Le Amministrative alla vigilia non contano mai niente per gli addetti ai lavori, finito lo spoglio c’è la ressa per strappare i microfoni e finalmente poter dire: “Ve l’avevo detto, il risultato è politico!”.
Banalità in mezzobusto, tuttavia i dati sono inconfutabili e mettono una pietra tombale sul Popolo della Libertà. Se un mese fa da queste colonne parlavamo di disgregazione in atto, oggi siamo al necrologio. Berlusconi sbraita in cerca del colpevole, ma la mira è vaga e i bersagli sono i fantocci di sempre (toghe rosse, Casini, ex finiani, Monti, falchi, interisti, voltagabbana, Ballarò, Servizio pubblico, ma l’elenco potrebbe continuare), più qualche new-entry: do you know Alfano? L’ex Premier nei momenti che contano sta sempre altrove, in Russia in questo caso a complimentarsi con l’amico dei giorni felici: Putin.
L’operazione stile desert-storm portata avanti da Grillo e M5S, ha sconquassato le truppe azzurre e ora il Cavaliere per salvare capra e cavoli tenta la carta Casini, ancora in trance post-elezioni e con l’idea fissa di costruire il tanto agognato ‘Partito della Nazione’. Il leader dell’Udc, prima di addentrarsi nell’antro delle riflessioni, ha dichiarato due-tre cosette sulle quali c’è poco da scherzare: “I moderati sono in mezzo a un cumulo di macerie, prendiamoci una pausa; il Terzo Polo è servito per archiviare il berlusconismo ma non è in grado di recepire la richiesta di cambiamento; bisogna andare oltre, molto oltre, e non intendo aggiungermi nella foto di Vasto e inseguire la Lega nelle valli padane”. Le lavate di capo e le pregiudiziali di Casini nei confronti di Berlusconi sembrano essere le stesse di prima, chi vivrà vedrà.
Il Pd sostanzialmente ha tenuto botta. Bersani questo lo sa e per quanto il fenomeno Grillo gli abbia rubato la scena insieme alle pressioni dei rottamatori con l’ansia da prestazioni primarie, i venti socialisti che spirano dal civico 55 di rue du Faubourg-Saint-Honoré lo hanno rinfrancato e non poco. Il Partito democratico, fra quelli della vecchia guardia, è quello che è andato meglio, tanto da far dire al suo leader che il voto di domenica e lunedì induce all’ottimismo: “Oggi nei Comuni, domani vinceremo in Italia”. Per Pier Luigi Bersani il successo di Hollande “è una bella notizia per l’Europa, è una vittoria che attendevamo e credo che questo possa essere un passo determinante per invertire il ciclo disastroso dei governi delle destre e anche per sconfiggere questi venti populisti e regressivi che si fanno sentire in Europa”. Un nuovo atteggiamento verso l’Ue, dunque, ogni riferimento al dominio di rigore e tasse di stampo teutonico è del tutto casuale.
La tentazione d’autunno, anche se nessuno fra i ‘piddini’ si azzarda a mettere in dubbio la fiducia assicurata all’Esecutivo, si chiama elezioni anticipate. Una perversione, quasi. Bersani saprà tenersi il cecio in bocca? E’ una caramella tutta succosa e da scartare, sfruttando l’onda lunga del successo di Hollande in terra transalpina, ma dietro a queste suggestioni e ‘ottobrate romane’ potrebbe celarsi anche un patto non scritto sancito dal duo Bersani-Monti (il secondo nelle ultime settimane ha tirato due tre ganci al mento del Pdl, prima del knock-out venuto fuori dalle urne). Che sia proprio il ‘bocconiano’ il Prodi di domani?
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Non credo. Monti é uomo di estrema rettitudine, personale e politica, e non penso proprio che si presterebbe a un gioco del genere. Se ha bacchettato il PDL é perché é da quel lato che gli erano venute le critiche piú sornione, ma escludo che pensi a dirigere un governo di centro-sinistra, che sarebbe contrario a tutti i suoi principi. Queste dietrologie sono del tutto aliene al Monti che conosco e stimo, e sono convinto che, finito il suo mandato attuale, sará ben lieto di fare il senatore a vita e il Presidente della Bocconi, a meno che non sia un rinnovato consenso delle maggiori forze politiche a chiedergli di continuare. E quanto a Bersani, conoscendolo penso che il Primo Ministro, se il PD ne avrá la forza, vuole farlo lui, che ritiene di averne la capacitá.