Per settimane si è discusso delle attese elezioni politiche greche e delle potenziali conseguenze sull’andamento dei mercati.
Le consultazioni hanno visto prevalere il partito conservatore, Nea Demokratia, guidato da Antonis Samaras con il 29,66% dei consensi rispetto al 26,89% raggiunto dalla Sinistra Radicale. Gli euroscettici sono dunque in minoranza e la mina dell’uscita della Grecia dalla moneta comune è al momento scongiurata.
Eppure le reazioni dei principali listini non sono state particolarmente positive. Il motivo principale resta il dubbio rispetto alla possibilità e volontà di Atene di rispettare gli accordi presi con i creditori internazionali.
Il nuovo Governo avrà la capacità politica di sciogliere i nodi dell’arretratezza economica del Paese? Ai posteri l’ardua sentenza, direbbe il Poeta.
In ogni caso sarà battaglia al rigore imposto da Ue, Fondo Monetario Internazionale e Bce. Evangelos Venizelos, segretario del partito socialista Pasok che compone la coalizione di Governo con Nea Dimokratia e Dimar (partito di Sinistra democratica), ha di recente affermato che «la cosa più importante non è il governo, ma la formazione di un team di negoziazione nazionale» per ammorbidire il Memorandum da 130 miliardi di euro imposto dalla Troika.
Le richieste sono ormai note: due anni in più per realizzare il programma concordato e un alleggerimento dei tagli di salari e pensioni del settore pubblico. Il caso ellenico è stato ovviamente al centro dell’Eurogruppo, la riunione dei ministri finanziari dell’Eurozona, iniziato lo scorso 21 giugno. I ministri si sono però presentati divisi sulla proposta di revisione delle condizioni per gli aiuti ad Atene e il cielo sopra il Partenone si è fatto più difficile da interpretare. Ma l’incertezza è la criptonite dei mercati e le deludenti performance di borsa lo dimostrano chiaramente.
Ci auguriamo che i leader europei comprendano che non c’è più tempo per i proclami, il momento delle decisioni è ormai giunto.
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