Il Consiglio dei Ministri ha approvato il recente e in parte deludente “pacchetto urgente contenente un ventaglio di misure urgenti e strutturali” che si inseriscono nell’ambito dell’agenda per la crescita sostenibile, atte a stimolare “il rafforzamento della competitività, la ripresa della domanda, il dinamismo imprenditoriale”.
Tra queste tanto attese misure, ne trovano spazio alcune per favorire (ce lo auguriamo) l’occupazione nei settori della ricerca e innovazione nonché nella green economy, che pare stia finalmente ottenendo anche in Italia l’attenzione ed il rispetto che all’estero si è già guadagnata da tempo come possibile soluzione all’imperituro problema della competitività sui mercati internazionali.
Nello specifico, il Decreto Sviluppo introduce un contributo in forma di credito d’imposta, con un’aliquota di beneficio del 35% delle spese (calcolate sul costo aziendale) per le nuove assunzioni a tempo indeterminato – con il vincolo di trattenere le nuove risorse umane almeno per tre anni – di personale altamente qualificato, ossia in possesso di Laurea Magistrale a carattere tecnico/scientifico o Dottorato di ricerca, impiegato in attività di ricerca e sviluppo.
Con un fondo stabile di 50 milioni di euro annuali, provenienti dalla riscossione delle tasse sui diritti brevettuali, si calcola che il contributo dovrebbe portare a circa 4 mila nuove assunzioni dirette, senza considerare gli effetti di stimolo riflesso.
Per quanto invece concerne lo sviluppo giovanile nella green economy, viene esteso il finanziamento agevolato già previsto dal fondo Kyoto (che dispone di una liquidità di 470 milioni di euro) a quei soggetti, pubblici o privati, che operano in ulteriori quattro settori green : la protezione del territorio e la prevenzione del rischio sismico/idrologico, più che mai attuale dopo il sisma in Emilia-Romagna, la ricerca e sviluppo specifica per la produzione di biocarburanti, la ricerca e sviluppo (nonché la produzione ed installazione) di tecnologie solari-termico, termo-dinamico, fotovoltaico-biomasse, biogas e geotermia ed infine l’incremento dell’efficienza energetica nei settori civile e terziario.
Anche in questi casi il finanziamento ai progetti di investimento rimane vincolato alla creazione di occupazione giovanile a tempo indeterminato, ma la mossa strategica ha chiaramente anche l’obiettivo di stimolare una diminuzione della dipendenza energetica italiana dall’estero e di impedire il fenomeno dilagante della fuga dei cervelli all’estero.
Certo è che, se questi provvedimenti fossero stati attuati dal precedente Governo all’inizio della crisi, probabilmente il percorso economico e politico del nostro Paese sarebbe stato diverso, considerando che dalle Università italiane escono ogni anno tanti giovani preparati su queste tematiche che poi non trovano uno sbocco reale nel mondo lavorativo.
Se non altro, da oggi ci si può auspicare che questi giovani talenti non debbano più necessariamente guardare all’estero per trovare un posto di lavoro adatto alle loro innovative competenze, ma potranno cercare nelle realtà locali che li circondano, contribuendo (e non poco) allo sviluppo della competitività e della capacità tecnologica italiana.
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