Il cammino è stato lungo, anche se negli ultimi mesi ha subito una brusca accelerata, Roberto Maroni ha dovuto lavorare duramente per diventare il nuovo leader della Lega Nord. Benché aspetti ancora l’investitura ufficiale, la sua opera di epurazione e rinnovamento dei dirigenti è già cominciato da qualche mese.
In ordine di tempo, i colpi di Tosi in Veneto e Salvini in Lombardia sono solo le ultime due pedine del suo grande progetto di “Lega 2.0”. Ma ripercorriamo i passi che lo hanno portato all’attuale posizione di potere: dopo lo scandalo Belsito ha cominciato la distruzione dell’ormai famoso “cerchio magico” facendo fuori Rosy Mauro, Reguzzoni, Monica Rizzi e qualche dirigente emiliano. Poi è toccato alla famiglia Bossi. Prima il figlio Renzo e poi anche il Senatur, costretto a mettersi da parte per colpa degli sviluppi giudiziari. Così in pochissimo tempo l’ex Ministro degli Interni si è ritrovato a dover ristabilire le gerarchie partitiche prima del congresso federale che lo designerà nuovo reggente padano.
Il disegno maroniano però è più audace di quello che ci si possa aspettare. Egli spera in una totale formattazione della vecchia Lega bossiana per inaugurare il nuovo regno che dia un taglio netto con il passato. L’operazione risulta però di difficile attuazione in questo delicato periodo storico-politico, reso ancor più evidente dalle continue e contrastanti dichiarazioni delle ultime settimane. Sicuramente Maroni si rende conto di non aver completato l’opera e che sia ancora necessario del tempo per compiere la tanto auspicata pulizia. Però anche la più inesperta massaia sa quanto sia difficile togliere lo sporco più ostinato e negli ultimi tempi in via Bellerio pare esserci veramente tanto sporco ormai infiltrato negli angoli più profondi del partito.
Che il capo andasse sostituito lo aveva capito – il come gliel’ha fornito lo stesso Bossi – resta da capire dove finisca l’amore per il partito e dove inizi la bramosia di potere che corrode gli eterni delfini.
Sta di fatto che, ancora una volta, la Lega tenterà di destabilizzare il sistema, già pericolosamente in bilico per tentare di districarsi nella palude elettorale che attanaglia la politica. Non solo attacca il Governo con un’opposizione sconsiderata, ma continua nella difesa di una nazione che non esiste (la Padania), proprio quando nella difficoltà gli italiani si stringono l’un l’altro per tentare di resistere alla crisi.
Maroni sicuramente non sa dove andare a parare in questo momento. La batosta elettorale ha condizionato non poco le strategie del futuro leader. La sua continua contraddizione di idee non rende possibile comprendere la strada intrapresa dal Carroccio e molto probabilmente è lo stesso Maroni a non sapere cosa fare. Di fatto i prossimi mesi saranno molto caldi ed avremo forse una schiarita della linea politica leghista, ma ad oggi la Lega pare avere poche chance di riprendersi. Difatti, si sa: “can che abbaia non morde.”
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