È evidente che il tema gli sta molto a cuore. Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, torna a parlare di cittadinanza italiana, della necessità che essa venga acquisita dai figli di immigrati nati nel nostro Paese. Un tema controverso, che come tanti altri ha scaldato il clima politico precedente all’avvento del Premier Mario Monti e che ha fatto perdere molto tempo che meglio sarebbe stato utilizzare per tentare di risolvere i pesanti problemi economici e sociali che rischiavano di causare il tracollo italiano. In una lettera inviata l’altro giorno al Comune di Nichelino (Torino) – che ha conferito la cittadinanza onoraria a 450 ragazzi nati negli ultimi dieci anni sul territorio comunale da genitori stranieri – il Capo dello Stato, a proposito delle cosiddette ‘seconde generazioni’, ha affermato che sono “parte integrante della nostra società. L’attribuzione della cittadinanza onoraria, può rappresentare un prezioso contributo per un’opera di sensibilizzazione dell’opinione pubblica sul tema, anche se tale provvedimento non ha ovviamente un valore giuridico, ma solo simbolico. È evidente, come ho più volte rilevato, il disagio di tutti quei giovani che, nati o cresciuti nel nostro Paese, rimangono troppo a lungo legalmente ‘stranieri’, nonostante siano, e si sentano, italiani nella loro vita quotidiana”. Napolitano ha terminato dicendo che è “auspicabile che queste iniziative costituiscano uno stimolo a una seria e approfondita riflessione anche in sede parlamentare, per una possibile riforma delle modalità e dei tempi del riconoscimento della cittadinanza italiana ai minori stranieri”.

Mesi fa Napolitano aveva addirittura definito una “follia negare un’aspirazione sacrosanta a chi è nato in Italia”. D’accordo con l’Inquilino del Quirinale, si sono sempre dimostrate le forze di centrosinistra e di centro, in particolare il Partito Democratico di Pierluigi Bersani, l’Unione di Centro di Pierferdinando Casini e Futuro e Libertà del Presidente della Camera, Gianfranco Fini. Naturalmente contraria soprattutto la Lega Nord, con il Popolo delle Libertà costretto a barcamenarsi per non mettere a rischio un’alleanza destinata comunque – come la storia recente ha dimostrato – a frantumarsi.

Domenica, a poche ore dalla vittoria di Francois Hollande nelle Presidenziali di Francia, Napolitano ha telefonato al nuovo Capo di Sato transalpino per porgere le sue “calorose congratulazioni per il risultato elettorale e auspicare rapporti di attiva collaborazione tra Italia e Francia nel contesto europeo”.

Nella scorsa settimana Napolitano è tornato a parlare delle difficoltà della politica italiana e della necessità che essa trovi lo slancio per rinnovarsi e dare così al Paese la garanzia di un progressivo e benefico sviluppo. “In questa fase politica così complicata, singolare e fuori dagli schemi – ha detto il Presidente – è importante che tutte le parti, e il Governo e le forze politiche lo stanno facendo, si cerchi la via di una rigenerazione della politica di cui abbiamo assoluto bisogno”. L’occasione di riproporre un tema di tale importanza, Napolitano l’ha colta al Quirinale alla cerimonia dei David di Donatello. “Viviamo in tempi difficili” e la politica è chiaramente “in affanno”: ma bisogna “recuperare fiducia in se stessi e la fiducia degli altri”, ha aggiunto il Capo dello Stato che poi ha sottolineato: “È necessario il recupero di una dimensione morale e ideale del cinema e della cultura in genere” da parte del mondo della politica. Napolitano ha lodato “la vitalità e l’energia” del cinema italiano spiegando che, come molte industrie, “è decisivo il capitale umano”. E in Italia c’è “un meraviglioso capitale umano che si rinnova di generazione in generazione. In questa cerimonia – ha aggiunto il Presidente – ho visto il passaggio di testimone da generazione a generazione, e questa è una grande garanzia per il nostro cinema e per il nostro Paese”.

