Un recente articolo del Corriere della Sera sulle elezioni amministrative a Milano ha evidenziato come i Liberali, intesi come gli eredi del “vecchio” PLI, siano oggi divisi e “spalmati” fra diversi partiti, schieramenti, associazioni e movimenti, spesso anche contrapposti.
E’ appena il caso di ricordare che il mondo liberale italiano, già piccolo, minoritario ed estremamente litigioso anche ai tempi d’oro della “Prima Repubblica”, mai è stato particolarmente coeso.
Ovviamente la sedicente “Seconda Repubblica” ed un bipolarismo forzato – entrambi rivelatisi fallimentari alla prova dei numeri e dei fatti di quasi vent’anni di storia economica, sociale e giuridica del nostro paese – non hanno certo contribuito a migliorare questa situazione, tutt’altro.
Il Corriere si attarda a descrivere, non senza una velata e sottile ironia, come i “Liberali”, ed anche i “Repubblicani” siano costantemente divisi ed in guerra tra loro, generando in chi legge, o quanto meno in me, il ricordo di una scena teatrale di “Miseria e Nobiltà”, dove due famiglie disgraziate si contendono, gonfiando il petto, qualche centimetro di una casupola triste, piccola e decadente e qualche forchettata in più di una generosa pastasciutta offerta da un nobile interessato alle grazie della figlia.
Non credo sia più il caso di riprendere una discussione che ci opprime da tempo: i liberali veri stanno di qua, no stanno di la, o addirittura, per sfuggire al dilemma, sono una “categoria dello spirito” e quant’altro.
Per quanto mi riguarda i Liberali (senza ulteriori aggettivi di evangelica verità o menzogna, che non mi appartengono) stanno con i Liberali, per fare cose liberali o almeno per tentare di farle.
Vorrei invece affrontare la questione su un piano più propriamente storico.
Non appartengo a quell’area di pensiero che condanna, senza possibilità di assoluzione, l’avere sposato inizialmente la logica bipolare. Si veniva da un “terremoto” politico senza eguali e sul momento si ritenne, “improvvidamente”, come con onestà molti degli attori di quella decisione ormai ammettono, di ritenere conclusa la vicenda del PLI per “contaminare” di liberalismo i due poli che si andavano formando.
La storia che seguì, la conosciamo bene tutti.
Quello che oggi stupisce è come ancora si possa sostenere, a discapito di qualunque maledetta evidenza, che sia possibile fare i Liberali in un bipolarismo per bande che mortifica le idee e propone modelli leaderistici, populisti, capaci solo di parlare allo stomaco dell’elettore e desiderosi di ammazzare prima possibile ogni tentativo liberale vero.
Per dirla come usa dire il sen. Enzo Palumbo: il centro-destra è liberale finché gli conviene, il centro-sinistra finché ci riesce.
In questo lungo periodo quasi ventennale, durante il quale l’attuale centrodestra (ed i liberali in esso impegnati) ha avuto grandi opportunità di trasformare il Paese, abbiamo vissuto in una perenne recessione economica (anche nei periodi di espansione e crescita mondiale l’Italia cresce la metà degli altri paesi), con uno Stato oppressivo ed onnivoro, con riforme della scuola varate ad ogni elezione politica, con un sistema industriale smantellato a favore della finanza creativa ed ammazzato da un fisco becero e da un Sindacato ottocentesco, con un sistema giudiziario lento ed ingiusto che affossa la sicurezza dei cittadini ed il normale e civile svolgersi dei rapporti tra privati, con un sistema pensionistico ancora a “ripartizione” piuttosto che a “capitalizzazione” e senza separazione tra “assistenza” e “previdenza”; e l’elenco potrebbe continuare per pagine e pagine.
Ed analogo discorso si potrebbe fare per i brevi periodi in cui al governo del Paese si è insediato il centrosinistra, nonostante, anche in tal caso, la presenza di qualche liberale, anche prestigioso.
E’ davvero questo il miracolo della stabilità di governo sul cui altare abbiamo sacrificato la centralità delle grandi idee e la rappresentanza politica degli elettori?
