Perché la Cina si sta armando? La sua economia è davvero così rampante o è un fuoco che comincia a spegnersi?
Nel mondo occidentale, e specialmente in Europa, si è stati assai benevoli, specialmente negli ultimi decenni, nel giudicare la Cina ed il suo sistema politico, sottovalutandone invece aspetti inquietanti come la nuova poderosa corsa agli armamenti. Nonostante l’ombra dell’evidente non rispetto dei diritti umani, tornato agli onori delle cronache solo in questi ultimi anni grazie al Nobel al dissidente Liu Xiaobo, governi e media occidentali non hanno mancato di presentare l’economia e la società cinesi come esempi di sviluppo e di creazione di ricchezza, eppure la realtà è probabilmente molto diversa. Il prorompente tasso di sviluppo dell’economia cinese infatti deriva da una ampia disponibilità di manodopera a bassissimo costo, dalla totale assenza di garanzie sindacali, dall’assenza di uno stato sociale di tipo occidentale e da una moneta il cui valore è artificiosamente controllato dal governo. Oggi la preoccupazione maggiore della Cina è quella di investire quel grande surplus di valuta proveniente dal commercio con l’estero, soprattutto con i Paesi occidentali, ed è noto come gran parte del debito estero USA sia in mani cinesi. Una vera e propria frenesia di investimento di cui vediamo gli effetti anche nelle nostre città con decine di attività d’ogni genere, commerciali ed imprenditoriali, che passano in mani cinesi.
L’altra preoccupazione cinese è l’approvvigionamento delle materie prime, di cui fanno le spese soprattutto Paesi del terzo mondo, specialmente africani, verso i quali la Cina oggi sta svolgendo un’azione spregiudicata ed aggressiva di neo-colonialismo, comprando letteralmente i corrotti governi di molti di questi Paesi, con denaro ed armamenti, pur di assicurarsi le materie prime per la propria industria.
Eppure il tumultuoso sviluppo di questo Paese ha tare che presto o tardi presenteranno il conto, e l’oligarchia cinese al potere ne è consapevole. Infatti il colosso cinese ha alcuni evidenti talloni d’Achille. Innanzi tutto la frenesia di investire, anche in colossali ed inutili opere pubbliche (famosa è la storia di una intera città modernissima costruita in pochi anni, ma praticamente disabitata), nonché l’acquisto di attività all’estero non sempre economicamente vantaggiose, può configurarsi più in uno spreco di ricchezza anziché in un aumento della medesima. I regimi comunisti, dopotutto, sono sempre stati efficientissimi nel distruggere ricchezza e quello cinese non fa eccezione. Poi ci sono gli aspetti demografici e sociali, la Cina infatti ha una popolazione enorme, ma ha falcidiato le nuove generazioni con decenni di politica del figlio unico, privilegiando i maschi alle femmine, e provocando quindi un invecchiamento della popolazione media paragonabile a quelli della vecchia Europa. Inoltre il tasso di sviluppo economico cinese non può prescindere dal mantenimento di una gran parte della popolazione in condizioni di povertà, per avere sempre un serbatoio da cui attingere manodopera economica, ma anche questo nel tempo è destinato a cambiare con richieste sempre più pressanti della popolazione rispetto ai diritti sociali, alla libertà individuale ed alla qualità della vita.
C’è poi il nodo della moneta cinese, forzatamente bloccata a livelli molto più bassi di quelli reali, che è oggi un’arma a favore delle esportazioni verso l’occidente, ma alla lunga potrà rappresentare anche un grave danno all’economia cinese. Ecco allora la corsa agli armamenti, accompagnata da segnali non rassicuranti come l’aggressività rinnovata verso Taiwan, che negli anni scorsi costrinse gli USA addirittura a schierare la propria flotta a difesa dell’isola, e l’accondiscendenza verso le intemperanze militari della Corea del Nord, alleato strategico della Cina e prossimo possessore dell’arma nucleare. Una eventuale inversione di tendenza, dal punto di vista economico, delle fortune cinesi potrebbe infatti preludere ad una nuova aggressività militare di Pechino nei confronti degli stati vicini e del Mondo intero e con la perdurante debolezza mostrata dall’America di Obama in politica estera potrebbe mancare un deterrente importante.
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