Nel convulso, edonistico, fatuo e mercantile mondo moderno nel quale la globalizzazione si è trasformata in minaccia ed i mercati nell’arma per renderla concreta, i partiti hanno perso la capacità di decidere (Bauman). Il liberali apparentemente hanno vinto la loro battaglia contro i comunisti ma scopriamo ogni giorno di più, che in realtà diritti fino a dieci anni fa indiscussi ed indiscutibili sono sempre più minacciati e che provano a costringerci ad essere sempre più liberisti e sempre meno liberali.
I tre elementi di base che compongono il sistema sociale (Previdenza, Sanità ed Assistenza) sono oggettivamente squilibrati tra loro in favore dei primi due. Attualmente la spesa che lo Stato sostiene per l’assistenza (cenerentola, come al solito) è circa dell’8,1%, rispetto alla previdenza (66,7%) ed alla sanità (24%).
Vi è poi un aspetto che colpisce profondamente: in ogni documento che esamina le questioni sociali è lo scopo economico che prevale, non lo scopo sociale. Se si pensa alla salute, per esempio, essa è (sommessamente) ritenuta fondamentale perché strumentale alla produttività dell’individuo in favore della collettività e dello Stato. Le pensioni servono a garantire che il pensionato continui ad essere un fruitore stabile del mercato. L’assistenza (da nessuna parte così come in Italia) è considerata residuale e vista ancora come una beneficenza, fastidiosa anche da pronunciare, confusa con le tradizioni e gli usi (Commissione Europea, Com. 2006-177).
Ci troviamo perciò a discutere di materie oggettivamente “diseguali” già concettualmente.
Il welfare correttamente inteso, o “proprio”, è invece costituito dall’insieme dei servizi pubblici che, garantiti al cittadino dallo Stato, costituiscono la realizzazione di un’insieme di diritti soggettivi sociali, che consentono a chiunque maggiori capacità d’accesso (Dahrendorf) o “chance” di vita (Sen). Essi debbono dare vita a veri e propri diritti soggettivi immediatamente esigibili perché libertà inalienabili o primarie possano essere esercitate con dignità ed autonomia essendo premessa fondamentale del diritto alla vita e alla salute, alla libertà di parola e di stampa, al lavoro, all’istruzione, ecc. Così non è per l’Assistenza Sociale che, da un lato appare, già in Costituzione, essere stata ridotta, invece, ad esercizio dell’autonomia privata dell’Amministrazione (Chilante) in quanto direttamente condizionata all’esistenza di fondi o alla semplice volontà del politico locale di turno, dall’altro non è mai stata riconosciuta come servizio pubblico in alcuna norma. Quando i liberali inventarono il welfare lo fecero perché si resero conto dei non pochi limiti di un mercato senza regole; capirono che era interesse dell’individuo migliorare le proprie condizioni e poter essere più LIBERO in ogni senso, ma anche che era interesse primario dello Stato che i cittadini conducessero una vita migliore e così rispettassero più facilmente le regole di convivenza diventando, anche, migliori e più stabili contribuenti. Oggi ci troviamo, invece, in una realtà nazionale ed internazionale dominata dalla speculazione finanziaria ed illiberale, fine a se stessa ed al profitto di pochi, sganciata da ogni collegamento con l’economia e la società reali che, invece, sono le sole, se perseguite e curate, a poter portare nuovamente ad un aumento del PIL, operando assieme per un miglioramento delle condizioni individuali e per allontanare dal cittadino l’ansia per la propria sicurezza.
Dunque la condizione attuale è la seguente: il cittadino si trova accerchiato da una crisi ampiamente preannunciata nei minimi particolari da oltre dieci anni (Beck, Bauman, Ewald e Kessler); ha oggi più che mai bisogno dell’aiuto e della garanzia dello Stato per poter continuare ad esercitare i diritti di libertà; lo Stato sta invece diminuendo acriticamente il proprio intervento nei settori del welfare e principalmente in quello dell’assistenza sociale, proprio riducendo concretamente le possibilità di accesso delle persone ed abbandonando la prevenzione dei fenomeni sociali. Se il cittadino non può esercitare i propri diritti di accesso, aumentano le sue paure e di conseguenza il bisogno di sicurezza; le politiche dello Stato (non solo italiano) sono perciò diventate politiche di repressione; di repressione in repressione, aumentando il disagio sociale e non intervenendo lo Stato con mezzi idonei per “curare l’ammalato”, magari prima che si ammali, si prepara la strada per una nuova stagione di “governi forti” (e, perciò sempre più illiberali) e di diritti sempre più deboli e condizionati o subordinati (Libro Verde e Libro Bianco del Ministro Sacconi). Il brocardo: “La legge è uguale per tutti” si dimostra insufficiente per garantire giustizia sociale perché, essendo diverse le condizioni di partenza del cittadino, a chi parte svantaggiato la legge dovrebbe garantire disuguali (perché maggiori) condizioni di attenzione.
L’equazione per la quale lo Stato si interessa dei bisogni del cittadino soltanto quando ha i soldi per farlo invece di ogni qualvolta che questi ne abbia bisogno (e questo è uno di quei momenti) è una falsa e pericolosissima equazione. Un’equazione che danneggia fondamentalmente proprio il sistema economico che dice di voler salvare. E lo da danneggia perché ne indebolisce il motore assoluto, la base principale (la domanda) e le libertà del cittadino, attaccandone i diritti. Oltre tutto è anche ipocrita. La nostra società consumistica e globale ha forzatamente invertito l’ordine economico. In un mercato sano la domanda di beni precede o, tutt’al più, accompagna l’offerta. Non la segue di certo. Ebbene, attraverso i media ed i messaggi di ogni genere, siamo arrivati ad osservare una quantità sempre crescente di bisogni indotti verso beni affatto utili se non al capitalista di turno, con un’inversione dell’ordine: prima l’offerta e poi la domanda (indotta).
Queste sono le questioni che il Partito Liberale Italiano riconosce come prioritarie da affrontare. Esse individuano l’interesse primario dell’uomo ad essere libero in una società equilibrata ed attenta ai suoi stessi bisogni. Non più solo sbilanciata verso un mercato senza regole e che arriva a negare i suoi propri fondamenti e, cioè, il benessere ed il progresso sociale, che sono e devono restare interesse fondamentale dello Stato.
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