L’avvicinarsi della scadenza elettorale, sia essa in autunno o a primavera, scatena in molti partiti una frenesia verso un camuffamento che quantomeno confonda l’elettore in fuga e lo convinca a rientrare nei ranghi, magari sedotto da nuove facili promesse.

In quasi tutti i casi però si tratta di alchimia partitica, di maquillage politico, di un cambiamento esclusivamente di facciata e dietro al cui pesante strato di trucco ci saranno sempre le medesime facce. La crescita tumultuosa nei sondaggi di Beppe Grillo ha inoltre fatto cambiare in corsa strategia a quasi tutti i partiti, specie quelli come il Pdl che vedono le prospettive elettorali come un incubo di annientamento. Ed ecco proprio il cavaliere lanciarsi in una serie di fantasiose e spregiudicate strategie, fatte di illusioni e cortine fumogene, nel suo solito stile privo di scrupoli. Appariranno liste pseudo civiche capeggiate da improbabili leader, tutti rigorosamente fedelissimi al servizio del solito padrone? Vedremo la lista Sgarbi, quella Santanchè, quella Brambilla o magari anche quella Jerry Scotti?

Molti, specie tra i suoi stretti collaboratori, giurano che sia questa la strategia del prossimo Berlusconi, ovviamente il tutto per intorbidire le acque e cercare di recuperare con nuove lusinghe il voto in fuga da un Pdl ormai screditato ed in disgregazione inarrestabile. Ma che possibilità di successo ha una simile strategia? Certo una pletora di liste potrebbe raccogliere qualche voto di scontenti dalle idee confuse, ma con il rischio di svuotare del tutto il contenitore principale, ovvero il Pdl stesso, lasciando quindi a casa tanti “colonnelli” ex Fi ed ex An che comunque si candidassero nuovamente sotto il simbolo originale del partito (magari un po’ rinnovato da qualche esperto di marketing). I mugugni in campo Pdl su questa ipotesi è quindi comprensibile, ma siamo certi che oltre il mugugno nessuno oserà andare.

Quello che le recenti esternazioni di Berlusconi hanno reso palese è infatti come la leadership di Angelino Alfano sia stata solo uno specchio per allodole, un paravento dietro al quale il padre padrone di Arcore ha continuato sempre a tenere saldamente in mano tutti i fili del partito e tutte le decisioni. Insomma la segreteria Alfano, le primarie, la democrazia interna sono stati solo balle, fumo negli occhi, un assaggio di quelle cortine fumogene dietro le quali la faccia, i modi e gli interessi di Silvio Berlusconi restano e resteranno gli stessi di sempre, quelli che hanno portato il centrodestra verso il più catastrofico fallimento politico della storia della seconda repubblica, e forse pure della prima.

Non che negli altri campi le cose stiano molto meglio. Il Pd, sempre più conservatore e refrattario al rinnovamento, sia interno che esterno, sembra soffrire particolarmente la concorrenza grillina e paradossalmente paga in consensi proprio il dissolvimento dell’avversario storico berlusconiano. La Lega travolta dagli scandali torna ad essere una forza marginale, estremista e localista, senza più prospettive di respiro nazionale. Il terzo polo è definitivamente archiviato con una Udc che deve ancora decidere, come da sempre, se allearsi al centrodestra o al centrosinistra o, come pare auspicare oggi Casini, a entrambi, a seconda della convenienza.

Davanti a questo poco edificante panorama, a cui s’aggiunge l’evidente stallo del governo tecnico, Grillo può sorridere, ma credo che l’Italia non possa invece essere affatto tranquilla. I cittadini non si lasceranno ingannare, a mio avviso, dagli strati di cerone sulle solite facce, ma potrebbero non trovare una valida alternativa, a meno che le forze responsabili, anche se fino ad oggi apparentemente minoritarie, laiche, liberali, repubblicane non trovino il coraggio e la prontezza di spirito per collaborare, magari con apporti qualificati della società civile, alla creazione di qualcosa di veramente nuovo, qualcosa che sia in grado di essere riferimento per chi vuole un cambiamento vero, praticabile ed affidabile. Qualcosa che anche in Italia finalmente riempia un vuoto che in Europa è solitamente rappresentato dai partiti d’ispirazione liberale, Quei partiti che contribuiscono in modo sostanziale in altri Paesi a tenere ai margini le forze estremiste e a contrastare le spinte stataliste ed assistenzialiste che producono solo debito. Questo è il cambiamento di cui il Paese ha estremo bisogno per risollevarsi e sarebbe un peccato davvero lasciare l’illusione del cambiamento in mano a chi probabilmente non saprebbe che farsene.

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