Ho provato, così per gioco, a confrontare i grandi problemi del Paese come venivano riportati dai media nel 93-94 e come vengono riportati oggi. Non ho trovato differenze, semmai peggioramenti come la corruzione becera ed a tutti i livelli.
Ed allora è lecito chiedere ai Liberali fautori della “contaminazione” quale impatto abbia avuto il loro impegno al di fuori del partito dei liberali organizzati? E’ lecito, dopo vent’anni e come si conviene ad un liberale, tracciare un bilancio e fare una serena valutazione?
Credo di si.
Ed è per questo che la mia opinione, sulla base di quanto espresso, è negativa.
Se già il PLI della Prima Repubblica faceva fatica ad imporre un cammino liberale a questo paese, come si può pensare che degli “scatoloni” elettorali senza idee costruiti per i talk show e per i sondaggi possano fare di meglio?
Ecco perché mi pare ovvio che si abbia il diritto di sentirsi Liberali sia dentro il PLI che su Urano, ma non si può certo pretendere, alla luce dei risultati, di sostenere ancora che in questo Paese non ci sia bisogno di una forza liberale “senza se e senza ma” e senza un “luogo” da post-porre necessariamente all’idea, quasi potessero essere le parole “destra”, “sinistra” o “centro” a darle dignità.
Sarebbe come quell’aneddoto ambientato nella lussuriosa Francia di Luigi XV, nel quale una certa contessa sorpresa a letto dal marito con lo stalliere si mostra orgogliosa e supponente, nella sua inequivocabile nudità, di fronte al marito furente dicendogli: “Voi osate dunque credere ai vostri occhi e non alla mia parola?”.
In questo periodo non ricordo un solo atto, una sola riforma, un solo risultato liberale che i Liberali della “diaspora” presenti nei due poli abbiano fatto ottenere al Paese ed alla causa comune. E per un buon decennio di quella “diaspora” mi dolgo di aver fatto parte anch’io.
Appartengo purtroppo ad una generazione politicamente massacrata dal mantra “le idee sono morte – i partiti sono ladri – i politici sono inutili – il governo del fare” e via così.
Mi sono formato, al contrario delle generazioni precedenti, senza Gioventù Liberale, senza punti di riferimento che non fossero i media dell’informazione drogata del “regime bipolarista”, senza partito, senza niente.
Sono il figlio maledetto di una scelta scellerata, cresciuto guardando i genitori che si azzuffano in una taverna di quart’ordine su chi fosse quello ricco prima del matrimonio.
Ho in me il peccato originale di esser nato alla politica quando la politica è stata assassinata, ho in me la sofferenza di essermi dovuto battezzare da solo in mezzo alle urla dei mercanti del tempio, ho in me la consapevolezza di essermi detto “mai più!”.
Ho scelto il PLI per fare in modo che altri più giovani di me possano avere, nel futuro e nel “presente prossimo”, quello che a me è stato negato. Ho scelto il PLI perché questa è la mia casa da sempre, e perché la voglio più bella, più grande, più capace.
E se anche cento volte la “bestia” dovesse buttarla giù, cento e una volte prenderò i mattoni, offrendoli a tutti i miei amici liberali, e ricomincerò da capo.
Ho scelto il PLI perché sono orgoglioso di confrontarmi con l’eredità intellettuale dei nostri padri che non ritengo vecchia, ma piuttosto saggia e valida.
Ho scelto il PLI e non debbo vergognarmene, in barba ai sorrisetti ed allo scherno che tutti i giorni, soprattutto da parte “amica”, ricevo come se fossi l’ultimo giapponese nella giungla.
E questo chiedo a tutti i Liberali, soprattutto ai più giovani.
Stiamo uniti!
La strada della Libertà e del Liberalismo è piena di prove e di cimenti, di scelte, di bocconi amari, di responsabilità.
E’ una strada che si deve prima coraggiosamente tracciare e poi pazientemente spianare, affinché tanti altri, dopo di noi, non abbiano paura di percorrerla.
E se poi, con tutto il rispetto, si vogliono fare altre scelte, che si facciano pure; nessuno pretende di detenere la verità, ma si dia al PLI lo stesso rispetto che si pretende per sé stessi e per le proprie scelte.