Lo scorso venerdì Napolitano aveva anche preso parte alla celebrazione del 151° anniversario della costituzione dell’Esercito italiano. Nel corso della cerimonia militare il Presidente della Repubblica aveva conferito dieci alte onorificenze, una alla bandiera di guerra dell’Esercito e le altre per l’impegno profuso dai nostri militari in Afghanistan. Otto di queste decorazioni (di cui due medaglie d’oro al valor militare) sono state conferite a caduti nella missione di pace mentre le altre due a militari gravemente feriti nel corso della stessa missione afghana. È stato poi il Capo di Stato maggiore dell’Esercito, Claudio Graziano, a voler citare con ”commozione” nel suo discorso, i caduti nelle missioni all’estero ricordando come l’Esercito svolga oggi una funzione ”di primissima importanza” anche nella protezione delle frontiere e per la sicurezza nazionale. Lo stesso Graziano ha poi ricordato il profondo ”processo di riorganizzazione avviato dall’Esercito e imposto dalla situazione economica del Paese e che consentirà di arrivare a uno strumento più snello ma più efficace e idoneo a sostenere le esigenze di sicurezza nazionale”.

© Rivoluzione Liberale

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1 COMMENTO

  1. Tra le tante cose sagge e nobili che il Presidente Napolitano viene dicendo, in attuazione della sua preminente funzione di magistero politico e morale, il tema della cittadinanza ai figli di immigrati é uno dei pochi su cui non sono d’accordo con lui. Lo stesso Presidente, del resto, lo ha messo prudentemente in sordina, passando dalla definizione di “follia” all’auspicio di una “riflessione”, che rimanda a un futuro non definito e, certamente, a un Parlamento diverso dall’attuale. Segno che ha capito che, in una fase critica come l’attuale, il tema introdurrebbe nuovi elementi di conflitto e tra le forze politiche e di spaccatura nell’opinione pubblica. Peró il tema si riproporrá e una riflessione sará davvero necessaria, anche se tra le forze politiche che saranno in futuro in Parlamento e nella stessa popolazione, vi fosse una maggioranza a favore (maggioranza che sarebbe comunque esigua e non adatta a risolvere un problema di portata costituzionale). Nel merito, ho scritto in altra occasione, e torno a ripetere, che la cittadinanza non puó essere il frutto di un mero fatto meccanico, ma l’esser nati in Italia puó e deve esserne elemento costituivo assieme ad altri di altrettanto valore: conoscenza della lingua, della cultura e delle leggi del Paese, l’avervi vissuto un sufficiente numero di anni con un comportamento responsabile, ed un’etá che consenta una autonoma scelta di cittadinanza. In altre parole, conviene aspettare i 18 anni, naturalmente trattando nel frattempo i nati in Italia, a tutti i fini, come gli italiani, con pari diritti e doveri, ció che é possibile considerando che non vi é compreso il diritto di voto che anche un italiano acquisisce alla maggiore etá. Un problema psicologicamente connesso, che Hollande ha messo all’ordine del giorno in Francia e si porrá prima o poi anche da noi, riguarda il voto agli stranieri non comunitari nelle elezioni locali. Tema controverso, su cui riflettere a fondo, ma ineludibile. Su di esso il Presidente saggiamente ha fino ad ora taciuto. Al di lá della valenza morale delle due questioni in gioco, penso che la prioritá in Italia sia per ora salvaguardare e, se possibile, rafforzare, la coesione nazionale e non spingere, anche per cause nobili, una parte del Paese ancora di piú verso la secessione, e non mettere nuovi carichi su una societá civile vicina al punto di rottura. Questo dovrebbero capirlo, non solo FLI e UDC, che sono forze moderate, ma anche il PD. E spero che questa sia la posizione – di rinvio a tempi piú idonei, non di esclusione a priori – dei liberali italiani.

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