C’è un che di agghiacciante guardare esprimersi questo uomo dallo sguardo nero, nel quale si cerca di cogliere ancora qualche lampo di umanità. Quella calma inquietante che gli fa da scudo e quel sorriso crudele con il quale sottolinea ogni allusione ad un fantomatico “complotto straniero”, segnano la distanza che pone inesorabilmente tra il suo popolo che massacra da 15 mesi e 4 generazioni di dittatori sui quali si appoggia per considerare con sufficienza ogni dichiarazione ufficiale, anche quelle dettate a quattro occhi dal rappresentante delle Nazioni Unite.

Domenica 3 Giugno Bachar al-Assad ha pronunciato uno dei suoi rari discorsi davanti all’Assemblea del suo Paese, in diretta televisiva, con l’autocontrollo brutale del Capo di Stato che disdegna la sofferenza dei siriani, dei quali non vuol sapere di parlare. Possiamo però trovare con lui un punto sul quale concordare. Parlando di coloro che hanno commesso l’atroce massacro di Hula – 108 morti tra i quali 49 bambini massacrati – ha detto con aria grave che erano dei “mostri”. Quale altra parola potremmo trovare per qualificare coloro che hanno braccato, terrorizzato, per poi sterminare famiglie intere, bambini compresi? Ma non dice chi siano questi mostri, che gli osservatori delle Nazioni Unite  appartenere al suo campo. Preferisce rimanere sulle sue posizioni, sempre più insostenibili, che definisce “baluardo contro un terrorismo che non cessa di aumentare”. Certamente l’opposizione siriana è divisa, frammentata e questo la rende fragile e poco credibile agli occhi degli Stati che si preoccupano e occupano del dramma umano che vivono laggiù, i “capi” si rinnovano troppo spesso, impedendo un dialogo continuativo, ma anche Bachar al-Assad si indebolisce sempre più, granitico nel suo modo di essere. Il potere siriano è agli sgoccioli, è evidente. Da 15 mesi, mentre in Tunisia, in Egitto, in Libia e persino in Yemen, altri despota cadevano, il leader alauita ha optato per una fuga in avanti criminale che potrebbe un giorno vedere l’intervento della giustizia penale internazionale.

Il sangue non si ferma. “Affronto alla dignità umana”, atto “barbaro”: la comunità internazionale ha, a pochi giorni dal massacro di Hula, condannato un nuovo massacro avvenuto in Siria. Dei massacri stiamo perdendo il conto. Il Segretario Generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, ha definito questo nuovo episodio “scandaloso e rivoltante”. “Da mesi è evidente che il Presidente  Bachar al-Assad ha perso ogni legittimità” ha dichiarato davanti all’Assemblea Generale delle NU. “E’ tempo per la comunità internazionale di agire in modo concertato”, ha detto Ban Ki-moon, sottolineando il rischio di una guerra civile totale. Il Segretario di Stato americano, Hillary Clinton, pensa che Assad “debba cedere il potere e lasciare la Siria”, dichiarando che “la violenza sostenuta dal regime alla quale abbiamo assistito ad Hama è semplicemente inammissibile”.La Casa Biancaha ugualmente denunciato l’atrocità del fatto e il capo della diplomazia europea, Catherine Ashton, ha reclamato una “inchiesta totale su questo crimine imperdonabile”.  Da parte sua, la Russia, ostile a tutta imposizione di un cambio di regime in Siria, ha denunciato questo “barbaro” massacro essere una “provocazione” che mira a far fallire il piano di pace dell’emissario dell’ONU e della Lega Araba Kofi Annan, e ha fatto appello all’Occidente perché facesse pressione sull’opposizione armata siriana a far si che lo rispettasse. Quanto alla Cina, sotto pressione da parte della comunità internazionale perché molli il suo alleato siriano, Venerdì ha fatto appello all’opposizione e alle forze di Assad chiedendo loro di mettere fine alle violenze e applicare il piano di pace di Annan. La Cina “condanna fermamente la morte di civili innocenti ed auspica che gli autori di questi crimini vengano puniti”, ha dichiarato il portavoce del Ministero degli Esteri Liu Weiman. “Gli ultimi sviluppi in Siria rendono gli sforzi spesi dal diplomatico del Ghana ancora  più necessari”, ha aggiunto. Ma come la Russia, la Cina pone il veto a qualsiasi intervento esterno in Siria e voluto dall’ONU. Ma perché questa intransigenza?

