Se una persona ode il cognome Fabrizi, subito si materializza nella sua mente il nome di Aldo, romano de’ Roma verace e pacioso, protagonista di pellicole entrate nel firmamento del cinema, come Roma città aperta di Roberto Rossellini. O magari pensa alla sorella, Elena Fabrizi, schietta e premurosa nonna romana nel cinema di Verdone, meglio conosciuta coma Sora Lella. Difficilmente, invece, il nome di Franco Fabrizi, rievoca grandi ricordi, nonostante la sua bravura attoriale, sempre pronta ad esplodere, ma tenuta ripetutamente in sordina.
Nato nel ridente borgo di Cortemaggiore, nel piacentino, Franco abbandonò presto la famiglia (padre barbiere e mamma cassiera nella sala cinematografica locale) per tentare di sbancare il lunario nel gracile mondo della rivista e del teatro di posa. Dopo esperienze cinematografiche marginali, fu notato da Michelangelo Antonioni, che lo volle, per la sua prestanza fisica e per il suo carisma da vendere, nel ruolo del presentatore della sfilata di moda del drammatico Cronaca di un amore (1950). Passano tre brevissimi anni, tra parti dimenticabili e guizzi originali, e il belloccio dall’accento romagnola viene chiamato da Fellini, che gli affida, finendo poi per incollarglielo sulla pelle per tutta la vita, il personaggio di Fausto (doppiato curiosamente da Nino Manfredi), coureur de femmes di provincia cinico e senza scrupoli, perdigiorno da strapazzo, ma vigliacco, de I Vitelloni.
È sicuramente il suo ruolo più riuscito, assieme al gretto truffatore de Il bidone (1955) e al superficiale Gianni nell’emmeriano Camilla (1954), anche perché è proprio nei panni del farfallone superficiale dal fascino irresistibile che Fabrizi ha dato il meglio da sé, alternando toni comico-umoristici ad altri più drammatici e malinconici (da ricordare la sua partecipazione ad alcuni film di Matarazzo). Una veste, quella dell’infaticabile rubacuori, che ritrova nell’ingiustamente dimenticato Costa Azzurra (1959) di Vittorio Sala, coproduzione italo-francese, intitolata curiosamente in terra d’oltralpe Le miroir aux alouettes (Lo specchietto per le allodole). Interpreta infatti Nicola, esperto di bella vita sulla costa francese, che cerca, senza troppo darlo a vedere, di sedurre la bella moglie di un possessivo e gelosissimo siciliano, contrario alla movimentata vita dei locali notturni della Riviera.
È successivamente un imprenditore squattrinato in vacanza con la moglie in cerca di aiuti economici in Racconti d’estate (1958) di Gianni Franciolini, e un’ottimo deuteragonista al fianco di Sordi nel capolavoro risiano Una vita difficile (1961). Ma è ancora con il maestro Fellini che raggiunge il suo acme. Nei panni di un conduttore insensibile, nell’epoca della volgarità televisa imperante, di Ginger e Fred (1986), nostalgico testamento di un mondo, quello dell’avanspettacolo, ormai svanito definitivamente.
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Ricorderei anche l’indimenticabile apparizione di questo straordinario attore nella parte del barbiere in Morte a Venezia di Visconti, Nessuno avrebbe potuto fare quella parte come lui.