Il tentativo effettuato dai Paesi Baltici di intraprendere un progressivo sganciamento energetico dalla Federazione Russa sta generando ripercussioni politico-strategiche di vasta portata. Particolarmente sensibile è la situazione della Lituania, a oggi completamente dipendente dalle forniture di gas russo in conseguenza dello shutdown della centrale nucleare di Ignalina (avvenuto il 31 dicembre 2009 in ottemperanza agli accordi di adesione all’UE). Il governo lituano ha quindi impostato una strategia energetica essenzialmente basata su due pilastri.
Da un lato, la costruzione di una nuova centrale nucleare a Visagina di cui tratteremo in seguito. Si tratta di un impegno trascinatosi per un decennio, parzialmente coronato nel 2006 dalla ratifica di un MoU fra i vertici delle utility dei tre Stati baltici (Lietuvos Energija, Eesti Energia e Latvenergo) interessati alla costruzione della nuova centrale in cui i giapponesi di Hitachi-General Electric saranno l’investitore strategico. Dall’altro lato, la realizzazione di un terminale GNL (Gas Naturale Liquefatto) che nei piani governativi fa da corollario logico all’adozione del Third Energy Package dell’UE. Il pacchetto prescrive per le società attive nel settore del gas la separazione (unbundling) fra proprietà delle reti e attività operative. Nei piani lituani, l’unbundling (da portare a compimento entro il 31 ottobre 2014) ha una funzione molto chiara: consentire a più fornitori di accedere al mercato, per mezzo dell’agognato rigassificatore e della rete di condotte già esistente di cui la Lietuvos Dujos (principale società lituana attiva nel trasporto, distribuzione e vendita di gas, controllata al 37,1% da Gazprom) sarà costretta a cedere la proprietà in ottemperanza al TEP.
La convenienza economica di questo progetto non è però condivisa a livello politico. Algirdas ButkeviÄ ius, leader del Lietuvos Socialdemokratų Partija (LSDP, maggior partito di opposizione), ha recentemente notato come sia per il terminale GNL che per la centrale nucleare manchino seri studi di fattibilità. La parlamentare BirutÄ— VÄ—saitÄ—, dello stesso schieramento, ha aggiunto sul tema che il ventilato rigassificatore si sta dimostrando troppo costoso per le possibilità lituane. All’atto pratico, il costo del gas potrebbe poi superare quanto attualmente pagato alla Gazprom. Inoltre, i conservatori al governo non hanno fornito informazioni sufficienti all’opposizione – uno dei motivi principali per cui i socialdemocratici non sono intenzionati a sostenere l’iniziativa, giungendo a ventilare l’ipotesi di un referendum popolare sul terminale e sulla centrale.
A fronte della fronda delle forze d’opposizione lituane, il governo è impegnato attivamente nel reperire investitori e fornitori che sostanzino la scommessa energetica. In questo quadro s’inserisce la tournèe della Presidente lituana Dalia GrybauskaitÄ— in Qatar, alla testa di una delegazione composta – tra gli altri – dal Ministro dell’Energia Arvydas Sekmokas, dal Viceministro degli Affari Esteri Asta SkaisgirytÄ—-LiauškienÄ— e dal Managing Director della KlaipÄ—dos nafta Rokas Masiulis. All’incontro con l’Emiro del Qatar Hamad bin Khalifa Al Thani e il suo entourage sono state affrontate le prospettive di cooperazione bilaterale in materia economica ed energetica. In particolare, la Lituania sarebbe interessata a ricevere dal Qatar (il più grande fornitore di gas naturale al mondo) un miliardo di metri cubi di gas all’anno o poco meno (su una capacità del terminale stimata a circa due-tre miliardi di metri cubi). L’ufficio stampa presidenziale ha rilasciato un comunicato in cui si è posto l’accento sull’aspirazione lituana all’indipendenza e sicurezza energetica, da ottenersi riducendo la dipendenza dal gas russo e sottraendosi alle pratiche monopoliste di Gazprom.
Più o meno negli stessi giorni, il Ministro Sekmokas ha incontrato il Ministro del Petrolio e dell’Energia norvegese Ola Borten Moe, che ha espresso pieno supporto alla volontà lituana di perseguire una politica energetica autonoma dal gigante eurasiatico e di creazione di un mercato del gas libero e concorrenziale. Borten Moe ha illustrato l’espansione di alcune utility norvegesi nel settore del GNL, diversificazione che potrebbe andare nell’interesse della Lituania. La Norvegia è uno dei principali fornitori di gas in Europa – il Paese ne estrae circa 100 miliardi di metri cubi l’ann, pari a circa il 20% del fabbisogno europeo.
Il governo lettone ha avviato sul tema forum di dialogo anche con altri Paesi (tra cui Algeria, Nigeria, Trinidad, Stati Uniti e Azerbaigian). Il percorso è tuttavia irto di ostacoli, sia per via dei sempre maggiori interessi geostrategici soggiacenti alle rotte dell’oro azzurro, che per la difficile sostenibilità economica di un progetto che andrebbe a interessare un bacino di utenza (nella migliore delle ipotesi, e cioè con il coinvolgimento – affatto scontato – di tutti i Paesi baltici) attorno ai sei milioni di persone. Il peso demografico è una variabile da non trascurare nel valutare le decisioni e i rapporti di forza fra Paesi baltici e i ‘pesi massimi’ (aziende, gruppi di pressione, stati nazionali) operanti sulla scena.
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