Il Tribunale del Riesame ha confermato il sequestro degli impianti Ilva di Taranto concedendo utilizzo al fine della messa a norma. Di più ne sapremo con il deposito delle motivazioni. Certo è il futuro dei  lavoratori, circa 12.000 e dell’indotto, che non dovranno temere per il loro posto di lavoro. Una verdetto equilibrato che sicuramente non mette in secondo piano la salute dei cittadini di Taranto e dei comuni limitrofi.

Spetterà ora alla politica locale e nazionale insieme alla proprietà Ilva  la messa in atto di quanto disposto dalla sentenza. Sarà un percorso  lungo e non facile  ma  la politica deve impedire l’ennesima guerra tra “poveri”. La politica ora deve però fare di più . E’ necessario attivare un serio e concreto  tavolo di concertazione che coinvolga  oltre agli esponenti politici i sindacati e le associazioni evitando gli errori commessi nel passato che hanno di fatto relegato Taranto nelle ultime posizioni nelle classifiche nazionali per  il tenore di vita, gli affari, l’inquinamento e la salute.

L’esperienza  di Taranto ci deve insegnare a guardare al Sud in maniera diversa , valutando il peso  dell’industria localizzata. Molte di queste industrie sono strategiche per l’apparato di produzione  manifatturiera ed energetica nazionale. Al  Sud sono presenti  realtà determinanti nei settore aerospaziale, Itc, farmaceutico, della  cantieristica civile, dell’industria cementiera e di quella agroalimentare.

La crisi sempre più pesante  rende urgenti investimenti, dovuti al Sud, in grado di riavviare un percorso di crescita e non solo misure di rigore. Nel Mezzogiorno sono programmati fondi Fas per infrastrutture e costruzioni per circa 18 miliardi di euro ma il Patto di stabilità interno degli enti locali impedisce l’utilizzo di tali risorse. 

Deve essere arrestata al più presto l’espansione della massa di disoccupati e precari, attraverso interventi che ribaltino la tendenza alla desertificazione produttiva: occorre, per Taranto e per tutto il Mezzogiorno, una politica di sviluppo che aggredisca le cause strutturali della crisi.

Sarebbe opportuna l’istituzione di un tavolo permanente al fine di monitorare gli sviluppi del caso Ilva oltre l’istituzione di un Osservatorio permanente del Meridione che possa sviluppare proposte volte all’individuazione di soluzioni concrete, contestualizzate in una logica di lungo periodo.

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