L’esperienza dell’iperinflazione della Repubblica di Weimar ci consiglia di non mollare l’Euro e dà la misura di quanto è folle pensare di risolvere la questione stampando moneta.
Dopo la fine della prima guerra mondiale la Germania sconfitta si trovò a dover sommare agli immani costi della guerra le stratosferiche richieste di risarcimento da parte delle potenze vincitrici. Le nazioni vincitrici infatti accollarono alla Germania, durante il congresso di Parigi nel 1919, tutte le loro spese di guerra. Il debito pubblico tedesco esplose ed innescò una inflazione galoppante, che provocò il lievitare giornaliero e vertiginoso dei prezzi dei beni di prima necessità. Per far fronte al tale situazione lo stato tedesco cominciò a stampare moneta a ritmi sempre più frenetici. Nel giro di circa tre anni la tipografia del Reich stampò 524 trilioni di marchi (un trilione ha 18 zeri) più altri 700 trilioni d’emergenza furono stampati da città, comuni, persino da imprese per pagare i dipendenti. Questo modo di procedere però innescò un fenomeno finanziario incontrollabile, l’iperinflazione che portò il marco a svalutarsi, tra il 1921 ed il 1923, in modo spaventoso. Nel 1921 con un dollaro USA si compravano 65 marchi, nel 1923 un dollaro comprava 4200 miliardi di marchi. Le banconote tedesche non coprivano più nemmeno il valore della carta su cui erano stampate. Si arrivò a stampare biglietti da miliardi di marchi, il taglio più alto fu di 100 bilioni di marchi (100.000.000.000.000). Per spedire le cartoline occorrevano francobolli da 5 miliardi di marchi, una lettera necessitava anche di affrancature da 50 miliardi.
Un simile fenomeno iperinflattivo provocò negli anni successivi un aumento esponenziale della povertà, vasti disordini, disoccupazione a livelli intollerabili e, alla fine, produsse come risultato politico l’avvento di Hitler e del Nazismo, che in una simile situazione ebbero buon gioco nell’acquisire ampi consensi. Questo spiega, almeno in parte, il timore tedesco nei confronti dell’inflazione e quindi la tendenza al rigore nella spesa, oggi imposto rigidamente anche ai Paesi associati alla moneta unica. Considerare infatti quei fenomeni economico-finanziari irripetibili è un errore, di fatto anzi l’instabilità attuale dei mercati, ed il loro collegamento globale, li rendono forse più probabili di allora.
Ecco perché le fantasiose proposte, di qualche funambolo della politica, di mettersi a stampar moneta per proprio conto sono tanto ridicole quanto pericolose, infatti dopo averle pronunciate lo stesso le ha definite “uno scherzo”. Chi ha avuto responsabilità di governo fino a pochi mesi fa, e ha ancora il più numeroso gruppo in Parlamento, forse farebbe meglio a scherzare meno su queste cose, perché qui si scherza col fuoco. L’esperienza tedesca degli anni venti inoltre dovrebbe consigliare cautela a chi prospetta un’uscita dall’Euro come panacea a tutti i mali. L’uscita di un qualunque Paese membro dall’Euro, per tornare alla vecchia valuta, provocherebbe infatti una immediata impennata dell’inflazione a livelli elevatissimi. Stime prudenziali da parte di molti economisti parlano si svalutazioni possibili, a seconda del Paese coinvolto, tra il 40 ed il 70%. Svalutazioni simili si sono viste poche volte nella storia, l’Argentina è stato uno dei pochi casi, e possono facilmente diventare incontrollabili. I fenomeni finanziari infatti, come stiamo sperimentando dalla crisi dei subprime americani del 2008 ad oggi, si espandono oggi globalmente in modo estremamente veloce e tendono ad autoalimentarsi. Per questo occorre guardare alle difficoltà dell’Euro e dell’economia degli stati che ne fanno parte con mente fredda e con la consapevolezza che non esistono facili scorciatoie.
Una strada ragionevole e praticabile potrebbe essere quella di una maggiore integrazione economica, politica e fiscale tra gli stati membri aumentando nel contempo il livello di democraticità degli organi centrali europei, oggi piuttosto basso, e correggere le storture più evidenti della moneta unica, a cominciare dalla creazione di una vera banca centrale con le stesse prerogative della Federal Reserve americana. Al contempo gli stati europei devono imparare a dimagrire drasticamente nei loro apparati e a funzionare costando molto meno ai propri cittadini. L’uscita dall’Euro, almeno oggi, non è un’opzione, lo hanno capito persino i Greci che alle urne domenica scorsa hanno votato fondamentalmente per restarci.
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Grazie Stefano per questo articolo. Ho apprezzato il fatto che si sia dato spazio anche alle conseguenze sociali che i “drammi economici” comportano… l’errore di distinguere nettamente economia (con finanza e fisco) e vita sociale della comunità è un errore gravissimo e, forse, nemmeno questo governo di tecnici se ne rende bene conto.
Citandoti: “a cominciare dalla creazione di una vera banca centrale con le stesse prerogative della Federal Reserve americana”… sono d’accordo anche sulle conclusioni date!
Grazie a te Paolo, molto gentile!