La Cina continua a crescere. Certo la crisi mondiale si fa sentire anche sulle performance di Pechino, tuttavia l’espansione economica prosegue a ritmi superiori al 7% e con essa aumentano i consumi e il fabbisogno di materie prime.

Bisogna inoltre considerare che nella Repubblica Popolare Cinese vive circa il 21% della popolazione mondiale, mentre i suoi terreni coltivabili costituiscono solo il 9% di quelli disponibili sulla Terra. Se a questo aggiungiamo che, stando alle ultime stime Fao, nel 2020 i cinesi consumeranno carne e riso tre volte tanto di quanto non ne consumavano nel 1985, è facile comprendere la strategia neocolonialista del Celeste Impero.

In occasione del forum sulla cooperazione tra Cina e Africa, che si è tenuto a Pechino lo scorso 19 luglio, il presidente cinese, Hu Jintao, ha annunciato nuovi prestiti ai Paesi del continente africano per 20 miliardi di dollari, una cifra pari al doppio di quanto offerta all’ultimo forum analogo tenuto nel 2009. Hu ha spiegato che “I destini di Cina e Africa sono strettamente legati e la loro amicizia è profondamente sentita dai popoli”, aggiungendo che gli aiuti finanziari serviranno ad aiutare i settori manifatturiero, infrastrutturale e delle piccole imprese e saranno accompagnati anche dalle risorse per la formazione di 30 mila persone e dalle borse di studio per 18 mila studenti.

La cooperazione tra Cina e Africa è iniziata 60 anni fa, quando le imprese cinesi hanno contribuito alla costruzione di ferrovie e strade (ovviamente creando occupazione solo per i  propri connazionali). Negli ultimi 15 anni, però, gli investimenti di Pechino hanno fatto registrare un’accelerazione considerevole.

Al di là delle esigenze di sostentamento della popolazione cinese, non mancano gli analisti che criticano la presenza del Dragone in Africa. Pur volendo trascurare la scarsa trasparenza con cui questi fondi sono trasferiti (è forte il sospetto che una parte si esaurisca nei mille rivoli della corruzione), c’è anche chi sostiene che il fine ultimo degli “aiuti economici” sia lo sfruttamento delle risorse naturali o l’invasione del mercato interno del continente con i propri prodotti a basso costo e i numerosi progetti infrastrutturali portati a termine dalle imprese controllate dal governo cinese.

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