Enrique Pena Nieto non ha smentito i sondaggi vincendo le elezioni Presidenziali che si sono tenute in Messico domenica 1 Luglio, sancendo così il grande ritorno al potere del Partito Rivoluzionario Istituzionale (PRI) dopo una parentesi di dodici anni passata all’opposizione.
Con questo successo, il PRI recupera un potere che aveva esercitato per 71 anni, prima di perderlo nel2000 abeneficio del Partito d’Azione Nazionale (PAN) e del suo candidato Vicente Fox. Il candidato del PRI, 45 anni, aveva ufficializzato la sua candidatura solo qualche mese fa, ma era in testa ai sondaggi da più di due anni. Giurista qualificato, molto ben preparato al combattimento elettorale, Enrique Pena Nieto si è fatto conoscere al grande pubblico come Governatore dello Stato di Mexico, il più popolato del Paese, che dirige dal 2005. La sua fama gli viene non solo per le strette relazioni con il mondo degli affari e dalla macchina elettorale del PRI, ma anche dal suo fisico da seduttore e dal matrimonio con una celebre attrice di telenovela sposata nel 2010. Neanche le rivelazioni fatte a Gennaio sulla sua doppia vita famigliare – ha avuto due figli fuori dal matrimonio – sono riuscite a scalfire la sua popolarità.
Spesso associato ad affari legati alla corruzione, alla frode elettorale e repressione dei contestatori, il PRI, che ha dominato la vita politica del Messico per sette decenni, non ha lasciato una buona immagine di sé. Così Pena Nieto ha fatto di tutto per prendere le distanze da quel passato, affermando che il PRI era in pieno “Rinascimento”. Per tutta la sua campagna elettorale non si è mai stancato di dire che oggi il PRI è un Partito pronto a governare democraticamente, nella trasparenza e la piena responsabilità, cercando di rassicurare il suo elettorato. Creato dopo la Rivoluzione messicana, il PRI ha posto le basi del Messico moderno. Di matrice socialista, ha nazionalizzato l’industria petrolifera negli anni ’30 prima di evolvere verso il centro per creare un modello di Governo corporativo, un tempo descritto come “una dittatura perfetta”. Ma dopo dodici anni nell’opposizione, il PRI e il suo candidato “rockstar”, come è stato definito da alcuni media, sono stati chiamati in soccorso da un Messico economicamente esangue e stanco della guerra portata avanti contro i narcotrafficanti dal Presidente uscente, Felipe Calderon.
Per mettere fine al ciclo di violenza nel quale affonda il Messico da diversi anni, il nuovo Presidente, eletto con il 38% dei voti, e che entrerà ufficialmente nelle sue funzioni il prossimo 1° Dicembre, ha promesso di cambiare metodo. Vuole lottare contro la droga riducendo la violenza che colpisce quotidianamente i messicani, più che combattendo il traffico stesso o cercando di far cadere i capi dei cartelli. Adottando questa strategia, il leader del Partito centrista, prende le distanze da Calderon, ex dirigente del PAN (destra), la cui guerra militarizzata contro i trafficanti ha fatto pagare un pesante tributo alla popolazione civile, con quasi 60 mila morti in sei anni. Enrique Pena Nieto ha cercato così anche di respingere i sospetti che pesano sul suo Partito, di voler patteggiare con il crimine organizzato. Altro argomento tanto critico quanto scomodo, il risanamento dell’economia del Paese, oppressa da una povertà che colpisce il 46% della popolazione e da una debolissima crescita economica, che dal 2000 stagna intorno al 2% annuo, data di insediamento del PAN. Durante tutto questo periodo, il Messico, primo Paese in via di sviluppo che ha siglato un accordo di libero scambio con un Paese sviluppato, nel quadro della NAFTA (Accordo Nordamericano per il Libero Scambio), ha visto la sua stella eclissata da altre stelle emergenti come il Brasile ela Cina. Primocompito, creare impieghi e sbloccare gli stipendi che non sono mai stati versati. Pena Nieto ha anche basato buona parte della sua campagna elettorale su tonalità che puntano al sociale, uno stipendio degno per tutti i messicani e la creazione di un sistema di protezione sociale. Per permettere al Messico di rinascere, il neoeletto Presidente ha promesso riforme strutturali per permettere di aumentare il tasso di crescita del Paese e fargli raggiungere il 6% annuo. Tra le riforme annunciate: una riforma del codice delle imposte – per aumentare le entrate pubbliche e limitare i vuoti giuridici che permettono alle grandi imprese di non pagare le tasse, l’apertura del settore energetico – in particolare Pemex, il monopolio petrolifero di Stato – agli investimenti privati per permettere di abbassare i costi dell’energia e far aumentare la crescita, una riforma del diritto del lavoro, per permettere di licenziare ed assumere più facilmente in un Paese dove il 35-40% dell’economia appartiene al sommerso.
Certamente queste riforme non avranno un percorso facile (ne sappiamo qualcosa, questa storia ha molte similitudini con la nostra, se non altro per la parte economica). Il PRI deve far fronte ad un Congresso diviso, e avrà bisogno del sostegno del PAN per qualsiasi riforma Costituzionale, PAN che ha appena subito, secondo le parole del Presidente uscente, “una sconfitta monumentale” , che gli ha fatto perdere non solo la maggioranza al Senato, ma anche lo Stato di Jalisco, la cui capitale, Guadalajara, è la seconda città del Messico. Contro di lui ha il candidato della sinistra, Andreas Manuel Lopez Obrador, arrivato secondo a soli 6 punti dal candidato del PRI, che ha giudicato la vittoria “fraudolenta”. E’ stata “un’elezione troppo sporca”, ha sentenziato, ed ha chiesto di ricontare la totalità delle schede in virtù “dell’incoerenza” nello scrutinio (la Commissione elettorale ha giudicato tutto regolare dopo i controlli richiesti). Ma si sa che a Obrador non piace perdere, già nel 2006 aveva contestato i risultati elettorali che avevano visto Calderon vincitore. Inoltre, migliaia di giovani stanno già manifestando per le strade, mobilizzati dal movimento “YoSoy132”, nato a Maggio nelle università di Città del Messico.
La vittoria di Pena Nieto è stata da subito salutata positivamente da molti governi della regione e dall’Europa. Il Presidente americano Barack Obama, da parte sua, si è congratulato personalmente con il “Presidente eletto del Messico”. Speriamo per il meglio di questo Paese dove l’emergenza violenza è preoccupante. Nello Stato costiero di Veracruz, considerato dalla stampa lo Stato più pericoloso del Mondo, corridoio d’entrata delle armi destinate ai cartelli della droga o per gli immigranti dell’America Centrale diretti verso gli Stati Uniti, si è andati a votare in un vero e proprio assetto di guerra.
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