L’istituto di ricerca russo Romir ha svolto recentemente una interessante analisi riguardo l’atteggiamento dei cittadini Russi verso l’immigrazione, come parte del più ampio “Global Barometer on Hope and Despair” condotto annualmente dall’istituto Gallup su 59 Paesi. L’indice risultante è calcolato come differenza fra risposte positive e negative degli intervistati alla seguente domanda: “Dal suo punto di vista, l’immigrazione – compreso l’utilizzo di manodopera proveniente da paesi stranieri – è una cosa positiva o negativa per il Paese?”.
A livello mondiale, il 34% del campione ha dato un giudizio positivo a fronte di un 38% negativo. L’indice si attesta quindi sul -4%, con 38 Paesi sui 59 censiti in cui giudizi sfavorevoli hanno raggiunto la maggioranza relativa. Lo studio ha inoltre dimostrato come l’atteggiamento nei confronti degli immigrati (compresi quelli regolari) non sia tanto influenzato da variabili quali livello del reddito o densità di popolazione, quanto dal gruppo di appartenenza. È interessante poi notare come l’atteggiamento verso l’immigrazione vari molto in funzione della fede professata. Il sostegno più basso è espresso dagli ortodossi (-25%) e dagli induisti (-21%). Il tasso più alto di accettazione verso il fenomeno viene invece da buddisti (28%) e aconfessionali (16%). Complessivamente neutrali protestanti (3%), musulmani (2%) e cattolici (-4%).
I dati diffusi per la Federazione Russa (in cui è tra l’altro in atto un revival religioso di matrice ortodossa), mostrano un atteggiamento della cittadinanza quantomeno freddo nei riguardi del fenomeno migratorio (-31%), ponendo il gigante eurasiatico al 44esimo posto fra gli stati censiti. Scendendo ad un livello maggiore di dettaglio, il 50% degli intervistati si oppone all’immigrazione, contro un misero 19% positivo o neutrale. I giovani con un livello elevato di istruzione appaiono in questo caso maggiormente predisposti all’integrazione degli immigrati.
Andrej Milehin, Coordinatore della Gallup International per la CSI-Europa orientale nonché presidente della Romir, ha commentato i risultati del sondaggio ponendo l’accento sul progressivo miglioramento nella percezione degli immigrati in Russia (nel 2005 l’indice era al -45%). Tra i fattori che esercitano una influenza negativa sul fenomeno, oltre alla già citata appartenenza confessionale, figurano senz’altro le problematiche sull’autodeterminazione di alcuni popoli in seno alla Federazione, spesso percepiti come allogeni (quando non addirittura ostili) e portatori di sistemi di valori manifestamente inconciliabili.
In conclusione, la Russia rimane un Paese impermeabile al meltin’ pot. L’intreccio fra religione e correnti di pensiero politico-filosofiche scioviniste e basate sulla valorizzazione dell’etnia russa non aiuta certo una serena integrazione fra le popolazioni. La recente storia della Federazione ha infatti visto nascere (e morire, spesso in aula di tribunale) numerosi movimenti e partiti apertamente xenofobi. Tra questi, meritano di essere citati per la loro asprezza e per il discreto impatto mediatico su cui hanno potuto contare il Dviženie Protiv Nelegal’noj Immigracii (Movimento Contro l’Immigrazione Clandestina), lo Slavjanskij Sojuz (Unione Slava, il cui acronimo è significativamente SS) ed il Russkoe Imperskoe Dviženie (Movimento Imperiale Russo, il cui slogan è Dio, Zar, Nazione). Insieme ad altre forze politiche, queste organizzazioni hanno deciso di confluire nel neonato Partija Nacionalistov (Partito dei Nazionalisti), sulle cui fortune è ancora presto per esprimersi.
Esiste tuttavia spazio anche per un messaggio di ottimismo. A voler ben leggere i dati delle elezioni parlamentari e presidenziali tenutesi in Russia, è evidente come l’appello panrusso del partito-monstre Russia Unita sia stato percepito più nitidamente proprio nei territori periferici della Federazione. I nazional-comunisti del KPRF ed i liberal-democratici (a modo loro) dell’LDPR hanno infatti puntato su una mobilitazione su base etnica della popolazione, leva risultata non premiante. Se il gigante eurasiatico vuole mantenere e migliorare il suo standing geopolitico, non può prescindere dall’apporto costruttivo di tutti i popoli, gruppi ed etnie che compongono la Federazione.
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