Il resoconto balneare sullo stato delle liberalizzazioni in Italia si apre con un’amara constatazione per le buone aspettative liberali. Si era partiti con la promessa che con Catricalà alla Presidenza del Consiglio il Rapporto sulle Liberalizzazioni sarebbe diventato la bibbia del Governo dei tecnici. Si era proseguiti con le mille e una fantascienza che con Monti alla guida del Paese il patrimonio pubblico di qualità sarebbe finito nelle sacche dell’industria e della finanza internazionale.
Si è finiti con il DL Liberalizzazioni, quel testo che avrebbe dovuto trasformare l’Italia da un’economia ingessata e corporativa in una piattaforma di altissimo liberismo economico. Documento che poco ha inciso sull’andamento dell’economia, sul livello del Pil, sulla produzione di ricchezza industriale e soprattutto, sulla percezione internazionale dell’Italia (che in sé determina l’andamento degli spread). La chiusa finale l’ha fatta tre giorni fa Catricalà, che ai microfoni di un importante quotidiano nazionale ha recitato: “Quello che ha fatto il nostro Governo, nessuno mai”.
Di quanto promesso sino ad oggi però si è visto gran poco: la vendita di qualche azienda da parte dei comuni italiani (Roma, Milano e Torino), lo scorporo di Snam da Eni, l’aumento del numero dei notai, la liberalizzazione dei farmaci e poco altro.
Per il resto, insomma, una gran noia – direbbe Califano – e nel mercato reale l’aria è pesante: solo i prezzi dei medicinali e dei servizi telefonici hanno subito una diminuzione. Nell’ultimo semestre hanno subito un’impennata i costi dei servizi bancari e finanziari, dei trasporti ferroviari e delle assicurazioni auto. Il flop più clamoroso è avvenuto per le assicurazioni sui mezzi di trasporto che dal 1994 ad oggi sono aumentate del +184,1%, contro un incremento dell’inflazione del +43,3% (in pratica le assicurazioni sono cresciute 4,2 volte in più rispetto al costo della vita).
Male anche i servizi bancari/finanziari (costo dei conti correnti, dei bancomat, commissioni varie, etc.). Sempre tra il 1994 ed il 2011 i costi sono aumentati mediamente del +109,2%, mentre l’incremento dell’inflazione è stato pari al +43,3% (in questo caso i costi finanziari sono aumentati 2,5 volte in più dell’inflazione). Anche i trasporti ferroviari hanno registrato un incremento dei prezzi molto consistente: tra il 2000 ed il 2011, sono aumentati del +53,2%, contro un aumento del costo della vita pari al +27,1%. Capitolo a parte merita però il segmento ad Alta Velocità che con l’ingresso di Italo ha visto ridursi, e non di poco, le tariffe per la Milano-Roma dei300 km orari.
Se per i servizi postali l’aumento del costo delle tariffe è stato del +30,6%, pressoché pari all’incremento dell’inflazione avvenuto tra il 1999 ed il 2011 (+30,3%), per l’energia elettrica la variazione delle tariffe ha subito un aumento più contenuto (+1,8%) rispetto alla crescita dell’inflazione (che tra il 2007 ed i 2011 è stata del +8,4%). In questo campo ha pesato lo scorporo di Snam Rete Gas dalla corporate ENI. Un’operazione dall’intento di alleggerire la bolletta dei consumatori italiani ma che per ora ha portato Eni sotto il 50% del controllo, il 5% della società dei tubi nelle mani di abili fondi di investimento americani, una fich da 300 mln di € per Eni e tanti saluti per gli utenti italiani.
Solo per i medicinali e i servizi telefonici le liberalizzazioni hanno portato dei vantaggi economici ai consumatori. Nel primo caso, tra il 1995 ed oggi i prezzi sono diminuiti del 10,9%, a fronte di un aumento del costo della vita del +43,3%. Nel secondo caso, tra il 1998 ed il 2011 le tariffe sono diminuite del 15,7%, mentre l’inflazione è aumentata del 32,5%.
Nell’anno di Monti e dei tecnici al governo, dunque, ancora nessun nuovo beneficio tangibile. Nessuna concorrenza serrata tra i distributori di carburante. Nel trasporto ferroviario la concorrenza è ancora insufficiente e quanto agli ordini professionali, la piena liberalizzazione delle tariffe deve essere tutelata dagli effetti prevalenti dei forti interessi corporativi.
Nell’ambito dell’e-commerce i motori Google e i social network costituiscono un passaggio obbligato per la distribuzione dei contenuti web e nel giro di pochi anni il gigante di internet potrebbe diventare monopolista in questo mercato, anche in Italia.
Nonostante i proclami e gli urli delle parti, ancora nessuna procedura seria per la riduzione delle istituzioni in campo e il duplicarsi degli uffici e delle competenze nella pubblica amministrazione è pratica ancora diffusa.
Come prima e più di prima, insomma e tanto rumore per niente. Qualcuno svegli Catricalà dal sogno dell’Antitrust. Di gente che ha promesso e poi non ha fatto, purtroppo, l’Italia ha la lista piena.
© Rivoluzione Liberale