Russia e Cina mostrano sempre più un fronte comune su dossier “caldi” come la Siria, l’Iran, l’Afghanistan. Questo riavvicinamento è basato sulla loro crescente sfida nei confronti dell’Occidente. Anche se non cancella le rivalità che contraddistinguono i due Paesi da sempre. Ciò che li spinge a passare sopra alle tensioni bilaterali è il fatto che Pechino e Mosca diventano sempre più negative nei confronti dell’Europa e degli USA. L’Occidente ha provocato un risentimento crescente a Mosca su diverse questioni che vanno dalla difesa antimissili alla modernizzazione dell’armamento nucleare tattico, passando per l’intervento in Libia. Pechino vede la sua relazione con gli Stati Uniti inasprirsi sulle questioni commercio e sicurezza marittima. E’ la loro avversione verso l’Occidente che le unisce. La riunione di questa settimana a Pechino dell’Organizzazione di cooperazione di Shangai (OCS), che vuole porsi come alternativa all’ascendente degli USA, ha permesso ai Presidenti cinese Jintao e russo Putin di mostrare una bella unità d’intenti, senza timore di irritare le democrazie occidentali. Anche se, secondo gli esperti, questa unione pro Siria, dove la Russia ha certamente molti più interessi della Cina, non è monolitica. Ciò che succede in Siria, in modo molto pragmatico e violento, è uno scontro irano-saudita. I russi e i cinesi hanno scelto l’Iran. E’ una scelta strategica, in conformità con i loro interessi. Ma c’è un anello debole. La Cina, per i suoi interessi petroliferi, non può abbandonare completamente l’Arabia Saudita, della quale è primo cliente.

Annan ha proposto al Consiglio di Sicurezza di creare un gruppo di contatto allargato (includendo l’Iran, attore di grande importanza in questa brutta storia, anche se Washington, Londra e Parigi si sono già opposti all’idea) per far rispettare il suo piano, o trovare un piano B. Se la pressione internazionale su Damasco non produce risultati a breve, la crisi diventerà incontrollabile. Il nostro Ministro degli Esteri, Giulio Terzi, è arrivato a parlare di genocidio. Per quanto tempo ancora, gli annunci di massacri tingeranno l’attualità quotidiana di rosso sangue? Non si vede per ora delinearsi alcuna soluzione, con grande dolore per il popolo siriano. Una nuova riunione degli Amici della Siria si terrà a Parigi il 6 Luglio. Ma sembra che le parole, per quanto risolute siano, non riescano a fermare la macchina dell’orrore.

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1 COMMENTO

  1. Brillante analisi, come sempre, e del tipo che non si é abituati a leggere nella stampa italiana. Nel giudicare le azioni di Assad – che ripetono esattamente quelle di suo padre tanti anni fa – vanno tenute presenti varie chiavi di lettura e non solo quelle personale. La prima, ovvia ma generica, é che per quel tipo di gente la vita umana non conta nulla e morte e genocidio non suscitano neppure una lacrima. Testimoni Gheddafi, Mubarak e tanti altri. É brutto dirlo ma é cosí, e non dobbiamo lasciarci fuorviare dal nostro umanesimo di origine giudeo-cristiana. Ma la seconda chiave di lettura é razziale e di gruppo. Gli Assad sono espressione di una etnia alauita che é minoranza (circa il 15%) nel Paese, ma ha in mano tradizionalmente le forze armate, perno del regime. Attorno a questo regime, come ho constatato in vari viaggi in Siria, si é formata come sempre accade una casta di privilegiati che si é arricchita e vive bene (basta vedere gli alberghi e i ristoranti di lusso di Damasco, frequentati da una borghesia legata agli affari pubblici). Se anche Bachar Assad volesse andarsene, in cambio, come propongono gli Stati Uniti, dell’impunitá e magari di salvare i propri beni all’estero, non glielo permetterebbero tutti quelli, e sono migliaia, la cui sorte é legata al regime. La terza chiave, anche se é inaccettabile, é che effettivamente Assad e i suoi sono convinti (e forse con qualche fondamento) che dietro la rivolta ci sia la mano di Al Qaeda e del fondamentalismo islamico cui essi sono estranei, (la Siria é un Paese complessivamente “laico”.) Quanto al panorama internazionale, non c’é dubbio che l’Arabia Saudita stia sul marciapiede opposto (anche se, francamente, non le attribuirei ragioni umanitarie) e che l’Iran (altra gente per cui la vita umana é poca cosa) sostenga Assad, perché é il suo unico alleato nella regione, e che Russia e Cina a loro volta evitino di schierarsi contro di lui. Anche qui, le chiavi di lettura sono varie, ma la constatazione é quella giá detta: in quei regimi (perché quello russo é un regime, anche se ammantato di forme democratiche) non vi é sensibilitá alcuna per morti e sofferenze giustificabili con la ragione di Stato (Hitler, Stalin, Pol Pot, si commuovevano forse per i milioni di vittime del loro terrore?). Soluzioni? Un intervento militare non farebbe che peggiorare le cose. Solo una condanna generale assortita da severissime sanzioni puó venirne a capo, ma per questo solo una forte pressione dell’opinione pubblica mondiale su Mosca e Pechino puó ottenerlo.

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