A Camp David, la loro complicità era palpabile. Una cosa è certa, il Capo di Stato francese ha trovato un prezioso alleato: dai primi minuti del suo colloquio privato con Barack Obama, si è accesa la corrente. Stessa lunghezza d’onda in politica, stessa capacità di sintesi, stesso humor distaccato. Barack e François, che non si conoscevano, non hanno avuto bisogno che di una ventina di minuti a tu per tu per mettersi d’accordo sulla sostanza: unire le loro forze per promuovere l’Europa. “E’ quello che vuole l’opinione pubblica, ed è quello che vogliono i Mercati”, ha detto Hollande. L’associazione con Obama è prima di tutto pragmatica. “Il Presidente americano preferisce un’economia che funziona a delle crisi finanziarie che rimbalzano continuamente”, commenta Hollande. Non dimentichiamo che l’uomo della Casa Bianca mira ad una rielezione in Novembre, e per assicurarsi la vittoria ha bisogno, più che mai, di far girare l’“azienda America”. Come Hollande, Obama è un keynesiano che non dice il suo nome. L’intervento pubblico, che il Presidente americano vorrebbe in Europa, assomiglia molto al piano di rilancio che ha lui stesso attuato negli Stati Uniti dal 2009. Con risultati tangibili: la politica monetaria generosa della Banca Federale ha permesso iniezioni di liquidità nell’economia.

I grandi progetti di infrastrutture lanciati da Washington hanno dopato gli affari. Risultato? 4 milioni di posti di lavoro creati in tre anni. Obama è convinto che sia meglio agire in modo vigoroso e in un tempo concentrato piuttosto che centellinare le misure, ed è pronto a far beneficiare gli Stati europei dell’expertise americana. Secondo il Presidente USA, la principale debolezza del Vecchio Continente risiede nel fatto che ogni decisione debba essere approvata da 17 Stati. Ma questa è l’Europa e per evitare la catastrofe, bisogna convincerli uno per uno, i 17 Capi di Stato dell’Eurozona. A Camp David e a Chicago Obama e Hollande hanno intrapreso questo lavoro delicato per l’avventore più difficile: Angela Merkel, la Cancelliera tedesca che non vuole sentir parlare di stimolo (o forse sì, dopo la continua perdita di “consensi” a livello locale e internazionale) fino a che le iniezioni di austerità non avranno sanato i bilanci e sgonfiato il debito degli Stati membri.

Ecco perché, secondo le indiscrezioni dei rari osservatori autorizzati, le discussioni del G8 di Camp David sono state spesso molto accese. I due paladini della crescita hanno beneficiato dell’aiuto del Primo Ministro italiano Mario Monti. “Non sono stato il solo a difendere gli eurobond”, ha ripetuto più volte alla stampa Hollande. Per ora, Angela Merkel continua a respingere questa “eresia” che demolisce la stretta ortodossia monetaria imposta dalla Germania. Queste obbligazioni costituirebbero, agli occhi dell’opinione pubblica tedesca, nuovi “vantaggi” offerti ai Paesi chiamati sarcasticamente “Club Med”, i meno “rigorosi” dell’Unione. E non varrebbero che per la garanzia fornita dalla Germania. Ma Hollande non demorde.

Durante i numerosi incontri bilaterali tenuti a Chicago, il Presidente francese ha potuto “studiare” i suoi partner. Segnali incoraggianti sono arrivati da Belgio, Austria e Danimarca. E’ già qualcosa. Hollande è convinto che tutte le proposte debbano essere prese in considerazione per poter determinare cosa si voglia e possa fare per far decollarela crescita. L’obiettivo del Presidente francese è, al di là di ciò che pensa la Merkel, di ideare un’estensione al trattato sull’equilibrio di bilancio dedicato al rilancio delle attività. Questo nuovo patto dovrebbe essere presentato agli Stati membri già al prossimo Summit europeo che si terrà il 28 e 29 Giugno prossimi. Forse qualcosa sta già cambiando in casa tedesca.

Prima di allora, si terrà a Roma una riunione a tre, tra Merkel, Monti e Hollande. La battaglia è lontano dall’essere vinta. Durante la campagna presidenziale, François Hollande derideva i vani sforzi di Nicolas Sarkozy, il candidato uscente, che aveva partecipato a 16 riunioni europee in 10 mesi, promettendo sempre risultati brillanti, ma non ottenendo in definitiva nessun progresso. Al passo al quale vanno gli attuali negoziati, Hollande potrebbe soffrire dello stesso male: un attivismo che rimane sterile. A volte troppo sicuro di sé, viene criticato spesso, come il suo predecessore, per la sua presunzione tutta francese, e deve fare attenzione a trattare bene la sua interlocutrice germanica. Si temeva che Hollande rimanesse isolato in Europa, soprattutto per la sua volontà di non limitare i progetti economici alla sola austerità tanto amata da Angela Merkel e lavorare a programmi che rilanciasserola crescita. Ma ora Angela Merkel  sembra essere sempre più isolata su questo punto in Europa e in seno ai G8. Obama è un politico piuttosto perspicace ed ha capito che la sua rielezione si giocherà principalmente sulla situazione economica degli Stati Uniti. Se l’Europa  prende freddo, anche gli USA tossiscono. Ecco il perché dell’asse Obama-Hollande in difesa della crescita.

Intesa che si è manifestata anche sulla spinosa questione afghana. Obama non ha forzato Hollande a ritornare sulla sua decisione al ritiro delle truppe francesi in anticipo (fine 2012). Il neoeletto Presidente avrebbe perso la faccia davanti ai suoi elettori, chiamati a breve nuovamente alle urne per eleggere dei deputati. E non poteva screditarsi alla prima uscita internazionale, cedendo alla prima ingiunzione americana. Ma l’orizzonte del 2012 non riguarderà che le truppe combattenti e la Francia continuerà a lavorare e finanziare la formazione della polizia e dell’esercito afghano. E Hollande ha risparmiato Obama non esprimendo pubblicamente alcuna opposizione al programma di difesa antimissile e astenendosi  dal costatare il pur palese fallimento della guerra in Afghanistan. Di fronte agli Stati Uniti e a un Presidente del quale auspica la rielezione, ha scelto di rimanere fermo sulle sue decisioni senza fare provocazioni.

Hollande ha superato il suo primo test di credibilità internazionale. E se in campagna elettorale le questioni internazionali sono state grandi assenti,  possiamo scommettere che il Presidente francese si impegnerà sempre più su questa strada. 

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