Siamo proprio sicuri che i mali elencati siano da addebitare al bipolarismo? A mio parere il bipolarismo non ha portato benefici a causa degli schieramenti – e quindi degli uomini – che gli hanno dato vita. Non si spiegherebbe, altrimenti, il motivo per cui in molte parti del mondo, sia un sistema che funziona. Di perfetto, naturalmente, non c’è nulla.
Comunque, come mi ha insegnato una persona saggia, essere liberali non è una scelta di voto, ma un moto dell’anima.
Gent.mo Gerkota,
premesso che sono un proporzionalista “puro” io ho parlato, non a caso, di bipolarismo forzato. Ed infatti forzato mi pare il bipolarismo all’italiana dove non vi è contrapposizione tra due poli sulla base di un’idea o di una piattaforma, ma semplicemente su una persona e su fumosi, quanto incomprensibili ed invero poveri di contenuti, progetti di riforme che non vanno oltre il titolo di giornale.
Ed i risultati sono li che parlano da se e nonostante me.
Dove lei dice esserci un bipolarismo che funziona esso è ben saldo nella storia elettorale di quel paese e comunque si basa su una contrapposizione ideale (laburisti vs. consevatori – repubblicani vs. democratici – gollisti vs. socialisti – cristiano democratici vs. social-democratici – e così via) e su una fondamentale presenza dei partiti. Mentre il nostro “bipolarismo all’amatriciana” non ha nulla di tutto ciò. La saluto cordialmente e la ringrazio per l’attenzione.
Brividi e commozione… articolo magnifico!
Molte grazie, continui a seguirci. Contiamo anche su di lei.
Caro Enzo, ancora una volta voglio complimentarti per il tuo, che è uno sfogo, prima che un articolo. E’ coinvogente, vero, rappresentativo del disagio di tutta una generazione, che, giustamente, si sente orfana della “Politica” e soffre di doversi confrontare con uno ringhioso starnazzare di miserabili cornacchie. Desidero aggiungere, se è possibie, un altro elemento negativo: L’egoismo ha condotto troppi, che si sono definiti liberali (alcuni continuano a farlo) non a sacelte diverse, che, in un Paese di stampo bipolare, serebbe legittimo, ma a scelte opportunistiche, che, fortunatamente, non hanno quasi mai pagato.
In questo senso il PLI intende essere prima di tutto una scelta di carattere etico, per dare un senso ad una testimonianza, che, come quella dei liberali inglesi, può dover aspettare oltre mezzo secolo per riscuotere un qualche successo, sia pure in una vera democreazia bipolare, come quella britanniaca. Lo stesse potrebbe dirsi per le alterne vicende dei liberali tedeschi, che non sempre sono stati in grado di superere gli sbarramenti, o per quelli francesi e spagnoli, che, come noi, vivono in clandestinità.
Mi auguro che, con interventi come il tuo, “Rivoluzione Liberale” possa divenire luogo di confronto vivace e serrato.
Caro Stefano,
grazie per il tuo apprezzamento che, come sai, mi fa sempre onore perchè viene da un liberale, come te, che non ha esitato ad “esiliarsi” rispetto al circo mediatico e di potere di questo bipolarismo d’accatto per tenere aperta la casa dei liberali italiani; anche con notevoli sacrifici sul piano personale.
Il tuo esempio e quello di altri a mio avviso rappresenta un viatico su cui incamminarsi per rafforzare un partito, come il nostro, che è indissolubilmente legato ai valori, alle idee, all’essere se stessi. E se il liberalismo vero in Italia è sempre stato minoritario questa è una ragione in più per restare insieme e coinvolgere tutti i liberali che vogliono una vera Rivoluzione Liberale.
Un caro saluto.
Caro Enzo,
come ben sai, visti gli ultimi ed incresciosi avvenimenti accorsi sul sito del PLI, mi ero ripromesso di non scrivere più su piattaforme che facessero riferimento ad esso.
Tuttavia, considerata la stima e l’amicizia che nutro nei tuoi confronti, ma soprattutto la passione che metti in ciò che dici e che scrivi, voglio anch’io dare un mio personale contributo alla tua riflessione.
