È una storia lunga trent’anni, da quando nel 1979 Umberto Bossi e Roberto ‘Bobo’ Maroni, iniziano insieme la loro battaglia secessionista. Oggi però i contorni di questa lunga amicizia hanno il sapore amaro di decenni passati all’ombra del Senatur a intessere la tela della congiura. È probabile che tutto abbia avuto inizio in quel (politicamente) lontano 1994 quando Maroni contestò duramente la decisione del Leader di togliere la Maggioranza all’allora I Governo Berlusconi. Per questo fu cacciato, poi riammesso, ma è da allora che i suoi ‘barbari sognanti’ cominciarono a crescere e acquisire peso all’interno del Carroccio.

Fino al 2004 i rapporti tra i due leghisti non subirono particolari scossoni, ma dal momento della malattia del Senatur, le cose cominciarono a cambiare. Oggi le cronache parlano di un ‘cerchio magico’ intorno a Bossi che, segnato nel corpo e ancor di più nello spirito, ha cominciato a gestire i fili di quello che i giornali disegnano come un ‘pupazzo’ in balia dei suoi burattinai. Da qui l’ex Ministro dell’Interno cominciò a realizzare a quale pericolo stava andando incontro il partito. Per anni ha atteso il momento giusto per far piazza pulita sacrificando, per il bene del partito, anche il grande capo.

Maroni non ha aspettato neanche un secondo. Gli scandali sui rimborsi elettorali erano un boccone troppo ghiotto per non mangiarlo con voracità. E così è stato. Nel giro di poco più di un mese è riuscito a far fuori i ‘cerchisti’ e tutti coloro che si opponevano alla sua trionfale ascesa. Ha iniziato a organizzare manifestazioni e incontri in cui è riuscito ad accattivarsi le ‘camicie verdi’ le quali, senza aspettare un attimo, l’hanno incoronato nuovo reggente del partito padano.

L’ormai ex leader, spodestato maldestramente con un laconico ‘grazie e arrivederci’, non ha digerito l’amara medicina ‘maroniana’. Il susseguirsi degli eventi, troppo a favore del ‘capo dei barbari’, non ha lasciato nessuna alternativa e il Senatur s’è dovuto fare da parte. Le tensioni tra i due sono state altissime nel primo periodo della super-inchiesta, ma visto il successo di ‘Bobo’ tra i militanti, a Bossi non è rimasto altro che ingoiare il rospo e fingere che tra i due sia tornato a splendere il sole.

Ora però si apre un vero e proprio rebus politico. Le elezioni del 2013 sono molto più vicine di quel che sembra e la roulette delle alleanze ha cominciato a girare. Maroni, si sa, è da considerarsi un leghista ‘moderato’, o per lo meno ha sempre mostrato in apparenza più senno dei suoi colleghi di partito, ciò forse dovuto anche ai ruoli istituzionali che egli ha ricoperto negli anni passati. Tutto dipenderà sia dalle imminenti elezioni amministrative – le quali renderanno più chiaro il peso della Lega – che dalla possibile riforma del sistema elettorale. Sta di fatto che senza Bossi e i ‘cerchisti’ a intralciare la rotta di Maroni ci si possa mettere una forte evocazione primo-repubblicana. L’idea di Partito della Nazione, guidato da Casini, con le ipotesi di discesa in campo del mondo imprenditoriale, ha sicuramente fatto drizzare le orecchie al nuovo leader leghista. La nuova rivolta fiscale unita all’imprenditoria potrebbe essere la soluzione per riprendere il controllo del Nord, cancellando definitivamente la vecchia alleanza con Berlusconi.

Ora resta solo da capire se Maroni avrà la forza di gestire da solo la Lega, eliminando tutti i propri oppositori interni. Un nuovo regno – comunque, nonostante tutto, purtroppo e ahinoi – sta per avere inizio e forse non dissimile dal precedente.

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