Bruxelles – Dietro la crisi che sta colpendo l’euro ormai da qualche anno vi è un elemento che di tanto in tanto viene nominato dai giornali ovvero quello della “fuga dei capitali”, che però è sintomatico e riesce a delineare il quadro della situazione economica della zona euro. Qualche giorno fa il Sole 24 Ore ha pubblicato uno studio che riporta i dati sull’emorragia di depositi esteri e i numeri sono da paura: circa 2000 miliardi disinvestiti dalle banche europee negli ultimi 5 anni. Se si guarda poi nello specifico la situazione di ogni paese, nel primo trimestre del 2012 l’Italia ha “perso” circa 25 miliardi di dollari ela Spagna42, mentre gli istituti di credito tedeschi hanno aumentato la loro capitalizzazione di circa 363 miliardi e di segno positivo sono anche Austria, Finlandia e Olanda.
Se la differenza di capitali investiti nelle banche tra, ad esempio, Italia e Germania è così polarizzata dobbiamo considerare l’Italia sull’orlo del fallimento oppure vi è un altro motivo dietro questa voragine? Morya Longo del Sole 24 Ore spiega che la fuga dei capitali è collegata alla paura che l’euro cada e il fatto chela Germaniadi questi tempi abbia un segno positivo nei capitali investiti e l’Italia no, dipende dal fatto che gli investitori preferiscono, in un ipotetico scenario di disintegrazione dell’euro, “puntare sull’euro tedesco (ovvero il marco) piuttosto che sull’euro italiano (cioè sulla lira).”
Dunque è consigliabile che gli euroscettici di turno, prima di parlare di caduta dell’euro o di tutti i mali che questa moneta, pensino bene alle conseguenze che un tale dibattito può far scaturire non solo in termini di spread, ma anche in riferimento al potere di far credito delle banche italiane ed europee, che è naturalmente collegato alla ripresa dell’economia in generale e in particolare di quella italiana, fondata, come sappiamo, sulla piccola e media impresa.
La crescita dunque deve essere l’obiettivo primario alla ripresa post-pausa estiva per ricreare una solida fiducia nei mercati e cercare di bloccare allo stesso tempo la fuga dei capitali dalle banche europee. Crescita dunque, ma non solo. Un recente studio del think tank Bruegel, rileva ancora una volta che oggi la zona euro è divisa in due parti. La prima, il Nord, competitiva e non sfruttata a pieno, mentre la seconda, il Sud, risulta essere non competitiva e con un debito eccessivo. La vera sfida sul lungo periodo sta proprio qui, quella di cercare di riequilibrare la situazione tra Nord e Sud cercando di eliminare l’onere eccesivo del debito pubblico del Sud per creare le condizioni necessarie ad una solida ripresa.
Certo non è un percorso facile e già dal Consiglio dei Ministri del 24 agosto convocato dal Presidente del Consiglio Monti e dal prossimo eurogruppo convocato per il 3 settembre dovranno essere prese decisioni importanti e incisive. In particolare a Bruxelles, ad inizio settembre, dove i temi principali in discussione saranno la Spagna, il possibile intervento anti-spread del fondo salva Stati e la situazione della Grecia sulla base della missione della troika, gli outcomes dovranno essere positivi. Infatti un esito negativo della missione del trio BCE, Commissione e FMI, probabilmente porterebbe a un’ulteriore negoziazione del debito greco, che avrebbe conseguenze imprevedibili e forse letali per la permanenza della Grecia nell’euro e per la sostenibilità della moneta unica.
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