Non concordo con te sull’assenza di azione politica dei liberali o comunque liberale nella seconda repubblica: penso all’eliminazione del servizio di leva obbligatoria quando al ministero della difesa sedeva l’on.Martino o il tentativo dell’on.Biondi di mettere mano alla giustizia o le liberalizzazioni bersaniane. Insomma qualcosa si è mosso.
Certo, si poteva fare molto di più ma dobbiamo accettare l’idea che il nostro non è un paese liberale e perciò le nostre idee vanno estremamente difese (per poi un domani essere approvate come dati ovvii).
Qui arrivo alla seconda parte della tua riflessione: l’unificazione dei liberali.
Si è sempre detto che due liberali in una stanza fanno tre correnti e credo che questo dia l’idea di come la pensiamo noi riguardo all’organizzazione. Nel PLI vi erano diverse correnti anche se, quando andava bene, il partito otteneva il 5-6% dei consensi.
Occorrerebbe una fase nuova e un nuovo modo di “fare” partito ma per far ciò si dovrebbe cambiare vestito e alimentazione al contenitore.
Come più volte ti ho detto le vecchie sigle sono ormai cimeli della storia e perciò non riusciranno mai tornare ai fasti di un tempo (le ultime elezioni amministrative sono la conferma).
Ecco perchè per riunirci dobbiamo modificare abbigliamento: nuovo nome, nuovo simbolo ma soprattutto nuova classe dirigente e nuovo modo di affacciarsi ai cittadini.
I giovani liberali a cui tu ti riferisci non sono quelli che stanno in una sala a parlare di massimi sistemi: vogliono azione, battaglie sul territorio anche provocatorie, vogliono dibattiti, confronti e scontri se è il caso e non accettano più giochi e giochini inutili.
Perciò, e concludo, se davvero vogliamo una Rivoluzione Liberale (non solo come rivista, ma come battaglia ideale e culturale) dobbiamo svoltarci le maniche e ricominciare da zero con la forza che il futuro ci dà: i giovani!
Ciao! Claudio
Caro Claudio,
grazie per la stima che, come sai, ricambio.
Come ti ho spesso detto in diverse occasioni la tue convinzioni, emerse più che altro dopo la tua uscita dal partito, sono diverse dalle mie in tema di “mondo liberale italiano”.
Per le ragioni storiche note a tutti e che ho parzialmente tentato di esporre nel mio pezzo, mi pare dimostrato come quello che tu sostieni sia, alla prova della storia e dei fatti un tentativo più volte espresso e più volte fallito. La prova più grande è Forza Italia (nome nuovo, accattivante, marketing interessante, volti nuovi, politica del fare, giovani ” a go go”, etc.). Come è finita ti dimostra che in politica, se si vuole stare alle idee, non basta essere giovani e belli per ottenere dei risultati veri. La gioventù “a prescindere” non è sinonimo di validità. Le persone sono valide, o meno, a prescindere dalla loro carta d’identità.
Quanto alle vecchie sigle ed ai “cimeli” mi pare che tu abbia intrapreso, grosso modo ma spero di sbagliarmi, la via di tutti i liberali usciti dal PLI o ad esso ostili per le più varie ragioni: se il PLI muore o scompare ciò diventa motivo per te, e per gli altri, di sostenere che avevi ragione. A me pare, invece, che i liberali fuori dal PLI che ne auspicano la scomparsa abbiano come fine quello di levarsi di mezzo un partito che, fintanto che esiste, gli impedisce di rivendicare di essere loro i “veri liberali”. Una volta un vecchio esponente del PLI che contattai in Sicilia per le elezioni amministrative mi disse, con molta onestà, che avrebbe avuto delle difficoltà a farsi sostenere dal PLI mentre lui non ne faceva più parte; questo perchè gli elettori, che lo conoscevano come liberale da sempre, non avrebbero compreso come mai non stava dentro il suo partito piuttosto che farsi sostenere dall’esterno…..riflettici un pò su.
Quanto al “cambiamento” se vuoi cambiare il PLI vieni, raccogli le forze ed i voti, e cambialo. Questa è la democrazia, questo è il liberalismo. Ma che tu, come altri, pretenda di dettare la linea da fuori mi pare un pò pretenzioso quanto inefficace, se il cambiamento è quello che vuoi davvero.
Un caro abbraccio.
Enzo