia ‘basterebbero’ 4 miliardi di risparmio per il 2012 per evitare il temutissimo aumento di Iva preventivato per ottobre, mentre se si raggiungesse la soglia dei 16 miliardi, si potrebbe limitare fortemente l’aggravio già previsto dal 2013 in poi per rientrare nel pareggio di bilancio promesso all’Unione europea. Per questo secondo obiettivo, tuttavia, sarà difficile non andare ad analizzare la spesa delle amministrazioni locali – fatte salve in questo primo ‘round’ – a incidere sull’impiego pubblico o addirittura sul welfare (come nel caso britannico).

Ma il punto nevralgico della spending review non sarà tanto, o solamente, l’ubicazione e la misura dei tagli, quanto la riallocazione delle risorse in un’ottica di crescita. Dato che nemmeno un euro sarà destinato alla riduzione della pressione fiscale attuale – lo confermano le parole dello stesso ministro Piero Giarda – dovremo assicurarci che siano investiti nel futuro produttivo e competitivo della nostra Nazione, o quantomeno nel definitivo cambiamento dell’antica mentalità di spesa inefficiente che ancora oggi manovra l’utilizzo delle risorse dei contribuenti.

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4 COMMENTI

  1. Mi stupisce trovare gli Esteri tra i Ministeri di maggior spesa, ma comunque sono convinto che in quel settore si possa operare una revisione della spesa che porti a risparmi con risultati migliori. Ogni ufficio diplomatico costa allo Stato svariati milioni di euro l’anno e sono certo che se ne possano eliminare senza danno almeno 12 o 15, accorpando le competenze in Ambasciate centrali. In passato, questo fu proposto dall’allora Ministro degli Esteri Andreatta ma trovò una forte resistenza nella struttura della Farnesina (salvo in me, che dirigevo allora gli Affari Economici). Una scusa era che non potevamo inimicarci i Paesi in cui avremmo soppresso le sedi diplomatiche, e il cui voto ci serve alle Nazioni Unite per le nostre ricorrenti ambizioni di far parte del Consiglio di Sicurezza. Argomento pretestuoso: far parte del CdS – come ho esperimentato nel mio servizio a New York – dipende da una normale rotazione nei gruppi regionali e comunque, prestigio a parte, è più spesso un imbarazzo che altro. Si dovrebbe inoltre ridurre il personale nelle maggiori Ambasciate europee, il cui ruolo diminuisce d’importanza ogni giorno. Per la parte consolare, si dovrebbe fare molto piú ampio ricorso ai consoli onorari, accrescendone le funzioni. E, per conseguenza di tutto questo nell’insieme, bloccare o se possibile tagliare (anche se di non molto) la pianta organica.

  2. Io trovo che nell’analisi della spending review, noi Liberali potrmmo e dovremmo giocare una partita importante.
    Sull’argomento però ho avuto delle difficoltà a trovare delle fonti di informazione e di dati, così da potermi fare una mia idea, anche se da profano in materia.
    Per esempio ho avuto difficoltà a trovare, in maniera sintetica e con un minimo di storicità, per esempio quali sono i cinque maggiori capitoli di spesa pubblica dello stato.
    Qualcuno di Voi saprebbe indicarmi dove trovare questi dati, ovvero potrebbe, con una semplice tabellina, fornire una serie storica delle variazioni dei maggiori cinque capitoli di spesa?
    Ringrazio anticipatamente.

  3. Sul sito della Ragioneria Generale dello Stato si trova un’interessante documento sulla spesa pubblica dall’unita’ d’Italia ad oggi, con tanto di database di serie storiche : http://www.rgs.mef.gov.it/VERSIONE-I/Servizio-s/Studi-e-do/La-spesa-dello-stato/
    Di saggi invece se ne trovano abbastanza, anche se spesso presentano solo le conclusioni e non i set di dati di partenza. Ad esempio uno, del 2005, dell’Universita’ Cattolica e’ disponibile a questo Link http://centridiricerca.unicatt.it/cranec_crn0601.pdf
    Spero che possano essere utili.
    Cordiali saluti

  4. A me non sorprende affatto vedere gli Esteri come ministero con la maggior spesa, specie dopo aver visto chi si portava appresso Frattini nelle visite uffuciali…un certo Lavitola…

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