La Grecia è nel caos, il 66% delle preferenze degli elettori è andato alla sinistra radicale di Alexis Tsipras, che in questi giorni ha rifiutato formalmente il mandato esplorativo per formare un Governo dei partiti anti-austerity. Ora la palla passa all’ex ministro delle finanze Evangelos Venizelos Presidente socialista del Pasok, ma anch’esso è dato già per rinunciatario. La soluzione migliore, spiega Venizelos, potrebbe essere un governo di unità nazionale finalizzato a scongiurare l’uscita dall’euro, nel rispetto dei patti di austerity presi con Bruxelles: “l’uscita dall’euro – avverte Venizelos – significherebbe povertà di massa”.
La Germania si schiera naturalmente a difesa dell’austerità fino ad ora professata. Il ministro delle finanze Wolgang Shauble, ha dichiarato prima che spetta alla Grecia decidere se rimanere nell’euro e poi, con toni un po’ più preoccupati, che “ogni ombra di dubbio sugli accordi presi con l’Europa, farebbe immediatamente scattare un’incertezza catastrofica sui mercati finanziari”. Gli fa eco il presidente della Bundesbank, Jens Weidmann , dicendo che non c’è alternativa alla correzione dei conti imposta ad Atene in cambio dei salvataggi Ue-Fmi.
Ieri in Lussemburgo si è tenuta una riunione molto importante dell’EFSF (European Facility Stability Found) che aveva come punto centrale il lasciapassare per la tranche da 5,2 miliardi, di cui la Grecia ha bisogno come il pane; tranche che ha però rischiato di saltare e infine si è deciso di sbloccare i crediti per soli 4,2 miliardi, accantonando un miliardo di riserva e evitando la bancarotta immediata del paese ellenico.
Il rischio che potesse saltare la tranche è emerso poiché i cosiddetti ‘falchi del rigore’ volevano dare un segno particolarmente pregnante alla Grecia e alla necessità che essa debba avere un governo stabile che appoggi i programmi sottoscritti dal Premier Papademos. Alla fine, il buonsenso ha prevalso e con l’aiuto della Commissione e della Francia è stata trovata la soluzione.
In realtà il pericolo non è ancora passato e si ha qualcosa di più di un sentore che ad ogni scadenza si arriverà fino all’ultimo momento per rilasciare i soldi al governo di Atene. Il momento della verità sarà a giugno, quando a Bruxelles si discuterà della negoziazione di 23 miliardi di aiuti e di una tranche da 8 miliardi necessari alla Grecia per poter far fronte agli interessi sul debito. Unica cosa certa è che la Grecia avrà bisogno di un governo stabile – che ad oggi non è così certo – per fruire del pacchetto di 130 miliardi e sopravvivere; ma c’è già chi si prepara all’eventualità che Atene possa dire addio all’euro.
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L’alternativa posta con chiarezza dal Presidente Barroso, e sostenuta dai responsabili tedeschi, alla Grecia: rispettare gli impegni presi coll’UE e il FMI o uscire dall’euro, pare pesante e ingenerosa, ma cosí non é. La Grecia sconta anni di irresponsabile leggerezza, di cui hanno beneficiato tutti o quasi i greci (tra l’altro, delle folli spese per le Olimpiadi). Se chiede aiuto agli altri per uscire dalla crisi, non puó aspettarsi di ricevere questo aiuto a fondo perduto. Non puó, onestamente, chiedere all’UE di gettare in un pozzo senza fondo centinaia di miliardi di euro (che appartengono agli altri Paesi e, in definitiva, a tutti noi). Questa é la dura realtá, tutto il resto é pericolosa illusione, che l’UE farebbe molto male ad alimentare. Certo che il default greco provocherá una ulteriore crisi nei mercati giá scossi, e ne pagheremo anche noi le conseguenze, ma é meglio tagliare il male alle redici. Quando si é indebitati fino al collo e il credito ordinario é finito, o si imbocca una dolorosa ma necessaria politica di rigore, o si decide di non pagare, ma le conseguenze sono anche peggiori. Il caso dell’Argentina lo insegna; dopo aver dichiarato il default all’inizio del 2002, ha perso 14 punti del PIL, e si é ripresa in seguito solo perché é un Paese con risorse illimitate, che la Grecia non ha.
Una nota a margine: la sinistra radicale greca non ha avuto il 66% delle preferenze (se le avesse avute sarebbe giá al governo) ma molto meno (credo attorno al 26%, meno dei conservatori e poco piú dei socialisti, due partiti che vogliono il rispetto degli impegni e la permanenza nell’euro).
Ciò che sta succedendo qua in Grecia è interessantissimo. I risultati delle elezioni sono stati:
1. Nea Democratia – destra pro austerity (anche se questo partito è l’artefice del “buco” nel bilancio greco!) 19,20%
2. Syriza – sinitra anti austerity 16,59%
3. Pasok – Socialisti pro austerity (anche se anche questo partito ha contributo a creare il “buco” di cui sopra) 13,39%
4. Grecia indipendente – destra antiausterity 10,54%
5. KKE – comunisti sovietici non accettano nessuna coalizione 8,41%
6. Alba dorata – estrema destra antiausterity 6,42%
7. Dimar – partito che accetta qualsiasi coalizione 6,07%
La legge elettorale garantisce un premio di 50 deputati al partito di maggioranza relativa – il sistema è a camera unica.
Secondo la costituzione il capo delle stato assegna il mandato di formare il governo la primo partito per tre giorni. Dopodiché il mandato passa al secondo partito e poi al terzo. Infine il capo dello stato convoca una riunione finale tra i tre maggiori partiti per decidere se si puo formare un governo o indire nuove elezioni entro un mese.
Oggi siamo alla riunione finale col capo dello stato. Nea Democratia, SYRIZA e PASOK hanno fallito il loro tentativo di formare il governo.
E’ interessante osservare cosa è successo durante i tentativi di formare un governo. Il capo del maggiore partito, Nea Democratia ha desistito in tre ore. Il leader del secondo partito, SYRIZA, sinistra radicale antiaustery, è un giovane di 38 anni e si chiama Tsipras. Tsipras, ricevuto il mandato, ne ha approfittato per fare un show strabiliante. In pochi giorni ha scritto alla Merkel, ha chiesto un incontro a Hollande, ha chiesto ai leader dei partiti pro austerity di “ritirare” le firme dagli accordi per il salvataggio del paese. Un vero “lider” (non “leader”) in demagogia.
Tsipras, secondo i sondaggi, ha affascinato i greci; il consenso verso il suo partito aumenta e alle prossime elezioni sarà lui ad ottenere la maggioranza relativa.
Se i sondaggi sono corretti, il destino del paese sembra segnato: SYRIZA formerà un governo, gli aiuti internazionali saranno bloccati, il paese sarà costretto a “stampar moneta” e per poterlo fare attiverà l’art. 50 del trattato di Lisbona che regola l’uscita dalla UE. La nuova Dracma svaluterà del 50% nel primo giorno, l’inflazione raggiungerà il 20-40%, i tassi di interesse il 50-70%.
Avremo quindi una Grecia comunista, povera e isolata dall’Europa: “Cuba in Europa”.
Cordialmente,
Marco Ennilo